Guardiani della Galassia, la recensione
La storia editoriale dei Guardiani della Galassia nasce nel lontano 1969, quando un team di eroici “ultimi della loro specie” deve difendere il Sistema Solare dai malvagi alieni Badoon. Era il numero 18 della seconda serie di Marvel Super Heroes e da allora i Guardiani torneranno sporadicamente a incontrare gli eroi “classici” Marvel, finché nel 1992 si guadagnano una collana tutta loro, che però viene chiusa dopo 62 numeri. Ma non è al team creato da Arnold Drake e Gene Colan che si ispira il decimo film della Marvel Studios, bensì al reboot datato 2008 e creato da Dan Abnett e Andy Lanning e che comprende una squadra completamente diversa di Guardiani.
Per dar vita a questi anomali eroi Marvel che provengono in parte dalla saga fumettistica Annihilation Conquest, viene chiamato James Gunn, un regista dalla grande personalità autoriale che, da una parte, sarebbe potuto essere una garanzia, visti i suoi trascorsi, dall’altra avrebbe potuto subire uno snaturamento di stile per una omologazione allo standard Marvel.
Obiettivo centrato in pieno! Guardiani della Galassia non solo è un ottimo compromesso tra lo stile eccessivo e irriverente di Gunn e l’ottica da entertainment per famiglie della Marvel-Disney, ma anche uno dei migliori film fino ad ora prodotti dalla Casa delle Idee.
Pur non restando del tutto fedele al fumetto e riducendo il team dei Guardiani a cinque membri, Gunn, che è anche sceneggiatore insieme a Nicole Perlman, cattura lo spirito un po’ outsider della testata, accentuandone però quell’alone da comedy che è diventato marchio di fabbrica di buona parte dei film targati Marvel.
La storia ruota attorno all’Orbis, una misteriosa sfera che rappresenta uno degli elementi di dominio interdimensionale facente parte delle cosiddette Gemme dell’Infinito. Peter Quill, un umano rapito dal suo pianeta quando era solo un bambino e ora mercenario spaziale conosciuto come Star Lord, riesce a trovare l’Orbis ma viene intralciato dagli uomini di Ronan l’Accusatore. Peter riesce comunque a prendere la sfera e si ritrova inseguito sia dall’assassina Gamora, figlia rancorosa e adottiva del tiranno Thanos e inviata da Ronan, sia da Yondu Udonta, colui per cui Peter lavora e che pensa che il ragazzo gli abbia rubato il monile. Rintracciato dal cacciatore di taglie Rocket, un procione geneticamente modificato, e dal suo fido assistente Groot, Peter viene catturato dalle autorità di Nova, che lo trasportano, insieme a Rocket, Groot e Gamora, nel penitenziario di massima sicurezza Klyn. Qui i quattro fanno la conoscenza di Drax, detto il Distruttore, un alieno assettato di vendetta nei confronti di Thanos. Mossi tutti da uno scopo comune, i cinque escogitano un piano per evadere da Klyn e andare a recuperare l’Orbis, che nelle mani di Ronan e Thanos potrebbe decretare la distruzione dell’Universo.
Una trama tanto articolata e affollata di personaggi – alcuni dei quali già comparsi brevemente in altri film Marvel, come Thanos (che era nel finale di The Avengers e il Collezionista che era in quello di Thor: The Dark World) – da essere però raccontata con una tale semplicità, scorrevolezza ed efficacia da filare liscia come se lo spettatore conoscesse quei personaggi da una vita. Il merito sta nell’ottima caratterizzazione dei personaggi principali, soprattutto i cinque Guardiani, così carismatici e ben delineati da riuscire ad entrare immediatamente nel cuore degli spettatori. Se Star Lord/Peter Quill è il classico scavezzacollo e dongiovanni che con facilità può guadagnarsi la simpatia di chi ne segue le avventure, a rubare la scena a tutti sono i due personaggi in computer grafica, ovvero il procione Rocket – a cui da la voce Bradley Cooper – e l’alieno plantiforme Groot – che ha le movenze di Vin Diesel. I due sono praticamente irresistibili: da una parte un “cosetto” peloso e dall’aspetto tenerissimo che è invece un aggressiva, sociopatica e completamente folle macchina da guerra, dall’altra un gigantesco arbusto che si esprime con una sola parola (“Grooot”), è generoso, buono ma, al momento giusto, altamente distruttivo. Questi due personaggi sono l’anima del film, Gunn lo sa e dedica a loro alcune delle scene più belle, spettacolari e ironiche dell’intera opera.
