IF – Gli amici immaginari, la recensione

Il cinema ha scelto frequentemente di raccontare gli amici immaginari che riempiono la solitudine di molti bambini (ma a volte anche di adulti) così, sull’orma di classici come Harvey di Henry Koster e Elliott il drago invisibile di Don Chaffey, fino ad arrivare a esempi relativamente più recenti come Bogus, l’amico immaginario di Norman Jewison e Donnie Darko di Richard Kelly, negli ultimi anni si è venuto a creare un vero e proprio sotto-filone all’interno del genere horror che ha ribaltato la funzione di questi personaggi illustrando quanto possa essere letale avere un amico immaginario. Il nuovo film scritto, diretto, prodotto e interpretato da John Krasinski, però, si distanzia da quanto elencato fino ad ora – anche se l’ombra di Bogus un pochino sovrasta questa operazione – e va a inserirsi, invece, nel solco creato da Juan Antonio Bayona nel 2016 con lo struggente Sette minuti dopo la mezzanotte, anche se Krasinski tende a stemperare quell’impianto drammatico e tendente al dark per colorare il suo IF – Gli amici immaginari con spruzzate di fantasy più infantile e ironico.

Bea è ormai adolescente e ha perso la mamma quando era solo una bambina. Ora il papà di Bea deve essere sottoposto a un delicato intervento al cuore e per questo la ragazzina va a stare dalla nonna. Nella fatiscente palazzina dove abita la donna, nel superattico, vive lo strambo Cal che ha la facoltà di vedere gli amici immaginari dei bambini, detti IF, facoltà che condivide proprio con Bea! L’uomo, allora, assume Bea per una missione molto particolare: trovare nuovi bambini da affidare ai molti IF rimasti senza un “lavoro” che affollano la pensione per amici immaginari a cui solo Cal e Bea hanno accesso.

Puntando immediatamente al lato più emotivo fin dal prologo che si svolge durante i titoli di testa, John Krasinski sembra non avere ben chiaro il focus della sua storia perché IF – Gli amici immaginari racchiude al suo interno tante di quelle suggestioni, svolte narrative, generi e differenti toni da apparire incredibilmente indeciso su cosa essere. Di base parliamo di un’avventura fantasy per famiglie – anche se il film affronta argomenti troppo maturi per i bambini ma ha un tono troppo infantile per gli adulti – e in quanto tale utilizza il leitmotiv della commedia per dialogare con l’ambito pubblico che si prefigge di raggiungere. In questo obiettivo risulta fondamentale la presenza di Ryan Reynolds (anche produttore), ormai specializzato in situazioni buffonesche, che effettivamente dona una carica spumeggiante all’intera opera con momenti divertenti, alcuni perfino demenziali, indispensabili a dare un’identità a un film che soffre di evidente schizofrenia.

Ma se l’elemento drammatico/empatico si unisce a quello da commedia trovando a tratti una specifica quadratura del cerchio, è proprio il fantasy a risultare sacrificato perché questo bellissimo mondo immaginario che vive all’interno di quello reale, a conti fatti, si aggrappa alla solita morale di ‘liberare il bambino che si trova in ognuno di noi’. E così, la missione di collocamento degli amici immaginari, che sulla carta è il cuore del film, nei fatti risulta sfruttata poco e male con una dinamica interna alla narrazione che a tratti risulta anche poco chiara.

Dal canto loro, però, gli amici immaginari del titolo sono davvero bellissimi a vedersi e nello slancio immaginativo che i character designer gli hanno conferito, toccando con intelligenza tutte le sfumature dell’immaginazione infantile. A dar voce alle creature immaginarie, nella versione originale, ci sono grandi personalità del cinema come Steve Carrell, Phoebe Waller-Bridge, Emily Blunt, Matt Damon, George Clooney, Sam Rockwell, Brad Pitt (anche se il suo personaggio non parla, ehm…), Richard Jenkins, Awkwafina, Vince Vaughn, Maya Rudolph, Jeffrey Wright, Blake Lively, Matthew Rhys, Bradley Cooper e Amy Schumer… in Italia, invece, gli unici talent prestati alla causa sono Pilar Fogliati e Ciro Priello dei The Jackal.

John Krasinski, che arriva dal successo dei primi due A Quiet Place, dimostra però l’estrema versatilità e la brillantezza come attore che dai tempi della serie The Office avevamo ampiamente intuito, anche se la vera star di IF – Gli amici immaginari è la giovane e talentuosa Cailey Fleming, che abbiamo conosciuto nei panni di Judith Grimes in The Walking Dead.

In conclusione, IF – Gli amici immaginari può contare su un impianto visivo molto accattivante con un ottimo utilizzo degli effetti speciali visivi che ben si fondono con i personaggi live-action in quell’effetto Chi ha incastrato Roger Rabbit? spesso ricercato dai produttori. Anche il cast funziona e può contare sul talento e la simpatia di Ryan Reynolds, ma il film, nel complesso, appare fuori fuoco e indeciso su che target prediligere con il pericolo di scontentare tutti. A tratti ci si diverte, qua e là ci si commuove, per buona parte, però, ci si annoia.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Personaggi (immaginari) fantasiosi e ben realizzati.
  • Un buon cast, assemblato con senso della varietà.
  • Una prima parte noiosetta.
  • I toni drammatici si fondono malamente con quelli da commedia e la componente fantastica ne risente tantissimo.
  • A tratti si fatica a capire quale sia il focus della storia.
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