Il bambino nascosto, la recensione

Gabriele Santoro (Silvio Orlando) vive in un quartiere popolare di Napoli ed è titolare della cattedra di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, mentre sta radendosi la barba, il postino suona al citofono per avvertirlo che c’è un pacco, lui apre la porta e, prima di accoglierlo, corre a lavarsi la faccia. In quel breve lasso di tempo, un bambino di dieci anni si insinua nel suo appartamento e vi si nasconde. “Il maestro” – così lo chiamano nel quartiere Sanità – se ne accorgerà solo a tarda sera. L’intruso è Ciro (Giuseppe Pirozzi), un bambino che abita con i genitori e con i fratelli al piano di sopra del suo stesso palazzo.

Interrogato sul perché della sua fuga, Ciro non parla. Nonostante questo, il maestro, d’istinto, decide di nasconderlo in casa per proteggerlo. Scoprirà presto che il bambino è figlio di un camorrista e che, come accade a chi ha dovuto negare presto la propria infanzia, Ciro ignora l’alfabeto dei sentimenti. Silenzioso, colto, solitario, il maestro di pianoforte è uomo di passioni nascoste, segrete. Toccherà a lui lo svezzamento affettivo di questo bambino che si è sottratto a un destino già scritto. Una partita rischiosa in cui, dopo una iniziale esitazione, Gabriele Santoro si getta senza freni.

“Ho voluto raccontare Napoli nella sua ritrosia, la Napoli più sghemba, meno spudorata, più melanconica”. Così Roberto Andò descrive l’ambientazione scelta per il suo film, liberamente tratto dal romanzo omonimo di cui è anche autore.

Il bambino nascosto si svolge in una Napoli illuminata della fotografia di Calvesi che, soprattutto di notte, somiglia ad un set allestito per una rappresentazione teatrale. Allo stesso tempo è un “dramma da camera” girato in pochi metri quadrati, quelli del bell’appartamento del professore. Osservando bene, però, possiamo sostenere che il nucleo del film è in una zona invisibile agli occhi, è nei silenzi, e tutto nella recitazione di un grandissimo Silvio Orlando, che trascina dietro di sé l’intero cast. Il bambino nascosto è un film di pochi dialoghi e molti silenzi dove però, quasi paradossalmente, tutto deve essere esplicato. Il non detto non esiste ed il film soffoca sotto l’eccessiva volontà di raccontare l’evidenza..

Ci troviamo difronte ad un film “perfettino”, fatto a modo, precisino, infiocchettato, impacchettato bene e terribilmente asettico nonostante si avvertano, in ogni scena, le buone intenzioni e la sincerità espressiva di un regista colto e raffinato. La struttura inconsistente tenta di confrontarsi con il thriller e con il noir, ma sfiora appena i generi e non ci si butta di cuore. Si salva egregiamente, fino almeno a metà film, Silvio Orlando che, col suo volto tenero, buffo e profondo e quella specie di smorfia dolente che si porta con sé e che al momento opportuno diventa vitale, restituisce un po’ di calore umano ad una pellicola a tratti spocchiosa. Ma anche Orlando sembra smarrirsi ad un certo punto nel personaggio.

Andò si focalizza completamente sulla strana coppia Gabriele-Ciro e su quel legame che è, oggettivamente, una buona base di partenza, un’idea anche originale. Attorno ai due si sviluppa tutta la trama.

“La nostra è stata una scoperta reciproca – racconta Silvio Orlando – abbiamo avuto la fortuna di girare in sequenza, seguendo ogni giorno l’iter narrativo del copione: nel nostro dramma da camera il blocco delle scene ambientate in quel palazzo che è uno dei protagonisti della storia rappresenta circa l’80 per cento del racconto. Come accade solo in rare occasioni magiche, quello che succedeva ai personaggi nel corso del film si ripeteva anche per noi sul set: Giuseppe, che all’epoca delle riprese, un anno fa, aveva 11 anni e si dimostrava già molto dotato per la recitazione, si è rivelato imprevedibile, come accade sempre per i bambini; e così quello che succedeva al suo personaggio in scena si ripeteva nella nostra vita sul set e ci costringeva a una sorta di flusso vitale all’interno del racconto: questo bambino molto particolare ha portato un inedito elemento di vita e di vitalità”.

Ma forse tutto ciò non è bastato a tenere in piedi un film che sembra sempre restare fermo, ordinato e asettico. Non decolla mai. Non ci sono eclatanti imperfezioni, ma tutta questa armonia ostentata non restituisce empatia.

Il “maestro”, durante il corso della pellicola, si confronta con il padre magistrato, interpretato da Roberto Herlitzka che spicca anche se lo vediamo per pochissimi minuti e regala una delle scene migliori del film; e con il fratello Renato (Gianfelice Imparato), a sua volta uomo di legge, col quale ha un rapporto pieno di durezze e di incomprensioni. Quest’ultima scena risulta forzata, ingessata, declamata e priva di spontaneità. I personaggi secondari, in conclusione, salvando il buon Herlitzka (che, in vero, sembra quasi esser lì senza motivo, un po’ come nella memorabile puntata della prima stagione di Boris, L’anello del conte), sono una carrellata di luoghi comuni: scritti, talmente scritti da non avere una vita autonoma.

Presentato al Festival di Venezia 2021, nella Selezione Ufficiale – Fuori Concorso, Il bambino nascosto è in sala in circa 200 copie dal 3 novembre, distribuito da 01 Distribution.

Ilaria Berlingeri

PRO CONTRO
  • Silvio Orlando, lo si ama sempre.
  • Il montaggio di Esmeralda Calabria e la fotografia di Calvesi.
  • Dialoghi ingessati.
  • Buchi di sceneggiatura.
  • Personaggio secondari che mancano di profondità.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Il bambino nascosto, la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.