Il Pasticciere, la recensione
Achille Franzi è un pasticciere sensibile, raffinato ed anche diabetico. Seguendo le orme paterne, fin da bambino ha dedicato tutta la sua vita ai dolci e alla cucina ed ora è convinto che la sua missione nella vita sia quella di portare dolcezza nella vita degli altri. Un giorno come un altro, durante una visita di lavoro da un suo cliente, Achille diviene testimone involontario di un omicidio causato da un regolamento di conti. Da quel momento in poi Achille Franzi diventerà la pedina di un “gioco” finanziario più grande di lui che lo metterà a stretto contatto con un ambiguo avvocato e una sensuale prostituta.
Se giri nel verso sbagliato la vita impazzisce. Questo recita la tagline del film, ma è anche il “segreto” per fare una buona crema pasticcera che Achille Franzi trasforma in massima da applicare alla vita. Si potrebbe estendere il discorso al film stesso, perché no, e notare che se si gira nel verso sbagliato anche il film può impazzire e purtroppo il regista Luigi Sardiello non si dimostra particolarmente abile nel girare la sua “crema”.
Si resta con un’insolita sensazione di sconcerto dopo la visione de Il Pasticciere, mille dubbi che ti portano a credere che qualche cosa non sia andata per il verso giusto durante la preparazione. Come cucinare una torta sacher con dovizia per poi assaggiarla e sentire sotto il palato un gusto salato anziché dolce. Sbagliato l’ingrediente primario l’intera torta è da buttare. Il film di Luigi Sardiello ha lo stesso effetto della citata torta sacher, non funziona e la sensazione è proprio quella che siano stati mescolati male, malissimo, i vari ingredienti del film.
L’idea alla base è quella di realizzare un moderno noir da contaminare, di tanto in tanto, con altri generi. I topoi del noir ci sono, ed anche tutti i personaggi portati in scena cercano alla meglio di ricalcare uno specifico stereotipo imposto dal genere: dal losco avvocato che si fa chiaro burattinaio della situazione, al poliziotto che cerca di risolvere il caso convinto che le cose non siano così evidenti come possano sembrare, all’immancabile femme fatale di turno pronta a farsi elemento d’unione tra ciò che è “bene” e ciò che è “male”. Gestita nel giusto modo, l’operazione di Sardiello poteva sicuramente apparire interessante come esempio di cinema indipendente fuori dagli schemi del commerciale, ma il risultato ottenuto è quello di un fiacchissimo film che non sa mai che strada prendere e a che tipologia di spettatore guardare. Più che un vero noir Il Pasticciere ci appare, vuoi per estetica che per scrittura, come un film tv (tipologia Commissario Rex) dilatato in eccesso e con troppi tempi morti che ne appesantiscono notevolmente la visione.
Il punto più debole del film è rappresentato sicuramente dalla sceneggiatura, curata dallo stesso Luigi Sardiello, che non riesce in alcun momento a dare un barlume di credibilità alla vicenda. Tutto appare forzato, innaturale, tanto che lo stesso coinvolgimento di Achille Franzi nella “trappola” finanziaria che muove tutto il film non riesce in nessun momento a risultare credibile. Questo perché ad essere sbagliata è proprio la caratterizzazione del protagonista, uomo eccessivamente passivo (viene da pensare che sia anche effetto da qualche deficit cognitivo, ma così non è) che si lascia trasportare da qualunque evento senza reagire in nessun modo. A peggiorare la situazione c’è la sovrabbondanza di sequenze narrativamente inutili portate avanti da dialoghi così innaturali da risultare imbarazzanti, come la lunga scena al supermercato in cui Achille si mette a dare ricette ai clienti e dare nozioni sulle varie tipologie di uova.
A deludere c’è anche il cast, nonostante la presenza dei nomi coinvolti. Nei panni del protagonista Achille Franzi possiamo trovare Antonio Catania, un attore che in passato ha più volte dimostrato di avere talento ed una certa verve ma qui del tutto incapace di riuscire a rendere interessante il personaggio protagonista, mostrando dall’inizio alla fine una certa svogliatezza nella recitazione. Un discorso analogo va fatto per il solitamente bravo Ennio Fantastichini che paga lo scotto di dover interpretare un personaggio poco credibile, a tratti banale e a tratti eccessivamente sopra le righe. Curioso, invece, notare che l’amichevole partecipazione di Emilio Solfrizzi venduta dal film si riduce ad un’apparizione dell’attore in una fotografia.
Dispiace ammetterlo, ma ne Il Pasticciere non c’è davvero nulla che possa essere salvato!
Giuliano Giacomelli
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