Amore, cucina e curry, la recensione
Non lasciatevi ingannare dall’adattamento italiano del titolo, spolverato di zucchero e impregnato di promesse di banalità. The Hundred-Foot Journey, questo è il titolo originale, saporita commedia diretta dal celebre cineasta svedese Lasse Hallström, prodotta dalla Amblin di Steven Spielberg e da Oprah Winfrey e ispirata al bestseller Madame Mallory e il piccolo chef indiano, di Richard C. Morais, è un vero e proprio gioiello nel panorama cinematografico attuale. È sempre meno frequente, infatti, imbattersi in pellicole confezionate con cura e sensibilità, tanto dal punto di vista tecnico che da quello dei contenuti, e in grado di veicolare con onestà e originalità un messaggio autentico e urgente.
Protagonista della vicenda è la numerosa famiglia Kadam, fuggita dall’India natia e vissuta nei pressi di Londra, dove ha avviato il ristorante di famiglia. All’inizio del film, tuttavia, il gremito nucleo ha deciso che è il momento di trasferirsi a sud dell’Europa, precisamente in Francia. Un incidente automobilistico li costringerà, però, a fermarsi a Saint-Antonin-Noble-Val, ameno paesino di appena duemila anime, dove avrà inizio una serie di peripezie destinate a cambiare per sempre le loro vite. Gli ingredienti vincenti, come si accennava, non mancano davvero in questa raffinata ed equilibrata commedia che, puntando sulla coesione vincente tra settima arte e gioie della tavola, propone un romantico e poetico apologo sull’importanza di superare i pregiudizi e accogliere il prossimo. L’amore senza età, che sia per la famiglia o per la ragazza dei propri sogni, si configura, pertanto, come principio fondamentale alla base della complessa ma coerente architettura costruita da Hallström.
La regia, solida e sicura, e la morbida e ricercata fotografia, che dà il meglio di sé nelle numerose e movimentate scene ambientate nelle cucine del chiassoso ristorante della famiglia Kadam, o nell’elegantissimo bistrot dell’algida Madame Mallory (Helen Mirren), sono impeccabili. La sceneggiatura, a sua volta, concede a ogni spunto e tematica il giusto spazio nell’economia della narrazione e tratteggia vividi ritratti umani, ricchi di sfaccettature e ottimamente interpretati. L’intreccio di Amore, cucina e curry è dunque sviluppato sapientemente e con cognizione di causa, ricordando spesso, in virtù del contesto e delle linee guida, l’opera più amata di Hallström: Chocolat. Torniamo, infatti, a chiederci se sia possibile avvicinare e far convivere mondi e esistenze diametralmente opposti, e a immergerci in un vivace e ironico spaccato di vita di paese, permeato da sterili preconcetti e animato da scaltre ripicche. Ma l’elitario paesino si configurerà, paradossalmente, anche come luogo di apertura nei confronti del diverso e di riflessione sul concetto di ‘casa’ inteso come luogo dell’anima e del cuore, proponendo commoventi risvolti.
Più di una lancia va spezzata in favore delle interpretazioni. Il Premio Oscar Helen Mirren, prevedibilmente, regala una Madame Mallory maestosa e ineccepibile, rendendone alla perfezione ogni sfumatura, compresa la garbata ma tagliente ironia. A distinguersi a sua volta nel cast è un formidabile Om Puri, capofamiglia dei Kadam, sornione e cocciuto, padre affettuoso ma di polso, al quale il pubblico difficilmente resisterà. Buona prova anche per i giovani protagonisti, Manish Dayal e Charlotte Lebon.
Saremmo di fronte a un’opera praticamente inattaccabile se non fosse per un paio di nei. In primis, il fatto, innegabile, che Amore, cucina e curry sia orientato per lo più verso le spettatrici, seppur non in maniera dichiarata né ostentata. È vero, la componente culinaria non è solo una gioia per gli occhi, ma anche una curiosa finestra su una cultura ‘altra’ e tutta da scoprire e assaporare. Allo stesso modo, è vero, però, che difficilmente tali premesse potranno incontrare i gusti o coinvolgere il pubblico maschile. Inoltre, a dispetto dell’ottimo lavoro condotto per due terzi del film, in cui la soglia dell’attenzione si mantiene costantemente su ottimi livelli, nel corso dell’ultima mezz’ora il ritmo rallenta e si dilata inesorabilmente, dando l’impressione di un tentativo mal riuscito di allungare il brodo (si perdoni la metafora gastronomica). Lo stesso risultato, in termini di contenuti, avrebbe potuto essere conseguito, e con maggiore efficacia, con una decina di minuti in meno di lungaggini.
Amore, cucina e curry si conferma una variopinta e gustosa avventura che, seppur raccontata con fresca leggerezza, arriva dritta al cuore di una vicenda umana delicata e caleidoscopica, che si lascerà ricordare volentieri. Il film è in sala dal 9 ottobre, distribuito da Universal Pictures.
Chiara Carnà
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