The Front Runner – Il vizio del potere, la recensione

Una carriera votata a documentare vite, quella di Jason Reitman, che dai tempi di Thank You For Smoking (2005) ci ha raccontato personaggi, veri o fittizi che siano ma sempre estremamente realistici, umani, vulnerabili. E se abbiamo seguito con interesse il cinismo di chi lavora nell’industria del tabacco, di chi vuol dar via il bambino che porta in grembo, di chi si occupa dei licenziamenti aziendali e di una scrittrice consapevole del poco valore delle sue opere, possiamo prepararci a un altro grande personaggio: Gary Hart, il senatore tutto casa e chiesa finito al centro di uno scandalo sessuale.

Però stavolta la storia che è al centro di The Front Runner – Il vizio del potere è vera, accaduta nel 1988 durante la corsa alle presidenziali che poi avrebbero visto la vittoria del repubblicano George W. Bush. Chissà come sarebbero andate le cose se il democratico Gary Hart fosse rimasto in corsa! Guardando il film il dubbio è forte perché il senatore del Colorado Hart aveva tutte le carte in regola non solo primeggiare nel sul partito, ma anche per diventare Presidente degli Stati Uniti.

Jason Reitman segue la vicenda addentrandosi tra le fila della campagna presidenziale dello staff di Hart e la segue nel suo momento più vivo. Il film inizia con un lungo piano sequenza, estremamente disorientante per lo spettatore, che pedina i collaboratori di Hart in redazione, tra la confusione, la sovrapposizione di voci, informazioni, rumori e con la cessione del testimone da persona a persona, in maniera disordinata. Inquadrato il clima di fermento e confusione che stava accompagnando la campagna elettorale di Hart, il focus si sposta esclusivamente sul senatore: la quotidianità di un personaggio pubblico iper impegnato (lo vediamo presenziare a comizi, inaugurazioni e sagre) e uomo che sa concedersi anche momenti con l’amata famiglia, lontano dai riflettori.

Presentato come persona dalla forte integrità morale ed etica, improvvisamente troviamo Hart invischiato in una questione che fatichiamo ad additare come reale, uno scandalo sessuale che lo vede al centro di rapporti extraconiugali con la modella Donna Rice. Lo testimonia un articolo apparso sul Miami Herald, del quale abbiamo anche seguito il goffo confezionamento, e da qui inizia per il Senatore una “shitstorm” che compromette la sua immagine pubblica, la sua vita privata e, ovviamente, la sua corsa alla Casa Bianca.

A differenza di un film recente come The Post, in cui il mestiere del giornalista è inquadrato in maniera positiva, fondamentale per portare a conoscenza argomenti di una certa importanza e ribaltando le sorti del Potere, in The Front Runner l’ambiente giornalistico è inquadrato sotto una luce meno nobile. Lo scoop sembra lo scopo primario e poco importa se mancano delle prove schiaccianti a supportarlo, tanto è il passaparola a fare il resto, a rinforzare quella inesorabile macchina del fango.

L’abilità di Reitman, che ha contribuito alla rigorosa sceneggiatura affiancando Jay Carson e lo scrittore Matt Bai, dal cui romanzo All the Truth Is Out The Front Runner è tratto, sta nell’estremo equilibrio con cui affronta la vicenda. Il film sembra prendere le parti di Hart (chiaro, a questo proposito, l’interrogativo con cui ci lascia nel finale), ma rimane abbastanza super partes nel documentare con un certo distacco la vicenda del Senatore, uomo estremamente ambiguo, tanto sicuro di se quanto vulnerabile se messo di fronte alla verità. Basta una domanda specifica da parte di un giornalista particolarmente attento per smontare l’immagine di un vincitore e ridefinire il suo futuro e quello dell’intero Paese.

Con un look vintage che si affida a una bella fotografia anni ’70 e una costruzione vicina ai political drama di quegli anni, The Front Runner si fa forte della grandiosa interpretazione di Hugh Jackman che, scrollato di dosso l’adamantio con cui era fatto Wolverine, offre un’interpretazione molto sentita che restituisce a perfezione la positività caratteriale e allo stesso tempo l’ambiguità di un personaggio oggi quasi sconosciuto. Da segnalare anche la sempre brava Vera Farmiga, che interpreta la moglie di Hart.

Interessato più a snocciolare il processo che sta alla base della “macchina del fango” invece che le dinamiche politiche e personali di Gary Hart, The Front Runner – Il vizio del potere si pone oggi come film di estrema attualità, pronto a riflettere su colpe reali o fittizie che portano alla fine di quella che sarebbe potuta essere una grande carriera.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un grande Hugh Jackman.
  • Efficace nel mostrare la macchina del fango che si può abbattere sui personaggi pubblici.
  • Un altro bel ritratto nella galleria di personaggi portati sul grande schermo da Jason Reitman.
  • L’inizio disorienta e l’introduzione appare un po’ troppo lunga. Un quarto d’ora in meno avrebbe giovato alla scorrevolezza del film.
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