Quarantena, la recensione

La giornalista televisiva Angela Vidal è intenta a documentare, insieme al suo cameraman, la vita dei vigili del fuoco di Los Angeles in servizio durante le ore notturne. I pompieri ricevono una chiamata da una palazzina del centro in cui sembra essere accaduto un incidente ad un’anziana signora. La giornalista va con loro, ma ben presto si trova a documentare una situazione di puro orrore: nella palazzina si sta diffondendo un contagio che trasforma gli infetti in pazzi rabbiosi e assetati di sangue. L’autorità sanitaria blocca tutte le vie di fuga per contenere il contagio, dunque per gli abitanti della palazzina, per la giornalista, il suo collega e i vigili del fuoco l’unico obiettivo è sopravvivere.

Quarantena è uno dei tanti esempi della cannibalizzazione statunitense verso una parte della cinematografia non made in Usa. Negli anni, infatti, si è sviluppata una tendenza tra i produttori e le major americane: acquisire i diritti di pellicole di successo che non sono state realizzate in lingua inglese per poi rigirarle in patria. Il motivo può essere semplicisticamente (e malignamente) ricercato in una mancanza di idee o nel guadagno sicuro, ma di solito la questione è più complessa e si può ridurre all’annoso problema che implica la resistenza del mercato americano nel doppiare i film stranieri. Quindi se un film in lingua non inglese viene distribuito negli Stati Uniti il pubblico lo vedrà in lingua originale sottotitolata e questo potrebbe compromettere la scelta da parte di molti americani nell’andare a vedere il dato film; e così si opta per il remake: stessa storia ma in lingua inglese e magari con volti noti al pubblico yankee.

Quarantena

Ma se da un punto di vista commerciale la scelta potrebbe apparire condivisibile, lo stesso non si può dire approcciandoci alla questione dal punto di vista privilegiato dello spettatore (tipo quello italiano) che ha la possibilità di fruire allo stesso modo di entrambi i prodotti, originale e remake, trovandosi spesso a che fare con una “copia sbiadita” dello stesso film. E già, perché di questo si tratta parlando di Quarantena, della copia sbiadita dell’ottimo [REC], realizzato solo l’anno precedente dagli spagnoli Jaume Balaguerò e Paco Plaza e capostipite di una fortunata saga che conta ad oggi quattro film.

Nel caso di Quarantena, i fratelli Drew e John Erick Dowdle – già artefici dell’horror The Poughkeepsie Tapes e, in seguito, di Necropolis: La città dei morti – hanno deciso di scrivere la sceneggiatura ripercorrendo quasi shot-for-shot il film originale, tanto nell’idea di utilizzare il linguaggio POV da mockumentary quanto nella successione di eventi che costruiscono la vicenda. Però si nota un risultato che al netto è percepibile irrimediabilmente come inferiore al capostipite, non tanto per il fatto di “arrivare secondo” quanto nell’artificiosità generale che nel film diretto da John Erick Dowdle si respira.

Quarantena

La storia di Quarantena, la maggior parte degli eventi, delle inquadrature sono le stesse di [REC] ma laddove il film cerca di differenziarsi fallisce miseramente, indebolendo notevolmente il risultato finale. Manca l’altissimo livello di tensione del predecessore spagnolo, il suo forte senso di terrore, le sue scosse adrenaliniche, le scene clou non hanno lo stesso impatto. Detto in parole povere [REC] fa paura, Quarantena no.

Inoltre, nella sceneggiatura dei fratelli Dowdle si perdono per strada buona parte delle dinamiche relazionali tra i personaggi che popolano il condominio e dei dettagli della storia che si riveleranno decisivi nell’arrivo al gran finale. E il finale, infatti, mostra la differenza più grande e più grave con l’originale: si perde quel tocco di genialità iberica capace di mischiare totalmente le carte in tavola, di togliere allo spettatore quella sicurezza che si stava creando sulle cause della sciagura lasciandolo, al termine della visione, con più di un interrogativo. Al contrario, in Quarantena si punta ad una razionalizzazione degli eventi che mette da parte la vena soprannaturale che soprattutto il sequel di [REC] andrà a ribadire per seguire una strada più convenzionale e risaputa, se vogliamo più banale.

Quarantena

Tra le poche novità positive di Quarantena possiamo annoverare alcuni apprezzabili inserti splatter come gambe spezzate o dita mozzate, ed un paio di sequenze inedite come quella del cecchino o, soprattutto, l’uccisione a colpi di telecamera con tanto di simpatici schizzi di sangue sull’obiettivo.

Si muovono bene i due protagonisti, due volti noti agli appassionati horror: Jennifer Carpenter, fantastica nei panni dell’indemoniata in The Exorcism of Emily Rose, nonché sorellina di Dexter nell’omonima serie tv cult, e Jay Hernandez, già torturato nel primo Hostel ed andato incontro a sorte peggiore nel secondo.

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In definitiva, che abbiate visto [REC] oppure no il nostro consiglio è comunque quello di mettere in quarantena il film dei fratelli Dowdle e dedicare quell’ora e mezza che avevate messo in preventivo al gioiellino di Balaguerò e Plaza, il risultato in quel caso sì che sarà comunque soddisfacente: se si tratta della prima volta avrete colmato una lacuna e recuperato un gran bel film, se l’avevate già visto… non correte il rischio di rivederlo peggiorato!

Francesco Chello

PRO CONTRO
  • I due interpreti principali, soprattutto Jennifer Carpenter.
  • Qualche aggiunta splatter/gore.
  • Se il film ha cose buone è comunque merito per lo più dell’opera originale di cui è remake.
  • Sostanzialmente shot-for-shot di [REC], ma dove avvengono modifiche – tipo il finale – si tende a fornire una versione peggiorata dell’originale.
  • Manca la tensione…
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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