Aquaman, la recensione

Nonostante il palese fallimento del progetto “DC Extended Universe”, avviato da Warner Bros. con Batman V Superman: Dawn of Justice nel 2016 e naufragato progressivamente fino al fallimento di Justice League nel 2017, di alcuni film era comunque già stata avviata la produzione e se Wonder Woman 1984 è comunque una conseguenza del successo del film di Patty Jenkins, con Aquaman e Shazam! si è andati decisamente in un territorio ignoto, in cui era soprattutto Aquaman a risultare una pericolosa incognita sia per il massiccio costo produttivo di 200 milioni di dollari, sia per la scomoda parentela proprio con l’odiato Justice League.

Ora che Aquaman è uscito e ha già guadagnato degli importanti record d’incasso sul mercato cinese, la Warner Bros. può tirare un sospiro di sollievo e posizionare il film sul Guardiano degli oceani sul podio dei successi, vicino a quello sulla Principessa delle Amazzoni.

Aquaman, al secolo Arthur Curry, nasce nel 1941 sulle pagine di More Fun Comics da un’idea di Mort Weisinger e le matite di Paul Norris fino ad approdare sul leggendario Adventure Comics prima di avere una sua testata nel 1962 e finire nell’Olimpo dei personaggi regular della DC Comics. In tv Aquaman è comparso diverse volte, sia in versione animata (I Superamici e Justice League Unlimited) che live-action (Smallville), invece al cinema approda proprio grazie al progetto DC Extended Universe, prima come cammeo in Batman V Superman e poi con un ruolo di rilievo in Justice League, film quest’ultimo a cui fa narrativamente seguito Aquaman, per la regia del talentuoso James Wan. E probabilmente si deve proprio al regista buona parte della riuscita di questo film, potenzialmente l’ennesimo “buco nell’acqua” e invece, a conti fatti, divertente spettacolo d’intrattenimento col giusto spirito fumettistico.

Il guardiano di un faro trova sulla riva del mare una donna ferita e la porta in casa: si tratta di Atlanna, regina di Atlantide, ricercata da alcuni atlantidei in procinto di un golpe. Atlanna, curata e amata dal guardiano del faro, rimane sulla terra ferma per alcuni anni, durante i quali partorisce un bambino che chiamano Arthur. Decisa a tornare nelle profondità oceaniche per non attirare l’attenzione sulla sua famiglia terrestre, Atlanna scompare per sempre e Arthur cresce rendendosi conto a poco a poco dei suoi poteri che gli consentono di controllare le creature marine. Col passare degli anni, Arthur diventa un supereroe che la stampa nomina Aquaman, aiuta la Justice League a sconfiggere Steppenwolf e viene rintracciato da Mera, figlia di Re Nereus ed erede al trono di uno di quattro regni di Atlantide. Mera supplica Arthur di aiutarli a impedire a Orm di diventare Ocean Master, titolo che gli consentirebbe di regnare sull’intera Atlantide e per il quale è disposto a far scoppiare una guerra: solo Aquaman può intervenire in quanto vero erede al trono lasciato dall’ormai defunta Atlanna. Ma per riuscire nell’impresa, Arthur dovrà procurarsi il perduto tridente di Atlas, che gli potrebbe conferire i poteri di un dio.

Ispirandosi alla storia di Aquaman sviluppata nella “Silver Age”, gli sceneggiatori David Leslie Johnson-McGoldrick e Will Beall concentrano in 143 fittissimi minuti un intero universo fumettistico che forse avrebbe trovato spazio anche in un paio di lungometraggi. La tendenza al sovradosaggio di eventi e informazioni, che ormai sembra regola nel cinema d’intrattenimento contemporaneo, non riesce a trovare quell’equilibrio perfetto di certe produzioni Marvel Studios ma ha comunque il pregio di arrivare allo spettatore senza confusione ne passaggi criptici. Il merito di questa chiarezza espositiva, nonostante la sensazione di una corsa togli-fiato, sta nell’estrema semplicità del plot, che spesso si affida a scelte narrative archetipiche e quindi molto familiari, e alla linearità del racconto. A questo va unita l’abilità di James Wan nel condensare un vero e proprio universo (anche visivo) nel tempo relativamente poco che aveva a disposizione, puntando quindi su macro-ambienti e scene madri che rendono il tutto affascinante e ritmato.

