Il regno del pianeta delle scimmie, la recensione

La magnifica avventura nata nel 2011 con L’alba del pianeta delle scimmie di Rupert Wyatt e proseguita nel 2014 con Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie di Matt Reeves, sembrava essersi conclusa nel 2017 con lo stupendo The War – Il pianeta delle scimmie dello stesso Reeves. Una trilogia bellissima, intensa e intelligente, nonché punto saldissimo all’interno del cinema fantastico contemporaneo, che aveva creato un importante arco narrativo utile a fornire un credibile antefatto al capolavoro di Franklin J. Shaffner del 1968, Il pianeta delle scimmie. Eppure, l’arrivo dell’astronauta George Taylor sulla Terra del futuro dominata dalle scimmie era ben lontano dalla solenne commovente conclusione di The War: nel mezzo possono essere raccontate tante altre storie. E così sta accadendo.

Già all’indomani della fusione tra Disney e 20th Century Fox, era stato annunciato che uno dei franchise acquisiti che avrebbe avuto un futuro era proprio quello de Il pianeta delle scimmie e nonostante ci sia voluto più di un lustro di tempo con una pandemia di mezzo, alla fine è arrivato Il regno del pianeta delle scimmie.

La pre-produzione del nuovo capitolo di questa saga era iniziato nel 2020, poco prima che l’emergenza covid mettesse tutto in stand-by, e ci sono voluti più di due anni prima che il motore del progetto fosse avviato. Con Rick Jaffa e Amanda Silver di nuovo in produzione, Josh Friedman (La guerra dei mondi e Black Dahlia al cinema, Foundation e Snowpiercer in tv) alla sceneggiatura e il buon Wes Ball della trilogia Maze Runner assoldato alla regia, Il regno del pianeta delle scimmie riprende un’idea già proposta da Matt Reeves mentre realizzava The War, ovvero espandere il mondo post-apocalittico mostrando l’interazione tra più clan di scimmie intelligenti, cosa accennata in quel film facendo incontrare Cesare con Scimmia-cattiva, proveniente, appunto, da una tribù differente dalla sua.

il regno del pianeta delle scimmie

Dopo un prologo molto toccante che ci mostra la cremazione di Cesare e la promessa delle scimmie di seguire il suo volere, Il regno del pianeta delle scimmie fa un balzo in avanti nel tempo di “diverse generazioni” mostrandoci un clan di scimmie pacifiche che si dedica all’allevamento e all’addestramento di aquile, che poi impiega nella caccia. Un clan affidato al comando delle scimmie più anziane di cui fa parte il padre di Noah, un giovane scimpanzè che insieme ai coetanei Soona e Koro deve affrontare il rituale di passaggio all’età adulta che consiste nella ricerca e accudimento di un uovo di rapace. Pur standone adeguatamente alla larga, Noah e i suoi amici sanno che oltre il confine del loro territorio vivono gli echo, ovvero quelli che un tempo erano gli esseri umani, ormai selvaggi e privi di parola, a volte aggressivi ma solitamente impauriti. Un giorno, però, una tribù di scimmie belligeranti trova e attacca il villaggio di Noah, saccheggiandolo e mettendolo a ferro e fuoco. La giovane scimmia è data per morta, mentre sua madre e i suoi amici vengono fatti prigionieri. Ora, il redivivo Noah deve affrontare un pericoloso viaggio oltre i confini della sua zona per salvare i suoi cari e lungo il cammino farà la conoscenza di un’umana decisamente diversa da quelli di cui lo scimpanzé ha sempre sentito parlare.

il regno del pianeta delle scimmie

Nell’esigenza di portare in scena nuovi personaggi e sviluppare nuove storie, Friedman e Ball tengono un punto fermo nel loro film: Cesare. Il leader delle scimmie che ha fatto la Storia della sua specie è ormai una leggenda che si tramanda di generazione in generazione. Lui non è necessariamente conosciuto dai più giovani, ma i suoi principi sono condivisi da tutte le scimmie, sono ormai il mantra che muove ogni tribù.

