La società della neve, la recensione del film sulla tragedia delle Ande
Il 13 ottobre 1972 un aereo precipita sulle Ande durante una violentissima bufera di neve. A bordo c’erano i componenti di una giovane squadra di rugby uruguayana, insieme ad alcuni familiari, diretti in Cile per una partita.
Dei 45 passeggeri molti superano quasi incolumi l’impatto, ma i soccorsi tardano ad arrivare e la sopravvivenza tra i ghiacci, senza cibo, si fa ogni giorno più difficile.
La società della neve, diretto da J. A. Bayona, è il titolo di chiusura, fuori concorso, di Venezia 80, che ripercorre la tragica vicenda realmente accaduta e raccontata all’interno dell’omonimo romanzo scritto da Pablo Vierci, scrittore uruguaiano e compagno di scuola della maggior parte dei ragazzi coinvolti all’epoca nell’incidente e pubblicato nel 2009.
Dispiace pensare che un film con simile impatto visivo ed emotivo non potrà godere di un –meritatissimo- passaggio in sala, perché se è vero che la piattaforma – in questo caso Netflix – garantisce di poter raggiungere un maggior numero di utenti, è innegabile che certi film necessitino del grande schermo per rendere al meglio.
Difficile immaginare un televisore in grado di restituire lo stesso senso di smarrimento e disperazione difronte alla vastità e “gelida spietatezza” della Cordigliera, che avvolta nella coltre di neve –di una Tempesta Perfetta da fare invidia a Stephen King- mastica e inghiotte a più riprese le giovani vittime di questa terribile tragedia.
Si fatica a parlare di questa vicenda, a descriverne i “protagonisti”, proprio perché sai che non stai parlando degli eroi usciti della penna di un romanziere, ma di giovani uomini che trovandosi nella più straordinaria e disperata delle situazioni, hanno trovato la forza di “sopravvivere”. Sicuramente con La società della neve, siamo davanti a un riuscito “survival movie”, che però –fortunatamente- non si limita a questo.
Bayona alterna pennellate ruvide e delicate, mantenendo un equilibrio invidiabile che rende pienamente giustizia alle vite e alle morti, che racconta in film maturo, rispettoso delle persone, delle vicende, ma anche delle esigenze della sala.
Si parla di tutto, si mostra tutto, fino all’inevitabile –doloroso- risvolto cannibale, al quale vengono riservate lunghe riflessioni etiche e morali. Tutto però viene fatto con rispetto, la camera non indugia mai un secondo più del dovuto, non esiste –fortunatamente- nemmeno per un istante morbosità nel mostrare l’orrore della tragedia.
Tutto il cuore del film sta nel farti entrare in contatto con i giovanissimi protagonisti, ragazzi di poco più di vent’anni, e nel farti affezionare al loro coraggio e alla loro intelligenza, alla capacità di non darsi mai per vinti nonostante le moltissime prove a cui la natura li sottopone nel corso di quei lunghissimi –incredibili- 71 giorni.
Lo spettatore vive con loro la disperazione, la paura e lo sconforto. Ma anche la risolutezza, la tenacia, l’amore e lo spirito di squadra che li unisce e che permette loro di andare avanti e perfino di ritagliarsi qualche momento di leggerezza, per scherzare. Momenti che sembrano incredibili a vedersi, ma che sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale nel mantenere alto l’umore nei momenti più bui. Una nota di merito va all’intero cast, composto da giovani e talentuosi attori, che offrono una performance invidiabile.
La società della neve è un film difficile, sono due ore di sofferenza, ma una sofferenza che vale la pena provare per conoscere la vicenda, i protagonisti e di cosa è capace il cuore delle persone.
Susanna Norbiato
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