Anna Frank e il diario segreto, la recensione

Siamo ad Amsterdam, ad un anno da oggi (come ci suggerisce la didascalia che apre il film). Un violento temporale si abbatte sulla città nel mentre che una lunga fila di persone attende di poter entrare a visitare la casa rifugio di Anna Frank, oggi adibita a museo della memoria. All’interno di questo, esposto in bella vista nel salone principale, c’è il Diario di Anna Frank. Un fulmine si scaglia contro il museo, la teca che protegge il diario va in frantumi e dall’inchiostro di queste pagine si materializza Kitty, ovvero la compagna di penna immaginaria a cui si è rivolta Anna Frank durante i due anni di clandestinità. Kitty è spaesata, non capisce cosa è accaduto né dove si trova. Non ha la più pallida idea di non essere reale e così il suo primo pensiero è quello di mettersi alla ricerca di Anna, la sua compagna di penna che un giorno ha smesso improvvisamente di scriverle.

Da qualche anno a questa parte, come abbiamo potuto constatare grazie ad alcuni titoli ben precisi, è iniziata una vera e propria rivoluzione del cinema d’animazione. Sembra che quello che per tanti anni è stato considerato, per lo più, un genere ad appannaggio dell’intrattenimento per i più giovani oggi sta riscoprendo le sue radici, le sue enormi potenzialità espressive e, di conseguenza, il suo valore fortemente autoriale.

Solo qualche mese fa vi abbiamo parlato del bellissimo Flee, primo titolo candidato agli Oscar nella doppia categoria di miglior film internazionale e miglior film d’animazione, ovvero un’opera capace di piegare l’espressività dell’animazione ad una narrazione da documentario biografico nudo e crudo. Un piccolo film danese che, a modo suo, ha già dato un profondo contributo alla storia del cinema così come a quella dell’animazione.

Nel discorso concernente questa “rivoluzione animata” gioca un ruolo da protagonista l’israeliano Ari Folman che, nell’ormai lontano 2008, con il bellissimo Valzer con Bashir ha aperto le danze a questa nuova corrente desiderosa di ibridare cinema d’autore a cinema d’animazione. Un’opera dura, straziante, capace di utilizzare con maestria il tratto disegnato e stilizzato per raccontare gli orrori della guerra in Libano nei primi anni Ottanta. Un film innovativo, coraggioso, premiato con il Golden Globe e candidato agli Oscar nella categoria miglior film straniero.

Cinque anni dopo Folman torna sulle scene con un’altra opera altrettanto intelligente e coraggiosa. Un film completamente diverso ma coerente, ancora una volta un prodotto audiovisivo capace di sperimentare gli infiniti linguaggi del cinema animato. È la volta del suggestivo The Congress, film sci-fi a tecnica mista che riflette sul mondo di Hollywood e sulle velleità vanesie di certi divi. Con estrema intelligenza, Folman ricorre ancora una volta all’animazione 2D per anticipare un bizzarro concetto di metaverso in cui agli attori viene data la possibilità di conservare per sempre la propria immagine. Una banca dati digitale – che, come un ossimoro, viene trasposta in una grezza animazione a due dimensioni – in cui il vip di turno può preservare la propria giovinezza in eterno mettendola però al servizio degli Studios cinematografici. Un concetto che, in fin dei conti, non differisce molto da quanto già sta accadendo ad Hollywood con attori deceduti che tornano tranquillamente a recitare nei film grazie alla sempre più sofisticata computer grafica.

Dopo quasi dieci anni di silenzio, il regista e sceneggiatore israeliano torna dietro l’immaginaria macchina da presa e realizza Anna Frank e il diario segreto, un ambizioso racconto di formazione che elegge a protagonista la giovane Anna Frank, ovvero uno dei più forti e significativi simboli della Shoah che, grazie al suo diario, ha saputo documentare meglio di qualsiasi altro storico gli orrori a cui sono stati sottoposti gli ebrei durante il sanguinario regime nazista.

Ma la geniale intuizione di Folman, che ha tutto il diritto di parlare dell’argomento essendo figlio di deportati nei campi di concentramento, è quella di non realizzare una semplice trasposizione animata de Il diario di Anna Frank bensì farne una sorta di bizzarro sequel in cui è la chiave fantasy a muovere le sorti della vicenda.

La storia si ambienta ad Amsterdam a un anno da oggi, quindi in un futuro imminentissimo, e l’orrore della Seconda Guerra Mondiale è solo un ricordo del passato che non deve essere dimenticato. I ruoli, perciò, si invertono e Anna Frank non è più il soggetto del diario bensì diventa l’oggetto. Paradossalmente, dunque, attraverso lo strumento del flashback, è Kitty – l’amica immaginaria – a diventare protagonista della vicenda mentre Anna Frank è “solo” la compagna di penna.

Come accade in Ruby Sparks, piccolo e delizioso film del 2012 con Paul Dano, il personaggio letterario creato da Anna Frank si materializza nel mondo reale, portando con sé tutta quella personalità, quella coscienza e quella sofferenza che l’autrice le ha donato con la penna.

Catapultata nell’Amsterdam degli anni Duemila, Kitty si mette alla ricerca della sua amica di penna mentre continua a domandarsi cosa possa esserle accaduto per aver deciso, un giorno, di interrompere repentinamente quella comunicazione tramite il diario. Oltre a scoprire l’amara verità circa la scomparsa della sua migliore amica Anna, Kitty scopre presto che ad Amsterdam si sta abbattendo una nuova piaga sociale che sembra avere molto in comune con i fatti di cui Anna Frank le parlava nelle pagine del diario.