La costante presenza di Cesare a così tanti anni di distanza della sua morte ne continua a fare un vero e proprio personaggio del racconto, ma anche un capro espiatorio. Con un velato rimando alle religioni del mondo, diversi clan interpretano “la parola” di Cesare a modo proprio, perfino distorcendola per il proprio tornaconto personale, sottomettendo dei popoli di fedeli al proprio volere. Così, se il saggio Raka condivide l’essenza degli insegnamenti di Cesare per cui “scimmia non uccide scimmia” e “scimmie unite più forti”, il tiranno Proximus si autoproclama “nuovo Cesare” con l’intenzione di costruire un vero e proprio regno espandendosi e conquistando grazie alla vecchia (ma letale) tecnologia umana e per farlo utilizza proprio gli insegnamenti di un umano non regredito che ne sta facendo, di fatto, una scimmia-umana, nell’accezione negativa del termine.

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Dopo Koba, dunque, il notevole villain di Apes Revolution, incontriamo un’altra scimmia come avversario principale, ma è interessante notare che l’intervento umano – questa volta mutuato dalla tecnologia bellica ereditata – è sempre fondamentale a far nascere o alimentare i conflitti. Un eterno ritorno del principio di Caino e Abele che sembra non tener conto della specie, ma si autoalimenta in un terrificante loop che non conosce distopia o ucronia.

Nonostante questo quarto capitolo della saga sia concentrato per il buon 90% proprio sulle scimmie, buone e cattive, c’è una presenza minima di esseri umani, identificati con il nome di “echo”, che si avvicinano nell’aspetto regressivo a quelli che abbiamo visto nel classico del 1968. Ad eccezione di pochi che hanno preservato il proprio intelletto, tra i quali si contraddistingue Mae, la co-protagonista che il volto di Freya Allan di The Witcher, chiamata dalle scimmie Nova con altra grande citazione alla saga classica.

il regno del pianeta delle scimmie

Come spesso accade in queste opere che eleggono a protagonisti personaggi fantasy in CGI, l’elemento umano è il più debole e anche ne Il regno del pianeta delle scimmie l’umana intelligente Mae non è di certo il motivo d’appeal del film, anche se ha un ruolo fondamentale nello sviluppo narrativo. Al contrario, Noah (a cui dà le movenze il kinghiano Owen Teague di It e The Stand), è un ottimo protagonista, ovviamente lontanissimo da Cesare e dal leader che abbiamo conosciuto, ma pieno di umanità e capace di entrare immediatamente in empatia con lo spettatore.

Nei suoi 145 minuti di durata (il più lungo della saga), Il regno del pianeta delle scimmie si prende giustamente il tempo per sviluppare ogni aspetto della storia, anche se mostra una particolare predisposizione all’azione, maggiore dei precedenti film, con lunghe sequenze di spettacolari inseguimenti e combattimenti. Gli effetti speciali, che erano già ottimi nei precedenti film della saga, qui sono ad un livello incredibile di fotorealismo e di integrazione tra personaggi rielaborati in CGI con gli ambienti reali, così come l’interazione con gli attori in carne e ossa è pressoché perfetta.

il regno del pianeta delle scimmie

Oltre a quelle già indicate, non mancano altre citazioni e strizzate d’occhio al film del 1968, un turning point a cui si sta ormai avvicinando la storia di questa saga prequel; e se le musiche di John Paesano ad un certo punto utilizzano dei momenti particolari della colonna sonora di Jerry Goldsmith, anche un preciso momento del film ne richiama uno analogo di quello di Franklin J. Schaffner, con alcune svolte che alludono proprio agli eventi del film originario (e forse del suo primo sequel!).

Insomma, la saga prequel de Il pianeta delle scimmie rimane su livelli qualitativi incredibilmente alti e anche questo quarto film ci mostra una maturità di fondo ben al di sopra la media delle saghe a cui assistiamo oggi. C’è da dire che, nonostante una leggera disneyzzazione in confronto ai due film di Matt Reeves, Il regno del pianeta delle scimmie resta fondamentalmente un film per adulti, senza alcun compromesso a scemenze varie che possano assecondare i più piccoli e vendere giocattoli, quindi c’è quella seriosità di fondo che assicura uno spettacolo maturo e coerente con il passato. Pericolo scampato.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una prosecuzione naturale e coerente di una storia che poteva anche considerarsi conclusa.
  • La gestione dei tempi narrativi e dei personaggi.
  • Gli incredibili effetti speciali.
  • L’umana co-protagonista non è brillantissima, più vicina per carisma alla famiglia di umani di Apes Revolution.
  • Qualcuno potrebbe reputare noioso il fatto che il film sia al 90% popolato da scimmie con una presenza davvero minima degli umani. Ma, ehi, si intitola Il regno del pianeta delle scimmie!
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