Tutti i soldi del mondo, la recensione

Nel 1973 a Roma si è svolto uno dei più eclatanti fatti di cronaca di quegli anni, il rapimento miliardario di John Paul Getty III, il nipote sedicenne di J. Paul Getty, il magnate dell’industria petrolifera nonché l’uomo più ricco del mondo. Il ragazzo, infatti, in soggiorno a Roma, viene rapito da una banda appartenete alla ‘Ndrangheta che chiede un riscatto di ben 17 milioni di dollari. Ma c’è una complicazione: J. Paul Getty è l’uomo più ricco del mondo perché non scende mai a compromessi e quindi si rifiuta categoricamente di pagare il riscatto. La mamma del sequestrato, Gail Harris, si trova inoltre in una situazione delicata perché ha appena divorziato da suo marito e quindi non solo non dispone dei capitali dei Getty a cui i rapitori miravano, ma si trova anche in reale difficoltà economica.

In Tutti i soldi del mondo seguiamo proprio l’odissea del caso Getty da molteplici punti di vista: il ragazzo rapito, uno dei suoi rapitori, Gail, il vecchio Getty e Fletcher Chace, ex agente che lavora per Getty e che viene incaricato dall’anziano di indagare sul caso del rapimento. Un film corale che riesce con efficacia e il giusto senso dell’intrattenimento a raccontare un’epoca, focalizzandosi però sull’incredibile figura del controverso miliardario.

Tutti i soldi del mondo deriva dalla sceneggiatura di David Scarpa che nel 2015 fu inserita nella black list dei migliori script dell’anno e a sua volta è tratta dal saggio di John Pearson Painfully Rich: The Outrageous Fortune and Misfortunes of the Heirs of J. Paul Getty, incentrato sulle disavventure della famiglia Getty. Una storia vera interessante che si presta benissimo a essere romanzata per esigenze cinematografiche, assumendo connotati thriller ma rimanendo, in fondo, un film di satira sulle dinamiche del potere.

Ridley Scott, che ha diretto e co-prodotto Tutti i soldi del mondo, si trova tra le mani un film forte, forse il suo migliore degli ultimi anni, considerando che la carriera del regista di Alien traballa da almeno una decina di anni con film non proprio incisivi. In questo caso abbiamo una ripresa, un film di scrittura e di recitazione, un’opera incentrata su un high concept, in cui la riuscita proviene da un insieme di fattori vincenti. Scott sa mettersi da parte e si pone al servizio di un prodotto vincente, da botteghino ma lontano dalle attuali mode hollywoodiane.

Però Tutti i soldi del mondo non è neanche un film perfetto, anzi ha alcuni scivoloni clamorosi che infastidiscono perché ingenuamente evitabili. Da una parte abbiamo i luoghi comuni sull’Italia e gli italiani che fanno sorridere e riflettere, perché, sicuramente all’estero ci vedono così. Un esempio su tutti: i rapitori calabresi che si fanno scappare l’ostaggio perché stanno ballando la tarantella. Capirete che una scena del genere in un film serio è un attimo imbarazzante, almeno vista da chi in Italia ci vive. Dall’altra parte abbiamo alcune leggerezze di sceneggiatura che vanno un po’ a inficiare sulla credibilità del racconto, come il momento in cui la polizia va a fare il raid nel covo dei rapitori e porta senza troppa ragione Gail Harris, una civile. Una cosa che nella realtà non potrebbe mai accadere.

Al di là di questi macroscopici difetti, Tutti i soldi del mondo ha quel rigore da cinema di qualità e quel senso del ritmo e del coinvolgimento emotivo che ne fanno un film godibilissimo e, obiettivamente, buono. Contribuiscono, come spesso accade, le ottime interpretazioni del cast, in particolare Michelle Williams e Christopher Plummer, la prima nei panni di Gail Harris, madre del rapito, e il secondo a interpretare l’arcigno J. Paul Getty.

E qui c’è una piccola parentesi da aprire, ovvero il motivo per cui Tutti i soldi del mondo verrà ricordato (purtroppo) negli anni: la cancellazione di Kevin Spacey. Come tutti sanno, anche i sassi ormai, l’attore de I soliti sospetti è stato estromesso dall’opera a film finito a causa degli scandali sessuali che l’hanno travolto e le (molte) scene che lo comprendevano sono state rigirate con Christopher Plummer. Una scelta discutibile, se vogliamo ipocrita e francamente imbarazzante (nonché irresponsabile da un punto di vista produttivo, ma vabbè…), ma che a film chiuso e proiettato non inficia minimamente il risultato. Se rimane la curiosità di vedere Spacey invecchiato da make-up e CGI per interpretare un personaggio sicuramente nelle sue corde, bisogna riconoscere che la scelta di Plummer è altrettanto azzeccata e il suo Getty rimane nello spettatore, si fa odiare e, di fatto, definisce il film.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una storia interessante raccontata in maniera avvincente.
  • Il cast internazionale, Michelle Williams e Christopher Plummer in primis.
  • Alcune leggerezze di sceneggiatura e luoghi comuni sugli italiani, francamente imbarazzanti.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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