Warcraft – L’inizio, la recensione

Quando si tratta di adattare videogiochi per il grande schermo una gigantesca nuvola grigia stile astronave di Independence Day oscura tutto e tutti con il suo fare minaccioso e nefasto: la maledizione del cine-game! Ben pochi sono, infatti, i film tratti da videogiochi che la nostra mente riesce a etichettare come buoni, pochissimi quelli che risultano ottimi, mentre con grande facilità ci vengono in mente Street Fighter – Sfida finale, House of the Dead, Alone in the Dark e tutte quelle amenità oggi finite nel triste calderone del trash, ma quello insalvabile che non ci diverte neanche molto. Con Warcraft – L’inizio si è rischiato molto, anzi moltissimo e seppure l’intero film riesca ad ergersi al di sopra di quei prodottucoli affidati palesemente a un team che il videogioco di riferimento non l’aveva neanche mai sentito nominare, ci troviamo comunque in quel limbo di mediocrità che probabilmente non riuscirà a ripagare quelle ambizioni produttive.

Nata nel 1993 per mano della Blizzard Entertainment, la saga videoludica di Warcraft si è velocemente diffusa e moltiplicata su più media, creando spin-off, espansioni e allargandosi su giochi da tavolo, fumetti, romanzi e chi più ne ha più ne metta. È stata perfino inserita nella lista dei 10 giochi più importanti di tutti i tempi dall’Università di Stanford, dunque era facile supporre che prima o poi il mondo di Azeroth sarebbe finito anche sul grande schermo.

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L’epopea cinematografica di Warcraft è iniziata nel 2006, quando la Legendary Pictures ha acquisito i diritti di sfruttamento cinematografico del brand. Da allora sono stati molti i rimaneggiamenti del materiale che inizialmente era stato affidato a Sam Raimi, che poi ha abbandonato il progetto sia per impegni su altri set che per divergenze creative con la Blizzard Entertainment che ha sempre rivestito un ruolo primario nell’adattamento. Finché, nel 2013, la produzione ha annunciato di aver trovato un nuovo regista, quel Duncan Jones che non solo è figlio d’arte – del compianto David Bowie – ma anche l’ottimo autore di Moon e Source Code, capace di massimizzare piccoli budget grazie a molta inventiva. La lavorazione di Warcraft è stata comunque molto impegnativa e ci sono voluti ben tre anni a portare a casa un film che ha l’esigenza di condensare in appena due ore un intero universo.

La sceneggiatura di Robert Rodat è stata pesantemente rimaneggiata da Duncan Jones e Charles Leavitt prendendo spunto dal primissimo gioco, Warcraft: Orcs and Humans, che racconta la cosiddetta Prima Guerra, quella che mette in contrapposizione i mondi di Draenor e Azeroth. In Warcraft – L’inizio, infatti, si racconta come il mondo degli orchi sia ormai sul punto del collasso e così lo stregone Gul’dan promette ai suoi simili un nuovo mondo da colonizzare, Azeroth, dove si può arrivare grazie a un portale magico alimentato dal Vil, che a sua volta è tenuto vivo dai sacrifici. Una prima orda di orchi arriva ad Azeroth per catturare prigionieri umani da sacrificare al Vil e il comandante Lothar, aiutato dal giovane mago Khadgar, viene incaricato dal Re di Roccavento di scoprire l’origine dei mali che si stanno abbattendo sulla loro città. Per far ciò, Lothar e Khadgar chiedono aiuto al potentissimo Guardiano Medivh.

Non aggiungiamo altro, se non che gioca un ruolo chiave nella vicenda Garona, una mezzosangue (umano-orco) prima schiava di Gul’dan e poi alleata di Lothar.

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C’è tanta carne al fuoco in Warcraft – L’inizio e mai titolo fu più azzeccato come quello dato dalla distribuzione italiana, visto che i 123 minuti di durata sono una sorta di premessa a tante altre cose che dovremmo vedere negli ipotetici sequel. Duncan Jones, che conosce benissimo il materiale di partenza e si nota dall’attenta sintesi narrativa dell’universo warcraftiano (oltre che diverse strizzate d’occhio ai videogiocatori), getta le basi per una saga epica, crea le fondamenta per un mondo immenso fatto di creature fantastiche e guerre. Il risultato oscilla tra la confusione da sovraffollamento d’informazioni e un andamento narrativo talmente lineare da risultare quasi didascalico.

C’è da dire, però, che chiunque sia completamente a digiuno da Warcraft potrebbe incappare in qualche difficoltà nel districarsi nell’articolata vicenda fatta di nomi-cose-città, non tutte perfettamente esemplificate per l’occasione.