Nel momento in cui Folman decide di far incontrare la sua Kitty con Peter, un ladruncolo extracomunitario conosciuto tra le strade della città, tutta quella magia che Folman aveva accumulato fino a quel momento viene meno così che Anna Frank e il diario segreto si avventura verso un discorso metaforico dal tono pedante, pretestuoso e per certi versi persino di cattivo gusto. Folman decide di abbandonarsi alla demagogia, prende sempre di più le distanze dalla vicenda di Anna Frank per imbastire un discorso molto costruito che si avvale di toni tanto pedagogici quanto didattici. Ma la sua diventa una didattica spicciola, spesso fuori luogo, che strumentalizza la figura delicata di Anna Frank per innalzare un sermone qualunquista e a carattere populista.

Partendo dalla Shoah e dalla drammatica vicenda di Anna Frank e della sua famiglia, Anna Frank e il diario segreto diventa un film d’animazione che vuole parlare dell’attuale condizione degli immigrati e dei rifugiati politici in Europa. Una condizione delicata, a tratti estrema, che se non viene al più presto arginata e contenuta rischia di sfociare in persecuzioni non dissimili da quelle vissute dagli ebrei in passato.

Nel film, Folman mostra intere famiglie di extracomunitari costrette a nascondersi in “appartamenti segreti” per sfuggire a quelle forze dell’ordine che hanno l’incarico di scovare ogni rifugiato per rimandarlo nel Paese d’appartenenza. Non importa se si tratta di Paesi dove impazzano sanguinose guerre. L’intervento di Kitty, che potrà contare sul solido aiuto di Peter, è finalizzato a far capire alle forze dell’ordine, e dunque a quel governo olandese che tanto idolatra Anna Frank (a lei sono dedicate scuole, teatri, strutture cittadine, etc.), che la sua amica di penna, grazie al suo diario segreto, intendeva promuovere un messaggio di accettazione e speranza, libertà e fratellanza, che evidentemente non viene compreso dai più.

Malgrado la bontà del discorso che Folman intende promuovere e nonostante la sua vicenda sia ambientata nel futuro (benché imminente), risulta abbastanza fuori contesto associare la condizione dei rifugiati politici di oggi con i perseguitati ebrei di ieri. Un parallelismo sciocco e forzato. Così come è inaccettabile veder paragonate le moderne forze dell’ordine con lo squadrone del regime nazista. La persecuzione degli ebrei non ha nulla a che vedere con la situazione dei rifugiati politici di oggi, sono due fenomeni storico-sociali completamente differenti e che non possono essere messi in relazione. Paragonarli significa solo promuovere un discorso esemplificativo, banale e falsato, sia storicamente che ideologicamente. Se perciò Anna Frank e il diario segreto vuole assumere anche la funzione di “film didattico” la questione diventa più che mai pericolosa.

Peggio ancora se ci addentriamo davvero nel cuore della materia. La forza di Anna Frank, il suo enorme insegnamento contenuto nel diario, è ravvisabile proprio nel fatto che lei non intendeva promuovere proprio alcun messaggio. La lettura del suo diario, l’immaginario scambio epistolare con Kitty, si fa straziante proprio perché racchiude i semplici sogni, le speranze e i desideri di una ragazza adolescente comune. Una giovane non priva di ambizioni, carica di senso dell’umorismo e soprattutto di un’enorme vitalità. Ecco perché il suo diario, ad oggi, è una delle più importanti testimonianze sulla persecuzione degli ebrei. Perché è autentico, schietto, non filtrato da nessuna fonte storica. Ed è per questo che risulta scorretto utilizzare Anna Frank per promuovere messaggi che vivono nella testa dell’autore o che comunque sono figli d’un periodo storico che non è quello in cui Anna ha vissuto.

Con il suo Anna Frank e il diario segreto, inoltre, Ari Folman sembra fare anche un importante passo indietro per ciò che concerne la qualità dell’animazione. Se Valzer con Bashir si contraddistingueva per uno stile animato stilizzato ma poetico e The Congress ricorreva all’animazione per promuovere un concetto tanto astratto quanto intelligente, in Anna Frank e il diario segreto l’animazione è priva di qualunque vezzo artistico. Folman ricorre ad uno stile semplicissimo, a tratti persino grossolano, quasi in linea con l’animazione 2D di molti prodotti seriali presenti su emittenti televisive come Cartoon Network o Boing.

Con Anna Frank e il diario segreto, purtroppo, Ari Folman compie un brusco passo indietro in questo percorso artistico che lo stava eleggendo a nuovo guru del cinema d’animazione. Confidiamo nel suo prossimo progetto e nel ritorno di uno sguardo d’autore che, oltre ad intrattenere, sappia smuovere anche concetti intelligenti e per nulla scontati. La banalità è qualcosa che, da uno come lui, proprio non può essere accettata.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Realizzare un film d’animazione su Anna Frank prevede una più che discreta dose di coraggio.
  • Ottima l’intuizione di narrare Il diario di Anna Frank dal punto di vista di Kitty, in una sorta di anomalo sequel.
  • Si respira una strumentalizzazione della vicenda di Anna Frank per promuovere messaggi qualunquisti e populisti.
  • L’animazione a cui Folman ricorre non è all’altezza di quella utilizzata nelle sue opere passate.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Anna Frank e il diario segreto, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.