Venezia80. El Conde, la recensione

Pinochet è un vampiro fascista immortale nell’ultimo film di Pablo Larrain!

Dopo le biografie di Jacqueline Kennedy in Jackie e Diana Spencer in Spencer, Pablo Larraín torna in Cile (come già in Neruda e No, che tratta proprio dell’opposizione a Pinochet durante il voto nel plebiscito del 1988) raccontando una storia horror grottesca e sarcastica. Se il regista cileno ci ha infatti abituato ai suoi racconti biografici onirici e sognanti che mescolano realtà storica, incubi e leggende, ne El Conde l’operazione arriva alle sue estreme conseguenze raccontando una vera e propria biografia immaginata, una vita falsa, brutalmente ironica e sanguinosa, che nasce da una storia vera, in un bianco e nero sgranato che ricorda un horror anni ’30 di Tod Browning.

Pinochet (Jaime Vadell) è ancora vivo. Non è mai morto realmente, così come la sofferenza da lui causata e come i continui risvegli di movimenti di estrema destra nel mondo. Come uno spettro che si aggira per l’Europa, la secolare storia di Pinochet inizia come soldato in Francia, con il nome Pinoche, per poi venire guidato dalle sue ambizioni a voler diventare qualcosa di più e prendersi il suo pezzo di terra in un luogo dimenticato da Dio e dalle istituzioni: il Cile (nonostante il sapore del sangue dell’America Latina sia peggiore e più “proletario” rispetto a quello europeo).

Dopo aver finto la sua morte, odiato dal popolo cileno (che lo accusa di essere un ladro, cosa che da militare non sopporta), all’alba dei 250 anni Pinochet è stanco di vivere e sceglie di morire smettendo di cibarsi di sangue (trangugiato in gustosi frullati di cuori umani), ma nonostante le sue intenzioni non riesce nel suo intento, continuando a vivere da infermo.

Il vegliardo Pinochet abita in una villa desolata assieme alla moglie Lucia (Gloria Münchmayer), scaltra e senza pietà, e il fedele maggiordomo e crudele assassino di bolscevichi (cileni) Fyodor (Alfredo Castro), quando i suoi cinque figli (incapaci) in cerca dell’eredità decidono di fargli visita, facendosi aiutare nella ricerca dei fondi del padre da una giovane e bellissima contabile francese (Paula Luchsinger) che risveglierà il cuore del vecchio “Conte”.

Accompagnato da una voce narrante (nelle prime fasi un po’ troppo presente) non molto imparziale sulle gesta del dittatore cileno, che ricorda molto la fredda e distaccata ironia di film di Lanthimos come The Lobster, El Conde pecca un po’ nel suo adagiarsi troppo nella genialità dell’idea iniziale, senza aggiungere troppa carne al fuoco per le quasi due ore di durata del film, per poi però ingranare via via grazie a dialoghi sempre più brillanti e divertenti, fino all’entrata in scena di un personaggio nell’ultima parte che con il suo arrivo renderà le cose molto più dinamiche e brillanti.

La colonna sonora, pomposa ed ironica, esalta le “grandi” gesta del dittatore-vampiro, ritratto nella quotidianità e banalità dei suoi rapporti familiari, mentre vola sulle città, ricordando più il Drugo del Grande Lebowski che un essere oscuro di cui aver paura. Ma è proprio la banalità a fare di questo personaggio l’esemplificazione del male assoluto, citando l’opera di Hannah Arendt, trasformando l’omicidio e il regolare furto di sangue alla popolazione in un rituale ordinario e scontato. “I vampiri non muoiono, non scompaiono, e nemmeno i crimini e le ruberie di un dittatore che non ha mai affrontato la giustizia” sono le parole che usa Larraín nel commento al film recuperabile sulla scheda del film sul sito della Biennale.

El Conde, nel percorso autoriale di Larraín, rappresenta sicuramente un punto interessante nel suo declinare il genere biografico non più attraverso la tragedia come in Jackie e Spencer, ma attraverso la satira e la farsa, riuscendo però solo in parte a raggiungere il suo obiettivo. Se infatti l’idea di partenza è senza dubbio divertente e alcuni momenti sono sorprendenti ed efficaci, il film stenta ad andare oltre al punto di partenza, risultando un’opera comunque godibile (in particolare se si apprezza questo particolare tipo di umorismo grottesco/surreale) e che per la trovata di Pinochet vampiro – oltre che un altro paio di colpi di genio più avanti nel film – merita senza dubbio la visione, ma da cui forse date le premesse ci si poteva aspettare un po’ di più.

El Conde sarà disponibile su Netflix dal 15 settembre.

Mario Monopoli

PRO CONTRO
  • Umorismo grottesco e surreale.
  • Colpo di scena geniale nell’ultima parte del film.
  • Oltre all’idea di partenza, divertentissima, il film ci mette un po’ ad ingranare.
  • Voce narrante un po’ troppo invasiva, soprattutto nella prima parte.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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