I Cassamortari, la recensione

Dopo aver diretto La mossa del pinguino (2013) e Il permesso – 48 ore fuori (2016), Claudio Amendola torna nuovamente dietro la macchina da presa con I cassamortari, una commedia grottesca che racconta la storia di una famiglia, i Pasti, proprietaria di un’impresa di pompe funebri, che si ritrova, casualmente, davanti a un affare che potrebbe risollevare le loro precarie risorse finanziarie.

Dopo la morte di Giuseppe Pasti (Edoardo Leo), titolare dell’omonima impresa di pompe funebri che va avanti da generazioni, Giovanni (Massimo Ghini), Marco (Gian Marco Tognazzi), Maria (Lucia Ocone) e Matteo (Alessandro Sperduti), i suoi quattro figli, ognuno con i propri difetti, si ritrovano a barcamenarsi tra mille difficoltà, cercando di portare avanti l’azienda di famiglia. Il loro motto è stato da sempre: “tutti devono morì, ma solo pochi ce guadagnano”, siccome la concorrenza è spietata, si ritrovano a dover far fronte a una tassa abbastanza esosa, mai pagata dal defunto capostipite, costringendo i quattro fratelli a cercare di porvi il rimedio. L’occasione arriva con l’organizzazione del funerale di Gabriele Arcangelo (Pietro Pelù), celebre cantante, morto in un banale incidente casalingo, che la sua manager Maddalena Grandi (Sonia Bergamasco) commissiona a loro, senza porre limite alle spese. L’incontro porterà i Pasti a una serie di vicissitudini a dir poco esilaranti.

Commedia dissacrante a tinte noir, il terzo lungometraggio di Claudio Amendola, nato da un’idea sua e della moglie Francesca Neri, sceneggiato dallo stesso insieme a Kissy Dugan e a Roberto Jannone, è il ritratto di una famiglia fuori dai canoni, basti pensare che il primo fratello ha una differenza d’età con l’ultimo di ben trent’anni, in cui vengono messi in luce vizi e difetti (ma del resto chi non ce l’ha?). Parenti serpenti, era il titolo della nota commedia diretta da Mario Monicelli, così anche in quest’opera ogni componente della famiglia Pasti ha dei “difetti”. Giovanni, il personaggio interpretato da Massimo Ghini, è un uomo arrivista, taccagno e privo di scrupoli, molto somigliante al defunto genitore, mentre Marco (Gian Marco Tognazzi) si occupa di truccare le salme prima della loro sepoltura, con movimenti abbastanza femminei, sembra ricordarci, seppur vagamente, il personaggio di Renato Baldi interpretato da suo padre Ugo ne Il vizietto. Maria (Lucia Ocone) è una donna che ama frequentare vedovi, mentre Matteo (Alessandro Sperduti) punta sui social a spodestare i Taffo, il loro competitor.

Quel che si evince durante la visione dell’opera è la caratterizzazione di certi personaggi, molti dei quali rappresentano con toni comici la grettezza umana, basti pensare alle figure della manager e della figlia di Gabriele Arcangelo, due personaggi femminili che rappresentano la voglia di riscattarsi, anche in maniera illecita. Le battute e le gag esilaranti portano lo spettatore a ridere di gusto, ma anche a farlo riflettere sulle situazioni che accadono all’interno dell’opera, raccontando in chiave comica i mali della società contemporanea, dove la mancanza di rispetto per vivi o morti regna sovrana, approfittando di qualsiasi situazione per cercare di fregare il prossimo. Un cast di bravissimi attori in cui va sottolineato il talento di Lucia Ocone che si rivela un’attrice poliedrica, capace di interpretare personaggi dalle mille sfaccettature, e Alessandro Sperduti, che nel ruolo di Matteo prende debitamente le distanze dai personaggi interpretati precedentemente.

La sceneggiatura punta sullo sviluppo di alcuni personaggi, mentre gli altri non vengono approfonditi, finendo con lasciarci qualche domanda. Sorprendente il finale, capace di descrivere con cruda realtà la meschinità umana da cui spesso siamo circondati.

I cassamortari è una co–produzione italo – spagnola, prodotto da Paco Cinematografica e la Neo Art Producciones, distribuito da Vision Distribution, è disponibile dal 24 marzo sul catalogo Amazon Prime Video.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
Una commedia grottesca che descrive i vizi e i difetti dell’essere umano.

Lucia Ocone si rivela un’attrice poliedrica, capace di interpretare qualsiasi personaggio, qui è davvero notevole la sua performance.

L’idea delle pompe funebri si rivela originale.

Troppa carne al fuoco, c’è poco spazio per lo sviluppo di alcuni personaggi, che si rivelano solo superficialmente.

I toni noir dell’opera cozzano con quelli comici, rivelandosi un’arma a doppio taglio.

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