Steve Jobs, la recensione

È curioso nonché un po’ sorprendente come gli Studios abbiano puntato molto sulla figura di Steve Jobs, imprenditore prima che informatico e figura chiave dietro la Apple, scomparso per un cancro nel 2011. Perché prima dell’interesse della Universal Pictures con il film diretto da Danny Boyle, già nel 2013 Joshua Michael Stern aveva diretto Ashton Kutcher nel biopic Jobs. Ma a differenza del precedente convenzionalissimo e poco interessante film, Boyle riesce a dare al suo Steve Jobs un’impronta autoriale che possa fare la differenza.

Questo non vuol dire che Steve Jobs sia comunque un film riuscito, anzi.

Se dovessimo chiederci se c’era davvero bisogno di un film come Steve Jobs, la risposta sarebbe “ni”. A prescindere dall’interesse individuale che un personaggio come Jobs possa riscuotere da parte di questo o quello spettatore, il leader della Apple di certo non ha avuto una vita che giustifichi ben due trasposizioni cinematografiche: uomo d’ufficio e d’affari, abile venditore di un simbolo prima che di un vero e proprio prodotto, Jobs di certo non è portatore di avventure emozionanti, atti d’eroismo ed episodi che hanno cambiato la Storia. Allo stesso tempo Boyle e il suo sceneggiatore Aaron Sorkin hanno trovato un linguaggio e un punto di vista originale per raccontare la vita di un uomo come tanti, noioso più di tanti, ma impaccato di soldi più di molti altri.

Film Title: Steve Jobs

Aaron Sorkin, che aveva già vinto un Oscar per la sceneggiatura del film “cugino” The Social Network, sceglie di raccontare tre momenti della vita professionale di Steve Jobs, sempre mostrati dal dietro le quinte delle sue iconiche presentazioni alla stampa dei prodotti Apple. Questo backstage si incrocia inevitabilmente con la sua vita privata, fatta di personaggi ricorrenti negli anni, burrascosa e problematica.

Il 1984 è l’anno del lancio sul mercato del Mac; il 1988 vede l’arrivo del NeXT Computer; il 1998 introduce il lancio dell’iMac e spiana la strada per la rivoluzione iPod.

Questi sono i tre periodi della vita professionale di Jobs che Sorkin e Boyle decidono di portare in scena, tre epoche che il regista differenzia anche nella tecnologia di ripresa utilizzata: in pellicola 16 mm, 35 mm e in digitale. Ogni stralcio di vita del protagonista racchiude l’essenza della vita quotidiana stessa, fatta di lavoro e famiglia, amicizie, dolori (tanti) e gioie (poche). Una vita beffardamente sempre uguale a sé stessa, malgrado passino gli anni e le vicissitudini, nel frattempo, siano le più varie: litigi con la ex moglie, difficoltà nel crescere una figlia a cui non riesce a star dietro, discussioni e rotture con soci, amici e soci-amici, fino al rapporto quasi simbiotico con la segretaria Joanna Hoffman.

steve jobs 2

Tutto bello, tutto perfetto, tutti bravi… si, ma anche un tedio che vi accompagnerà per oltre due ore di durata. Un minutaggio infinito durante il quale la teoria di Steve Jobs non corrisponde alla pratica di Steve Jobs. Il film è tanto concettualmente geniale e interessante quanto fattivamente noioso e irritante.

Si tratta della stessa macro-situazione ripetuta tre volte. Visti i primi quaranta minuti in cui il protagonista viene mostrato nel backstage della sua presentazione alla stampa del Mac si è visto praticamente tutto il film. L’idea del ritorno perpetuo delle stesse questioni e problematiche si traduce in altre due tranche da circa altri quaranta minuti l’una in cui vediamo un apprensivo Steve Jobs che cerca di tener testa alla sua consorte, si confronta con la segretaria, tenta di fare il padre, si scontra con il socio John Sculley e con l’amico (poi ex) Steve Wozniak.

'Steve Jobs' film - 2015

122 minuti di chiacchiere ininterrotte e sfiancanti che sembrerebbero atte a voler dimostrare ad ogni costo quanto Sorkin sia bravo con i dialoghi e gli attori nell’interpretarli. Un esercizio di stile francamente antipatico e fin troppo autocelebrativo.

Dal canto suo, Boyle come sempre svolge il suo compito in maniera certosina, facendosi esecutore di uno script che ha un’impostazione fortemente teatrale. L’attore protagonista Michael Fassbender – a detta dello stesso regista – è parte integrante delle scelte sceneggiative, pensato fin da subito come interprete di Steve Jobs. Ma più di Fassbender, che è bravo ma di certo non al suo apice recitativo, si fa apprezzare la performance di Kate Winslet che interpreta una Joanna Hoffman indaffaratissima a tenere le redini del Jobs pubblico e privato.

steve jobs 1

Indiscutibilmente superiore al Jobs del 2013 già per il solo fatto di possedere un vero concept alla base, Steve Jobs è comunque un’opera presuntuosa, di conseguenza antipatica nel suo modo di porsi, e francamente di difficile fruizione… un po’ come gli stessi prodotti che Jobs vendeva. E se questa (controproducente) similitudine fosse voluta, Steve Jobs sarebbe davvero un film geniale!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • C’è un buon concept alla base.
  • Bravi gli attori, in particolare Kate Winslet, che infatti ha vinto un Golden Globe per questo ruolo ed è anche candidata agli Oscar.
  • Il concept è ottimo sulla carta, ma messo in scena dà vita a un film inutilmente teatrale e veramente tedioso.
  • In pratica un film diviso in tre parti, in cui due sono la ripetizione della prima.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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