Black Christmas – Un Natale rosso sangue, la recensione

Billy Lentz ha passato un’infanzia tra maltrattamenti e abusi sessuali da parte della madre, finché un giorno il bambino reagì e uccise la genitrice e il suo amante, passando in seguito un lungo periodo di tempo internato in un ospedale psichiatrico. Dopo quindici anni, il giorno della Vigilia di Natale, Billy fugge dall’ospedale e si reca verso la sua abitazione che ormai è stata adibita a dormitorio femminile per le studentesse della vicina università. Per un gruppo di ragazze rimaste bloccate nel dormitorio a causa di una tempesta di neve sarà l’inizio di un incubo!

Seguendo quella moda di rivisitare i classici dell’horror cinematografico postmoderno che aveva investito Hollywood a inizio XXI secolo, Glen Morgan e James Wong, rispettivamente alla regia e alla produzione, ci hanno provato ben due volte e dopo il riuscito Willard (remake di Willard e i topi) hanno proposto la loro personale versione di un altro piccolo classico degli anni ’70: Black Christmas. L’originale è stato diretto da Bob Clark nel 1974 e, sebbene sia tuttora poco conosciuto (soprattutto in Italia, dove è stato per decenni irreperibile su qualsiasi formato video per essere poi proposto in dvd), si tratta di un vero caposaldo del genere.

Black Christmas

Black Christmas versione 1974 è stato riconosciuto come l’iniziatore del sottogenere “slasher”, benché ancora acerbo nella sua formula caratteristica, e ha dato spunto per la costruzione di diversi horror di successo (basti pensare alle telefonate minatorie di Scream e Chiamata da uno sconosciuto).

Nella sua rivisitazione, Morgan ha avuto la buona idea di non riproporre inutilmente la stessa storia narrata da Clark trenta anni prima, ma dar vita ad un film completamente differente che si ispira all’originale solo per lo spunto di base. Paradossalmente, il regista dà vita ad un prodotto che ha molti più debiti con Halloween di John Carpenter piuttosto che con il Black Christmas anni ’70, e il film di Carpenter, a sua volta, molto aveva a che spartire con quello di Clark (un’antica voce di corridoio vuole che in origine Halloween dovesse essere il sequel di Black Christmas, ma nessuno ha mai confermato questa diceria). Così Morgan ha deciso di concentrarsi su quello che era l’aspetto più enigmatico del film originale, ovvero il killer Billy Lentz: quello che nel film del ’74 era una figura indefinita, senza volto ne fattezze fisiche, qui ha una storia alle spalle ben approfondita e focolaio della sua pazzia.

Black Christmas

Attraverso una serie di flashback ben strutturati, ci viene mostrato che Billy è un bambino infelice, affetto da una rara malattia al fegato che gli rende la pelle giallastra; sua madre lo maltratta e lo tiene chiuso in soffitta, concedendosi perfino dei rapporti incestuosi con lui. Morgan ci racconta come la fonte della cattiveria e della follia del ragazzo siano risultati di un’educazione deviante, donando al panorama horror una nuova perversa famiglia di “mostri”.

Il film ha un ritmo indiavolato, mettendo in scena, nell’ora e venti minuti di durata, una sequela infinita di sanguinosissimi omicidi perpetrati per lo più ai danni di affascinanti studentesse, non risparmiando qua e là delle scene di macabro grottesco. Tuttavia, manca originalità nella coreografia degli omicidi, che si risolvono spesso con l’infierire dell’assassino sugli occhi delle sue vittime.

Black Christmas

La regia è decisamente curata e non priva di guizzi, così come la sceneggiatura (dello stesso Glen Morgan) riserva una manciata di buone trovate e anche qualche azzeccato colpo di scena, pur dovendosi attenere alle ferree regole dello slasher e presentando qualche buco (piccino piccino) narrativo. Buono e variegato il cast che vede protagoniste una schiera di giovani fanciulle che all’epoca si erano già fatte notare in produzioni di genere, come Mary Elizabeth Winstead (La Cosa; Grindhouse – A prova di morte), Michelle Trachtenberg (Buffy), Katie Cassidy (Chiamata da uno sconosciuto, Nightmare), Crystal Lowe (Final Destination 3), Kristen Cloke (Final Destination, Willard) e anche una reduce dal film originale, Andrea Martin, che mette da parte i panni della studentessa per vestire quelli dell’istruttrice MacHenry.

Sembra che lo stesso Bob Clark, coinvolto nella produzione di questo remake, prima della sua prematura scomparsa avesse detto di preferire il film di Morgan al suo, ma forse il compianto regista è stato un po’ duro con se stesso; il Black Christmas versione 2006 è sicuramente un gradevole slasher che sa intrattenere, ma siamo comunque distanti dall’inquietudine che era capace di suscitare il prototipo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Reinventa l’originale aggiungendo con efficacia elementi alla sua mitologia.
  • Gustosamente splatter.
  • Un bel cast che raccoglie il meglio delle scream queens del periodo.
  • Ingabbiato in una meccanica da slasher davvero polverosa.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Black Christmas - Un Natale rosso sangue, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.