Il Ministro, la recensione

Ispirato a fatti probabilmente accaduti”, recita la didascalia che apre Il Ministro, terzo lungometraggio scritto e diretto dall’esperto in thriller Giorgio Amato e distribuito da Europictures. Fatti che sono all’ordine del giorno nell’Italietta fatta di corruzioni e illegalità, quel Belpaese dove il più sano ha la rogna. Fatti raccontati da Amato con una lucidità e una precisione tale da risultare perfino inquietanti… eppure parliamo di una commedia, colorata di nero, ovviamente, ma pur sempre una commedia!

In Il Ministro si racconta una serata in casa in casa Lucci, un immaginario imprenditore romano che comincia a sentir tremare la terra sotto i propri piedi per una situazione finanziaria molto instabile per la sua azienda. Per questo motivo invita a cena un noto Ministro della Repubblica Italiana, di cui è diventato amico, con la speranza di ricevere un grosso appalto pubblico che lo salverebbe dalla bancarotta. Ma non solo una buona cena a base delle pietanze predilette del Ministro, la serata prevede anche una valigetta piena di soldi, la migliore cocaina in circolazione e una escort d’alto borgo con cui poi il politico potrà concludere in bellezza. Ma la serata è pronta a riservare diverse sorprese.

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Nella migliore tradizione della black comedy, Il Ministro riesce abilmente a mescolare le risate (anche se si ride sempre a denti strettissimi!) con la tragedia, aggiungendo una nota di cinismo così acuta e sagace da fare di questo film una delle commedie più caustiche e satiricamente riuscite della nostra recente cinematografia.

Infatti la mente dello spettatore non può che andare immediatamente a I Mostri, anzi al suo ben più riuscito sequel, I nuovi Mostri, che riunì sotto la regia di Monicelli, Scola e Risi i ritratti più biechi e sgradevoli dell’italiano di allora. E a guardare Il Ministro sembra che il tempo si sia fermato, anzi, che i vizi di certa Italia siano sempre gli stessi, indipendentemente dall’epoca che li accoglie. Non a caso, lo stesso Giorgio Amato ha rivelato durante la conferenza stampa del film che l’ispirazione per Il Ministro gli è venuta ascoltando in macchina la canzone di Fabrizio De André Il Re fa rullare i tamburi, in cui un episodio di viscido servilismo nobiliare in epoca medievale cantava le gesta in di un Marchese, sua moglie e un Re. E quindi tutto torna, la sporcizia è indelebile, ieri come oggi.

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Strutturato come una pièce teatrale, nel suo unicum spaziale e sviluppato in un arco temporale che abbraccia poche ore, Il Ministro è il classico film che deve necessariamente reggersi su una buona scrittura e delle interpretazioni capaci di reggere l’attenzione dello spettatore. Missione compiuta sotto entrambi gli aspetti.

Amato non solo ha realizzato la sua migliore sceneggiatura, ma è riuscito a metter su uno script in cui i dialoghi ben scritti e l’imprevedibilità degli eventi riescono a mettere in secondo piano qualche lunghezza e ridondanza. Inoltre, da buon professionista del thriller (suoi il found footage Circuito Chiuso e The Stalker), Il Ministro è pervaso da una tale tensione narrativa da riuscire a creare un’atmosfera di palpabile ansia che dai personaggi si trasmette efficacemente anche nello spettatore. E i personaggi sono ben scritti, tutti, dall’abietto protagonista interpretato da Gianmarco Tognazzi, al suo socio in affari e cognato, che ha il volto dell’ex di Romanzo Criminale Edoardo Pesce. E poi c’è Rita, l’algida moglie che ha il conturbante sguardo di Alessia Barela, l’insospettabile escort Jun Ichikawa, la governante venezuelana costantemente sotto pressione interpretata da Ira Fronten e Fortunato Cerlino, noto ai più come il boss Pietro Savastano in Gomorra – La serie, che qui è un luciferino e spregevolissimo Ministro. Ognuno di loro ha la propria funzione e utilità nell’intreccio e ognuno di loro ha trovato un validissimo apporto negli attori scelti.

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Il Ministro è un piccolo film, praticamente una produzione indipendente molto lontana dal gigante produttivo della commedia italiana, tutta uguale e omologata, e proprio per questo funziona molto meglio di tanti altri prodotti dello stesso genere. È un film libero, che mette alla berlina il marciume istituzionale e lo fa raccontando con intelligenza satirica una storia avvincente e ben strutturata.

Se Lo chiamavano Jeeg Robot è stato quello che Il ragazzo invisibile non è riuscito ad essere nel campo del superoistico italiano, Il Ministro è quello che i film di Checco Zalone non sono stati nell’ambito della satira di costume.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Dialoghi ben scritti e personaggi ben caratterizzati.
  • Film corale affidato a un cast perfetto.
  • Riesce a trasmettere quella tensione che si dovrebbe respirare nella storia.
  • Qualche lungaggine di troppo.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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