Amazzonia 3D, la recensione
A seguito di un incidente aereo, la scimmietta cappuccino Saï, cresciuta in cattività, si ritrova accidentalmente catapultata nel bel mezzo della Foresta Amazzonica. Saï è una scimmia del tutto impreparata alle insidie di una Foresta selvaggia e piena di pericoli in cui vige la legge del più forte. Sola e smarrita, all’interno di un mondo sconosciuto ed ostile, la piccola scimmia si ritrova improvvisamente libera in un habitat naturale inospitale e del tutto sconosciuto. Tra pericolosi predatori sempre in agguato e una vegetazione fitta ma ricca di insidie, Saï dovrà imparare al più presto tutti gli strumenti utili alla sopravvivenza.
Per celebrare la Giornata Internazionale delle Foreste, indetta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in occasione del 21 Marzo 2014 con lo scopo di porre l’attenzione sul patrimonio forestale mondiale sempre più a rischio, approda nelle nostre sale cinematografiche il bellissimo film Amazzonia diretto dal documentarista Thierry Ragobert.
Presentato fuori concorso ed accolto con molto entusiasmo in chiusura della Mostra del Cinema di Venezia 2013, il film in questione si presenta come un affascinante ritratto naturale di una terra ancora selvaggia ed indomita, totalmente al servizio delle primordiali leggi della flora e della fauna.
L’opera di Ragobert è una suggestiva ode ad ogni singola bellezza paesaggistica e forma di vita che popola un mondo ancora misterioso come quello della Foresta Amazzonica, che ci viene raccontata e colta in un ciclo idrologico che determina la vita e la sopravvivenza di animali e piante.
A metà strada tra il documentario e il film di finzione, Amazzonia è una sorprendente operazione fuori dal comune che riesce a raccontare una magnifica avventura, una sorta di straordinario “apprendistato” all’interno di una foresta inesplorata, attraverso gli occhi di un protagonista animale che muove l’intera narrazione. Saï, la scimmia cappuccina che si ritrova immersa in un luogo misterioso e pericoloso, diviene il punto di vista dello spettatore che non tarderà ad entrare in empatia con la piccola scimmia (che, con tanto di collarino rosso, riesce a risultare molto più espressiva di tanti attori in circolazione) così da vivere il viaggio esplorativo nella foresta pluviale con assoluta partecipazione.
Non si tratta, dunque, di un “semplice” documentario volto alla valorizzazione di paesaggi naturali e del comportamento animale, ma un’operazione molto più vicina a quanto è stato fatto da Jean-Jacques Annaud con il bellissimo L’orso e il successivo Due Fratelli. Una storia di finzione, dunque, realizzata però con la perizia e il linguaggio del documentario e senza il contributo di nessun attore e di nessun ricorso alla computer grafica. Ragobert filma, con estrema attenzione e pazienza, animali esotici non addestrati che si muovono all’interno del loro habitat naturale e messi a disposizione dall’IBAMA, l’agenzia di protezione ambientale del Brasile, che restituisce la libertà agli animali custoditi dagli abitanti dell’Amazzonia.
Il Pianeta Verde, inoltre, viene colto e restituito sul grande schermo in tutta la sua luminosità grazie ad un sapiente ed efficace utilizzo della moderna tecnica del 3D che contribuisce a far immergere lo spettatore all’interno dell’ecosistema incontaminato e a fargli percepire tutti i colori, i suoni e persino gli odori che “vivono” nella Foresta.
L’unica nota di demerito è rappresentata proprio dall’edizione italiana del film, che ha avuto la triste, quanto nociva, idea di incentivare il lato didattico del film trasformandolo inspiegabilmente in un vero e proprio documentario. Il film arriva sui nostri schermi arricchito – rispetto alla versione originale – dall’insensata voce narrante di Alessandro Preziosi che, attraverso affermazioni banali e fuori luogo sulla Foresta Amazzonica cadenzate per tutto il film, trasforma una bellissima ed originale operazione in un documentario senza né arte e né parte. Non si capisce per quale motivo l’edizione italiana abbia voluto totalmente snaturare il progetto originale. Si consiglia vivamente di recuperare il film nella sua versione originale.
Giuliano Giacomelli
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