My Generation, la recensione

Presentato fuori concorso alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia My Generation è il nuovo documentario, diretto da David Batty, sulla Gran Bretagna degli anni ’60, tra rock’n’roll, cinema e rivoluzione culturale. Arriva nelle nostre sale il 22 gennaio, come appuntamento/evento delle I Wonder Stories, prezioso format realizzato e distribuito da I Wonder Pictures.

A farci da Virgilio, tra gironi e canti della swinging London è, niente poco di meno che, Sir Michael Caine che, tra Piccadilly Circus e Carnaby Street, ricorda i suoi ventisette anni, ci spiega come ha cambiato il suo nome per arrivare a recitare e ci racconta la nascita della rivoluzione culturale nella capitale inglese: la Beatlemania, le minigonne, la pop art, i fotografi famosi, registi e creativi pubblicitari.

In My Generation la narrazione prende forma man mano che l’attore si confronta con icone come gli Who, i Beatles, Twiggy, Marianne Faithfull e tanti altri. A far da scenario i vecchi luoghi dell’infanzia del narratore e della sua gioventù nel West End, The Kings Road, lungo il Tamigi e fino al The Ad Lib, il nightclub di Leicester Square, dove i Beatles e i Rolling Stones si esibivano. Ci troviamo catapultati in un’opera dinamica e travolgente: ottantacinque minuti di psichedelia e fermenti. Si divide in tre atti, che descrivono la voglia di esplodere, le prime vittorie e il cambio di percezione di un’Inghilterra che vuole rovesciare ogni certezza. Lo spettatore si ritrova davanti a moltissime scene, ricche di oggetti e dal sapore squisitamente vintage, sapientemente montate con materiale inedito del fotografo David Bailey, al cui archivio il film ricorre abbondantemente grazie ai suoi scatti simbolo della liberazione sessuale. Vediamo così Vidal Sassoon che spiega le sue acconciature innovative, Mary Quant (la mitica inventrice della minigonna!) mentre taglia del tessuto, David Hockney che crea la sua arte e soprattutto i Rolling Stones mentre si preparano per il concerto di Hyde Park, nei giorni che seguirono la tragica morte del loro chitarrista Brian Jones.

La Londra che il documentario descrive è, infatti, un momento unico non solo in campo musicale, con la british invasion dei gruppi inglesi alla conquista dell’America, ma soprattutto per l’apertura verso democrazia, pacifismo ed eguaglianza. Le ragazze possono avere i capelli corti e i maschi delle fluenti chiome. Le gonne si accorciano, l’amore fisico vince sulla repressione e la musica sconvolge le vecchie generazioni. Per l’iconico protagonista di Alfie (1966) il focus è stato l’improvviso e clamoroso accesso che la classe operaia ha avuto ad ambiti fino ad allora ad essa preclusi. Non è più vero che i figli degli operai non possono studiare! Gli anni ’60 hanno cambiato per sempre l’Inghilterra: prima era snob e classista, adesso i ragazzi possono avere accesso a tutto. Sono anche gli anni in cui Caine è diventato l’attore più famoso del suo paese recitando in film che la working class avrebbe voluto vedere. Alfie e I giovani arrabbiati (1958) sono stati scritti nello stesso periodo e raccontano i working class heroes.

Prima degli anni ’60 quando si faceva un film sulla working class si sceglievano prevalentemente attori stranieri, da allora, invece, anche un attore proprio della working class, figlio di uno scaricatore di porto come Sir Caine, riesce ad arrivare negli studi cinematografici. A noi oggi sembra prassi “normale”, ma all’epoca si trattava di una vera e propria rivoluzione. La società classista ed elitaria ha dovuto, suo malgrado, accettare il grido di ribellione di tutti coloro che volevano rompere ogni canone, andare oltre le barriere, per sentirsi finalmente liberi.

Per Batty la working class è il tema centrale in My Generation: “Per la prima volta alla working class veniva data la possibilità di creare qualcosa. Tutte le band di quell’epoca, i Beatles, i Kinks, i Rolling Stones, venivano da quel background.

Protagonista del documentario al pari di Caine è la soundtrack, perfetta, per un archivio notevole sia in bianco e nero che a colori delle riprese tra le strade iconiche di Londra di ieri e di oggi. La musica è così importante in questo film ed è elemento funzionale per aiutare lo spettatore a compiere il processo di immersione totale, in modo da poter così comprendere cosa fossero davvero gli anni ’60. Per Caine la musica racconta molto di un’epoca, anche quella in cui viviamo oggi: “Oggi c’è una generazione completamente diversa: al computer puoi ascoltare migliaia di canzoni, noi non avevamo nulla di tutto ciò. La comunicazione adesso è ovunque: prima ci si parlava di persona o per telefono, in una città come Londra, poi, dove tutti venivano da posti diversi: gallesi, scozzesi, irlandesi. My Generation mi è piaciuto: nessuno – ha dichiarato l’attore – mi aveva mai chiesto prima cosa ne pensassi di quegli anni“.

My Generation è stato montato da un team di archivisti, sceneggiatori e produttori per includere gli episodi salienti di quel decennio turbolento con il contributo di molti dei suoi protagonisti.

L’idea per il film nacque sei anni fa quando Caine entrò in contatto con l’imprenditore e produttore discografico Simon Fuller: colui che decise che il film doveva includere le migliori e più grandi canzoni del decennio. Così nacque il plot: la storia di una giovane generazione che si confronta con il potere stabilito, accompagnata dalla colonna sonora della più grande musica mai registrata. Cominciò poi la ricerca di un abile regista di documentari con una conoscenza intima dell’epoca e l’abilità di portarla sullo schermo. Con a disposizione la ricchezza di aneddoti ed eventi degli anni Sessanta, Batty prese la decisione di rompere con la tradizione documentaria e di non usare presentatori o teste parlanti, ma di concentrarsi invece sul ricco e vario archivio filmato con Michael Caine attraverso il decennio e di sovrapporvi tracce audio di interviste con i protagonisti.

Le riprese iniziarono nel Regno Unito nel 2012 con il regista e l’attore a Londra, tra incontri con musicisti, artisti ed agitatori del periodo, anche se il tempo di Michael Caine era centellinato vista la sua partecipazione in almeno altre dieci pellicole!

Dopo cinque anni di scrupolosa ricerca, di riprese con oltre cinquanta interviste con personaggi chiave del tempo e di montaggio di migliaia di ore di materiale d’archivio, finalmente il film venne ultimato nel 2017.

Grazie a My Generation i ruggenti anni ’60 vivono ancora, sul grande schermo e nei cuori dei suoi protagonisti. La rivoluzione culturale parte dagli occhi di un Michael Caine commosso, nostalgico, che abbraccia la sua gioventù perduta per condividere il furore di quel decennio. Alla soglia degli 85 anni l’attore quintessenza della british coolness consegna ai giovani arrabbiati di tutti i tempi un tributo ad un passato glorioso che sia di ispirazione anche per le generazioni future.

Ilaria Berlingeri

PRO CONTRO
  • Sir Micheal Caine è perfetto nel suo ruolo di guida tra passato, presente e futuro.
  • Il fantastico materiale video/foto inedito.
  • A tratti si percepisce la presenza di troppa carne al fuoco.
  • Essendo presenti centinaia di elementi visivi (tra oggetti, foto, abiti, personaggi) a volte si fatica a seguire il filo.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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