Hybris, la recensione

Ci hanno provato. Hanno fallito ma ci hanno provato. Quello che sorprende è che dei ragazzi così giovani siano riusciti a realizzare un prodotto così vecchio. Hybris è il primo lungometraggio del giovanissimo regista ventunenne Giuseppe Francesco Maione, girato su un soggetto e una sceneggiatura dell’altrettanto giovane Tommaso Arnaldi. Hybris, termine che indica un topos della tragedia e della letteratura greca che letteralmente significa tracotanza, eccesso, superbia e prevaricazione, riassume più o meno tutta la sinossi del film che, però, fallisce nel suo intento. Buone le basi, catastrofico il risultato.

La trama di Hybris è tra le più vecchie e banali, fino all’ultimo minuto della pellicola si spera che succeda qualcosa di nuovo ma non si viene mai accontentati. Semplici rimandi ad un cinema che c’è già stato, senza un minimo di originalità. Un ibrido tra horror e thriller soprannaturale che però manca sia della suspense che del ritmo tipici dei generi.

Ma ciò che più zoppica in Hybris è la sceneggiatura che spesso rende ostico il filo narrativo e che tende a confondere lo spettatore tanto da rendere necessario un tedioso “spiegone” finale per rendere comprensibile l’intera trama. Il film, in conclusione, nonostante sia completamente realizzato da persone giovanissime, riesce a prendere quello che c’è di buono nei vecchi horror americani dello stesso filone e ad inserire nel loro interno quello che c’è di cattivo nel cinema italiano: troppe parole e poca azione, drammi esistenziali e personaggi fintamente introspettivi.

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Altra lacuna, infatti, sono proprio i personaggi assolutamente poco verosimili e fortemente stereotipati: quattro amici, tra cui un fratello e una sorella problematici, il seccante ragazzo di lei e un lontano amico d’infanzia dall’aria del bello e maledetto dal passato oscuro. Tutti uniti dal defunto Valerio, le cui ceneri si trovano in un’urna sballottolata per l’intero film dai quattro protagonisti, che rappresenta il motivo per cui questi ultimi si trovano nella casa nel bosco per una sua ultima volontà. Peccato, poiché gli attori che interpretano i personaggi, Guglielmo Scilla, Lorenzo Richelmy, Claudia Genolini e lo stesso Tommaso Arnaldi, hanno dato al film delle buone interpretazioni. La recitazione, infatti, è uno degli aspetti positivi di Hybris insieme alla regia e alla fotografia, che gioca in modo consapevole con un’atmosfera fatta di luci e ombre ben studiata.

Rita Guitto

PRO CONTRO
  • Una buona fotografia, una buona regia e una recitazione accurata.
  • Trama banale e inconcludente.
  • Personaggi non verosimili.
  • Sceneggiatura non all’altezza.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +1 (da 1 voto)
Hybris, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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