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The Fabelmans: in home video il sorprendente film autobiografico di Steven Spielberg

76 anni, 54 dei quali già spesi nel mondo del cinema. Quattro Oscar portati a casa, due proprio per la regia, nonché il record di film con maggiore incasso della Storia. Parliamo di Steven Spielberg, signori, che spesso e volentieri è sinonimo di Cinema, quello con “C” maiuscola. Una personalità del mondo del cinema così forte, autorevole e amata da aver toccato più generi della settima arte, spesso in maniera indelebile, e che sta dedicando le sue opere più recenti a un’analisi auto-biografica molto particolare. Se lo scorso anno, infatti, Spielberg ha diretto West Side Story (primo musical della sua carriera) dedicandolo a suo padre e dichiarando, in più di un’intervista, che la versione di Robert Wise era uno dei film preferiti di sua madre, adesso con The Fabelmans ha mosso il passo successivo raccontando la sua infanzia e soffermandosi, in modo particolare, sul turbolento rapporto tra i suoi genitori. Accolto in maniera entusiasta da critica e pubblico – molti, esagerando, lo hanno applaudito come un capolavoro – e candidato a ben 7 premi Oscar (tra cui miglior film e miglior regia), The Fabelmans è da poco disponibile in home video grazie ai canali distributivi di Eagle Pictures.

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The Fabelmans, la recensione del film di Steven Spielberg

76 anni appena compiuti, 54 dei quali già spesi nel mondo del cinema. Quattro Oscar portati a casa, due proprio per la regia, nonché il record di film con maggiore incasso della Storia. Parliamo di Steven Spielberg, signori, che spesso e volentieri è sinonimo di Cinema, quello con “C” maiuscola. Una personalità del mondo del cinema così forte, autorevole e amata da aver toccato più generi della settima arte, spesso in maniera indelebile, e che sta dedicando le sue opere più recenti a un’analisi auto-biografica molto particolare. Se lo scorso anno, infatti, Spielberg ha diretto West Side Story (primo musical della sua carriera) dedicandolo a suo padre e dichiarando, in più di un’intervista, che la versione di Robert Wise era uno dei film preferiti di sua madre, quest’anno con The Fabelmans compie il passo successivo e racconta la sua infanzia, soffermandosi in modo particolare sul turbolento rapporto tra i suoi genitori.

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Venom, la recensione

La Sony Pictures è stata tra le prime majors a credere nel potere cinematografico dei supereroi dei fumetti, inteso come modello produttivo più moderno e all’avanguardia, e lo ha fatto quando ancora era in ballo la Columbia Pictures, nel 2002, anno in cui arrivò nei cinema Spider-Man di Sam Raimi, ad oggi ancora inserito nelle top 10 dei migliori cinecomix di sempre. Antesignano di ogni odierno cinefumetto di successo, Spider-Man aveva provato a portare sul grande schermo Venom già nel 2007, nel terzo capitolo della saga raimiana, all’unanimità riconosciuto come unico punto debole della trilogia. Da allora la Columbia, divenuta Sony, ha dato diverse forme al cordiale ragno di quartiere, rebootandolo nel 2012 con The Amazing Spider-Man, restituendolo ai Marvel Studios – che l’ha inserito nell’MCU in Captain America: Civil War, prima di dedicargli una sua saga – e poi facendone una versione animata che dà vita allo Spider-verse che i fumettofili ben conoscono. Ma dicevamo di Venom, una delle maggiori nemesi di Spider-Man, che oggi diventa protagonista di un suo film inaugurando, nelle idee dei produttori, un universo di film (probabilmente legati tra loro) dedicati ai personaggi “collaterali” del mondo di Spider-Man, non collegato al celebre MCU di casa Disney.