Comunque anche il resto del team è azzeccato e azzeccati sono gli interpreti chiamati a dar loro corpo: Chris Pratt, visto in Zero Dark Thirty e Comic Movie, ha con Star Lord il ruolo della sua carriera, il wrestler Dave Bautista, visto lo scorso anno in Riddick, è un Drax perfetto per aspetto e fisicità, cos’ come l’affascinante Zoe Saldana di Avatar e Colombiana è la Gamora che tutti ci aspettavamo, bella e letale, decisa e coraggiosa. Altra nota di merito va a Karen Gillan di Dr. Who e Oculus, che qui è irriconoscibile nei panni di Nebula, sorellastra di Gamora e figlia di Thanos, che ha un look fantastico e racchiude in se tutto il carisma che invece manca a Ronan l’Accusatore… ecco, perché se Guardiani della Galassia ha un difetto quello è il villain, troppo anonimo, sia nell’aspetto che nella caratterizzazione. Ronan, che è interpretato da un altrettanto irriconoscibile Lee Pace, è il classico cattivo tagliato con l’accetta che ha come unico motivo d’azione la sete di potere; somiglia molto a Malekith di Thor: The Dark World e non riesce mai ad emergere realmente. Notevole invece Yondu, personaggio che Gunn ha recuperato dalla formazione originaria dei Guardiani e che è interpretato dall’attore feticcio del regista, Michael Rooker. Ma un altro abituè di Gunn, Gregg Henry, compare in un cammeo a inizio film e c’è una parte anche per Benicio del Toro, che torna negli eccentrici abiti del Collezionista, Glenn Close, John C. Reilly e Djimon Hounsou.
Guardiani della Galassia comunque abbonda in citazioni e riferimenti nascosti. In una scena, nell’antro del Collezionista, si può notare il parassita extraterrestre di Slither, il film d’esordio di Gunn, compare poi Cosmo, il cane cosmonauta che fa parte della seconda formazione dei Guardiani, e in un gustosissimo cammeo c’è anche Howard il papero, che in molti ricordiamo per il film anni ’80 prodotto da George Lucas.
Il film di Gunn si fa forte di una colonna sonora fantastica, ricca di pezzi cult anni ’70 e ’80 e sulla quale gli stessi personaggi giocano, visto che la compilation musicale (tassativamente su vintagissima musicassetta!) di Peter Quill è elemento centrale in alcune scene, nonché eredità della sua defunta madre. Inutile sprecare parole sugli effetti speciali, praticamente perfetti, e il 3D, come da tradizione Marvel, è un accessorio con o senza il quale ci si gode la visione ugualmente.
Guardiani della Galassia conquista, appassiona, fa simpatia e rappresenta l’ennesimo colpo in buca per la Marvel che con questo ulteriore tassello allarga in maniera esponenziale il suo universo. Era una sfida rischiosa, perché i personaggi non sono conosciuti come un Captain America o Iron Man, il fumetto è di nicchia e fin troppo recente per catalizzare il pubblico di lettori, e James Gunn era un regista “scomodo”. Invece tutto è andato meravigliosamente, Guardiani della Galassia ha incassato quasi 740 milioni di dollari worldwide e Gunn si è dimostrato l’uomo adatto alle prese con il materiale perfetto per lui, a dimostrazione che se un regista con personalità è lasciato libero di agire, confezionerà un prodotto capace di lasciare il segno.
Guardiani della Galassia è stato presentato fuori concorso durante il nono Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione parallela Alice nella Città.
Roberto Giacomelli
PRO | CONTRO |
|
|
Lascia un commento