Atlantide, così come viene ricostruita (e non è come nei fumetti!), ha un fascino unico e riempie lo sguardo in ogni fotogramma, grazie all’utilizzo delle luci con frequente effetto fluo e l’architettura che appare come una perfetta sintesi tra classicità greca e futurismo. Ma Atlantide non è la sola location mostrata, c’è un tempio nel bel mezzo del deserto del Sahara che grida Tomb Raider per tutto il tempo, la suggestiva cittadina di Erice, sulla costa siciliana, e un mondo nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico in cui l’ecosistema si è fermato al periodo giurassico.

Poi fiore all’occhiello di Aquaman sono le scene d’azione, alcune davvero di grande impatto (come l’inseguimento sui tetti in Sicilia, l’attacco dei piranha umanoidi sulla barca e lo scontro finale), immense, esagerate eppure sempre costantemente chiare e ordinate. E non ci stupisce che Wan, oltre ad alcuni dei migliori film horror degli ultimi 20 anni, abbia in curriculum il miglior capitolo della saga di Fast & Furious, il settimo.

Quello che invece non funziona in Aquaman è l’ironia, vero cruccio delle produzioni DC Extended Universe dopo il tentativo di emulare l’MCU, inserita in momenti sbagliati e mai genuina, soprattutto nel voler ammiccare allo spettatore. Così come non funziona il rapporto tra Arthur e Mera (e i rapporti tra personaggi nel loro complesso), artificioso nel trovare risvolti romantici, anche perché gli stessi personaggi appaiono eccessivamente impostati, paradossalmente fumettosi, ma nel senso negativo che il termine può assumere.

Però funziona il cast. Jason Momoa, fin da principio elemento di traino per la Warner Bros., dà vita a un Arthur/Aquaman completamente riscritto ma efficace proprio nella sua rozzezza e ignoranza… e non rinuncia neanche all’iconico completino arancio-verde dei fumetti, tra l’altro molto ben valorizzato. Amber Heard, nonostante Mera abbia un ruolo primario nell’intera vicenda con numerose scene d’azione, è chiaramente stata inserita per aggiungere un tocco sexy che controbilanciasse per il pubblico maschile quello che Momoa può essere per quello femminile, di certo non per particolari doti attoriali. Patrick Wilson è invece un credibilissimo Orm, villain con manie di grandezza e prospettive dittatoriali che ben aderisce al volto impassibile dell’attore. In ruoli di contorno troviamo Willem Dafoe (Volk, mentore di Arthur), Nicole Kidman (Atlanna, madre di Arthur), Temuera Morrison (Thomas, padre di Arthur), Dolph Lundgren (Nereus, padre di Mera) e Yahya Abdul-Mateen II, che dà vita all’altro villain del film, Black Manta, che ha un costume meravigliosamente fumettoso.

Tronfio, ignorante, disomogeneo… eppure Aquaman vince, diverte tantissimo e dona al mondo del cinema fumettistico un film ultra-kitsch e affettuosamente imperfetto.

Sentiremo ancora parlare di Arthur Curry, ormai sembra una certezza!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Crea mondi molto affascinanti.
  • Riesce a condensare in 140 minuti una mitologia molto complessa.
  • Scene d’azione davvero riuscite.
  • Tirando le somme, il miglior film del DCEU.
  • Ironia forzata.
  • Alcuni effetti visivi non sono sempre di prim’ordine.
  • Le dinamiche tra personaggi sono un po’ superficiali.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Aquaman, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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