A tal proposito, anche i personaggi non riescono a subire tutti lo stesso approfondimento che irrimediabilmente va ad inficiare anche sulla presa che gli stessi possono avere sul pubblico. Se l’orco Durotan (impersonato in performance capture da Toby Kebbell, già scimmia in Apes Revolution) è sicuramente il personaggio che meglio cattura l’empatia dello spettatore – e che viene gestito malissimo all’interno dell’ultimo atto della storia – sia per il suo status di “cattivo” dalla parte del giusto, ma anche in quanto padre di un adorabile orchetto, pochi altri hanno modo di colpire. Garona (la quarantunenne Paula Patton) ha quel mix di sexy e bizzarro che sa farsi ricordare e Lothar (Travis Fimmel, ovvero il Ragnar di Vikings) è, per forza di cose, lo sguardo sulla storia che ci viene chiesto di assecondare; tutti gli altri, però, non colpiscono più di tanto.

Il giovane Khadgar (Ben Schnetzer), che ha il compito di far da spalla comica, non funziona perché non risulta simpatico; Re Llane Wrynn è semplicemente un brutto personaggio oggetto anche di miscasting (Dominic Cooper difficilmente si riesce ad adattare a un personaggio… amen!); Medivh (Ben Foster) non ha carisma e il suo ambiguo tratteggio è lasciato al caso, senza il doveroso approfondimento che meritava. Per il resto ci sono personaggi di contorno tra i quali l’unico a innalzarsi al di sopra di tutti è l’orco stregone Gul’dan (Daniel Wu), tagliato con l’accetta ma dal look così figo (e fedele al corrispettivo videoludico) da gasare ogni volta che entra in scena.

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Purtroppo, però, Warcraft pecca in una caratteristica fondamentale: non riesce a creare trasporto emotivo. Mai.

Azaroth è affascinante nella sua varietà di paesaggi; gli effetti visivi fanno il loro lavoro egregiamente, soprattutto per l’integrazione che gli attori in carne ed ossa hanno con gli avatar in CGI, tutti rigorosamente interpretati da attori veri. Però il più delle volte si ha l’impressione di guardare un film d’animazione con alcuni attori veri al loro interno e non il contrario, anzi, quando sono in scena solo gli orchi, sembra di essere dinnanzi a una delle scene non interattive degli ultimi capitoli di World of Warcraft e questo non è propriamente un bene.

Lo spettatore subisce quello che succede sullo schermo senza che si venga mai davvero a creare empatia con i personaggi, senza che la storia riesca realmente a catturare come, a differenza, fa il gioco di ruolo. E questo va attribuito anche a una sospetta mancanza di epicità nella vicenda, perfino negli scontri, che ci appaiono fin troppo casti e contenuti per lo standard a cui siamo abituati.

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Altro punto a sfavore di Warcraft – L’inizio sta nel fatto che risulta un film contenutisticamente stantio. Se questo film fosse arrivato una ventina di anni fa ci sarebbe stata una diversa percezione del risultato, ma oggi, dopo ben sei film ispirati a Tolkien, sette tratti dalla Rowling, sei stagioni tv che vengono da Martin e una miriade di fantasy più o meno di matrice letteraria, gli orchi, gli gnomi, gli elfi e le terre immaginarie da difendere e conquistare ci hanno detto ormai tutto e Warcraft finisce semplicemente per confondersi nella massa. Eppure ci sarebbe potuto essere un elemento capace di distinguere l’opera di Jones dalla massa, un elemento che inizialmente si dava per assodato: riuscire a gestire la storia da un duplice punto di vista in egual misura, orchi e umani. Ma così non è stato perché se inizialmente sembra questa la strada intrapresa, ben presto ci viene chiesto di prendere le simpatie di uno schieramento ben preciso che risponde a un etichettamento a monte buoni/cattivi, facendo, di conseguenza, il gioco che fanno tutti gli altri film dello stesso genere.

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A conti fatti, Warcraft – L’inizio appare un enorme occasione sprecata, un blockbuster senz’anima (così si dice oggi, no?) che non riesce a gestire per il meglio l’immenso materiale a disposizione e va ad allinearsi all’attuale trend del cinema fantasy hollywoodiano, senza reali motivi per renderlo distinguibile dagli altri. La maledizione del cine-game ha colpito ancora!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Visivamente bellissimo.
  • Durotan è un bel personaggio… peccato che venga gestito male.
  • Film emotivamente piatto.
  • Troppo simile a tanti altri fantasy odierni.
  • Personaggi approssimativi.
  • Storia a tratti confusa per chi non è alfabetizzato al mondo di Warcraft.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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