Cats, la recensione

Popolarissimo musical composto da Adrew Lloyd Webber e scritto da Thomas Stearns Elliot nel 1981, Cats racconta le vicende di un gruppo di gatti, i “Jellicle Cats” di Londra. Ogni anno i gatti si ritrovano per festeggiare il vecchio gatto Old Deuteronomy (Judie Dench) con un ballo che culmina con l’ascesa di uno di loro al paradiso dei Jellicle, l’Heaviside Layer. Il raduno di quest’anno però viene turbato dall’arrivo di Macavity (Idris Elba) che rapisce Old Deuteronomy perché desidera poter ascendere al paradiso. Ma grazie all’aiuto di Mister Mistofelees (Laurie Davidson), il “gatto prestigiatore”, tutto si risolverà.

Cercare di recensire un film come Cats non è semplice, questo perché il rischio di avventurarsi nel terreno scivoloso della critica impietosa, al limite del crudele, è dietro l’angolo. Tom Hopper purtroppo non ha reso facile il compito di parlare della sua ultima opera, che sembra a tutti gli effetti il risultato di un’inspiegabile allucinazione collettiva.

Nonostante il cast, tra cui spiccano nomi quali Judi Dench, Ian McKellen e Idris Elba in alcuni dei ruoli principali, sia a dir poco stellare, Cats è uno dei più grandi scivoloni cinematografici degli ultimi anni (e forse della storia del cinema…) dove a farla da padrone è, principalmente, un uso spropositato e improprio della motion capture.

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Abbiamo visto che quando utilizzata a dovere, come nella recente trilogia-prequel del Pianeta delle Scimmie, la motion capture può aprire scenari interessanti e rendere ancora più immersiva l’esperienza tanto dello spettatore, quanto dello stesso attore che si trova a interpretare un ruolo di altrimenti difficile resa. Al contrario, purtroppo, con Cats ci troviamo di fronte ad un concreto esempio di come un utilizzo scorretto di questo strumento può portare a risultare quasi “intollerabile” la visione di un film.

“Intollerabile” non è un termine che usiamo casualmente, infatti lo spettatore con Cats si trova a vivere tre fasi percettive: fastidio iniziale, proprio in occasione delle primissime scene, quando vediamo “alcuni gatti strisciare sul muro”; spaesamento, quando finalmente abbiamo messo a fuoco quello che succede ma continuiamo a chiederci “perché” sta succedendo; infine totale rifiuto, quando capisci che no, questa volta la sospensione della realtà non funzionerà e il tuo cervello non ti verrà incontro facendoti credere che va tutto bene. “Intollerabile”, “fastidio” e “rifiuto” sono parole forti, ma non usate con leggerezza o con particolare soddisfazione da parte di chi scrive, alla quale, superata la fase di rabbia iniziale, è rimasta sostanzialmente una sensazione di dispiacere per il lavoro sprecato di tanti talentuosi professionisti.

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In aggiunta all’infelice scelta tecnica, le proporzioni dei “gatti” rispetto all’ambiente che li circonda cambiano ad ogni scena, risultando a momenti alterni grandi quanto un bidone della spazzatura o più piccoli di un bicchiere. Effetto reso ancora più disturbante dal fatto che, inevitabilmente, per conformazione stessa dello spettacolo, si sia scelto di mantenere spesso i “gatti” ballerini in posizione verticale, così da sfalsare completamente la percezione delle proporzioni per chi guarda.

Non ha aiutato nemmeno l’involontaria (si spera) “sensualità” al limite dell’osceno causata dall’infelice mix tra movimenti “felini” degli attori e fattezze animali che raggiunge il suo apice nella scena che vede protagonista Rebel Wilson nei panni della “gumbie-cat”. L’inquadratura a… gambe all’aria, diciamo, la si poteva evitare.

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Non trattandosi di un film della The Asylum purtroppo le giustificazioni a sostegno della produzione scarseggiano. Non sempre infatti (per non dire quasi mai) ciò che rende su palcoscenico può dare lo stesso risultato anche su grande schermo, dove le distanze si azzerano e un gatto con mani e piedi umani, dalle dubbie dimensioni, finisce per scatenare alla meglio una risata, alla peggio l’uscita dalla sala.

In conclusione, Cats è fondamentalmente un’accozzaglia di scelte tecniche sbagliate fatte in post-produzione, che purtroppo finiscono per minare l’altrimenti serio e apprezzabile lavoro di ballerini, cantanti e attori professionisti, impegnati in coreografie complesse e momenti malinconici con monologhi a favore di camera, la cui valenza drammatica viene, purtroppo, quasi sempre completamente meno.

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Unica nota davvero positiva, almeno per chi scrive, è una breve scena sul finale, regalata da Ian McKellen. Meritevole di menzione sono anche la giovane ballerina Francesca Hayward che, nel ruolo della gattina bianca Victoria, ci “accompagna” durante tutta la vicenda e la cantante Jennifer Hudson nel ruolo di Grizabella, a cui è andato l’onere (e onore) di interpretare Mermoy, il brano più famoso e importante dello spettacolo.

Nel complesso il consiglio è quello di evitare di guardare Cats, a meno che non siate grandissimi fan del musical o appassionati di ballo… e anche in questi casi, non possiamo che augurarvi buona fortuna.

Susanna Norbiato

PRO CONTRO
  • Belle coreografie e bravissimi ballerini, ho messo 4 solo perché piange il cuore per tutto il lavoro che hanno fatto.
  • Tutto il lavoro di post-produzione e la motion capture violenta rendono il film inguardabile, vanificando tutto il lavoro del cast che, probabilmente, sarebbe stato altrimenti apprezzabile.
  • L’interpretazione delle canzoni valida ma non eccezionale (per salvare una cosa così, serviva una bomba).
  • Una storia comunque “particolare” a cui non è semplicissimo avvicinarsi.
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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