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Tutti i soldi del mondo, la recensione

Nel 1973 a Roma si è svolto uno dei più eclatanti fatti di cronaca di quegli anni, il rapimento miliardario di John Paul Getty III, il nipote sedicenne di J. Paul Getty, il magnate dell’industria petrolifera nonché l’uomo più ricco del mondo. Il ragazzo, infatti, in soggiorno a Roma, viene rapito da una banda appartenete alla ‘Ndrangheta che chiede un riscatto di ben 17 milioni di dollari. Ma c’è una complicazione: J. Paul Getty è l’uomo più ricco del mondo perché non scende mai a compromessi e quindi si rifiuta categoricamente di pagare il riscatto. La mamma del sequestrato, Gail Harris, si trova inoltre in una situazione delicata perché ha appena divorziato da suo marito e quindi non solo non dispone dei capitali dei Getty a cui i rapitori miravano, ma si trova anche in reale difficoltà economica.

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The Greatest Showman, la recensione

Arriva nei nostri cinema il 25 dicembre 2017, proprio nel giorno di Natale, The Greatest Showman, il musical su P.T. Barnum, uno dei personaggi più poliedrici e controversi dell’Ottocento.

Dismessi gli artigli di adamantio, col bellissimo commiato Logan, Hugh Jackman torna a coreografie e canto dopo Les Misérables. È l’attore australiano infatti a incarnare la storia di Barnum: dall’infanzia in povertà, che sedimenta in lui la voglia di riscatto, fino all’età adulta dove diviene uno dei primi e più importanti impresari di Spettacolo, fondatore dello storico circo che porterà il suo nome.

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Manchester by the Sea, la recensione

Lee Chandler (Casey Affleck) lavora come custode di un complesso di palazzi a Boston. Conduce una vita solitaria e spenta, che viene stravolta dalla notizia della morte di Joe, suo fratello maggiore. Lee è dunque costretto a ritornare nella sua città natale per occuparsi del funerale e del nipote sedicenne, di cui è stato nominato tutore.

Il regista Kenneth Lonergan dirige un dramma intimista, raccolto: s’intuisce ben presto che Lee nasconde un passato doloroso, tuttavia mai espresso da dialoghi verbosi. Di fatto l’evento tragico vissuto dal protagonista non viene svelato allo spettatore nel tempo presente del film, bensì mostrato attraverso dei flashback, in un’amalgama senza soluzione di continuità tra passato e presente. Questo perché non esiste un prima e un dopo nel dolore di Lee, ma soltanto un adesso.

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Suite Francese, la recensione

La toccante e incredibile storia che condusse alla notorietà il romanzo Suite francese merita un racconto a parte. La scrittrice Irène Némirovsky portò a termine l’opera durante l’occupazione della Francia e, quando fu deportata ad Auschwitz, dove avrebbe finito i propri giorni, abbandonò il manoscritto in una valigia. Le pagine giacquero lì per ben sessant’anni, quando la figlia della Némirovsky le trovò e capì che si trattava di un romanzo. Pubblicato nel 2004, Suite Francese divenne un vero e proprio caso letterario in tutto il mondo e, oggi, arriva la trasposizione per il grande schermo, diretta e co-sceneggiata da Saul Dibb.

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Synecdoche, New York, la recensione

Sineddoche. La parte per il tutto. Figura retorica che consiste nella sostituzione di un termine con un altro, che ha con il primo una relazione di vicinanza. Termine che suona stranamente simile a Schenectady, cittadina nello stato di New York in cui il regista teatrale Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman) vive con la moglie Adele (Catherine Keener) e la loquace figlioletta Olive.
Caden ha messo in scena con successo un allestimento, interpretato da attori giovani, di Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Improvvisamente, sembra che tutti i temi del dramma – ambizioni fallite, difficili rapporti familiari – si riversino tragicamente nella sua quotidianità. La moglie, che non lo ama più, si trasferisce con la figlia a Berlino; la sua mente è vittima di strane psicosi e il suo corpo di pustole o altre inspiegabili malattie.

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Synecdoche, New York: il poster italiano del film con Philip Seymour Hoffman

Arriverà nei cinema italiani il 19 giugno, dopo una lunga battaglia legale, Synecdoche, New York, opera prima di Charlie Kaufman – pluripremiato sceneggiatore di Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa nonché premio Oscar ® per la sceneggiatura di Se mi lasci ti cancello – interpretata dal Premio Oscar Philip Seymour Hoffman, recentemente scomparso. Oggi vi presentiamo, in calce, il poster italiano della pellicola.

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