Giovani si diventa, la recensione

New York. Josh (Ben Stiller) e Cornelia (Naomi Watts) sono una coppia sulla quarantina che vive la propria pacata routine senza entusiasmo. Lui è un regista di documentari senza infamia e senza lode; lei – figlia di un documentarista, al contrario, celeberrimo e di successo – è produttrice. L’incontro coi giovani sposi Jamie (Adam Driver) e Darby (Amanda Seyfried) darà un inaspettato scossone al loro modo di vivere e di essere, restituendo loro il piacere della scoperta e la fame di esperienze…

In Giovani si diventa (While We’re Young) il regista e sceneggiatore Noah Baumbach racconta il confronto generazionale in maniera verosimile e affatto superficiale, senza trascurarne le complessità e spolverando il tutto con la gradevole cifra ironica consustanziale alla sua filmografia. La genuinità dei due ragazzi e il loro approccio spontaneo e curioso al mondo scateneranno in Josh e Cornelia un irresistibile spirito d’emulazione destinato a sfociare in esiti tragicomici, persino paradossali. La loro reazione, tuttavia, è perfettamente comprensibile. Non è, forse, proprio intorno ai quarant’anni che si iniziano a tirare le somme e a tracciare pericolosi bilanci della propria esistenza? L’istinto a fuggire della realtà e a nascondere la testa sotto la sabbia, pur di non rassegnarsi all’evidenza del tempo che passa, è qualcosa con cui siamo tutti destinati a fare i conti e che ci pone necessariamente davanti a un’importante scelta: cedervi o ‘crescere’ una volta per tutte.

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I quarantenni di Baumbach sono ex sognatori ambiziosi che il rimpianto e la frustrazione hanno trasformato in cinici borghesi. Riscoprire la passione per le piccole cose ed evadere dalla noia dapprima fa certamente bene ai coniugi, dando modo – a questi ultimi e allo spettatore – di riflettere anche sulle aporie emozionali e pragmatiche dei giorni nostri. Emblematica e drammaticamente rivelatrice, a tal proposito, la scena in cui nessuno dei quattro protagonisti ricorda un nome: Josh immediatamente vorrebbe cercarlo sul proprio smartphone ma viene bloccato da Jamie, che lo invita a sforzarsi di ricordare. Anche i social network giocano un ruolo consistente nell’economia del racconto, che tuttavia non si limita alla solita e reiterata critica della loro invadenza, spingendosi piuttosto sul versante dell’esperimento sociologico.

Come si diceva, però, se è bene ricordare e mettere in pratica autentici valori e gioie della vita, non lo è dimenticare se stessi per mettere in scena qualcun altro. Josh, infatti, viene gradualmente fagocitato dall’imprevedibile mondo di Jamie, rischiando di cedergli in toto le redini del proprio. Cornelia, dal canto suo, finisce per assumere comportamenti poco consoni a una donna della sua età. Ma è davvero tutto oro quel che luccica? La nuova generazione possiede veramente la chiave della felicità e rispecchia effettivamente le loro aspirazioni? Baumbach si fa beffe della temporanea cecità della coppia, puntando su una sceneggiatura pungente e accurata, in cui la verità risiede nei dettagli e nella capacità di osservare senza pontificare.

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Il film ha il grande pregio di rappresentare un affresco credibile e attuale di una generazione avviata verso la maturità ma incapace di accettarlo, destinata però a prendere atto del divario abissale ormai esistente rispetto ai ‘giovani’.
Eloquente anche il fatto che, al centro delle dinamiche narrative, ci sia proprio la realizzazione di un documentario, che diviene terreno d’incontro/scontro non solo tra due formae mentis, ma anche tra diverse modalità di concepire l’arte, senza che, tuttavia, una prevalga necessariamente sull’altra. Baumbach propone un punto di vista, ma non lo impone, lasciando che sia il pubblico a stabilire a quale controparte senta più affine il proprio pensiero.

Tale accattivante impostazione, sorretta da una colonna sonora coinvolgente e uno stile brillante, pecca talvolta di mancanza di ritmo. Più di una sequenza, infatti, appare tirata per le lunghe e abbassa nettamente la soglia dell’attenzione. Una su tutte, quella della seduta new age con relative conseguenze lisergiche.
Giovani si diventa, nel complesso, è una solida e incisiva riflessione sull’essenza della realtà, sull’accettazione di sé e sul concetto di ‘messa in scena’ come mezzo di autoaffermazione. Un percorso dolceamaro ed efficace, grazie alle ottime interpretazioni del cast e a un impianto tematico nel quale ciascuno potrà riconoscersi e, quindi, sentirsi coinvolto. Il film è in sala dal 9 luglio, distribuito da Eagle Pictures.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Sceneggiatura ironica e brillante affidata a un ottimo cast.
  • Impianto tematico solido, nel quale chiunque può riconoscersi.
  • Offre più di qualche interessante spunto su cui riflettere.
  • Qualche sequenza, tirata per le lunghe e priva di ritmo, penalizza l’insieme e annoia.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Giovani si diventa, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to Giovani si diventa, la recensione

  1. Gianluca ha detto:

    Condivido parecchi punti della tua recensione, però, in generale, io ho trovato il film un po’ confusionario. Dovrei rivederlo almeno un’altra volta, per evitare giudizi sommari, ma l’impressione che mi ha lasciato è stata di vari, ottimi spunti di riflessione (come sottolinei tu) lanciati ma mai approfonditi. Tutta la parte iniziale, ad esempio, quella del confronto tra le due coppie, mi ha incuriosito parecchio: c’erano molti dettagli interessanti (quello della scena in cui non ricordano il nome è bellissimo), a volte forse troppo espliciti per i miei gusti, ma comunque interessanti. Poi, però, con la storia del raggiro da parte del giovane, miè sembrato che l’attenzione si sia spostata sull’intrigo più che sul confronto generazionale. Non lo so, ma ho avuto l’impressione quasi di stare guardando un altro film.
    Sarà che avevo aspettative molto alte dagli attori (Naomi Watts in particolare ha fatto film che adoro), sarà che lo avevano presentato come una chicca indipendente, sarà ancora che la traduzione italiana del titolo è fuorviante, ma mi ha un po’ deluso.
    D’accordo con te: la seduta new age era completamente priva di ritmo.
    Ciao!

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