I’m Not Okay With This: i super problemi dei super-eroi
Dopo il discreto successo di The End of the F***ing World, Netflix ha ripescato dall’opera omnia del fumettista Charles Foreman e ha ri-assegnato la creazione della trasposizione della graphic novel I’m Not Okay With This al regista Jonathan Entwistle (The End of the F***ing World, Vanity Fair, Human Beings). Il 26 febbraio 2020 dunque è stato pubblicato questo nuovo prodotto young adult: appurata per tutti sia la bravura di Foreman che di Entwistle nel riportare le problematiche giovanili, le aspettative su questa nuova serie erano molto alte, ma qualcosa è andato storto.
Sidney Novak (Sophia Lillis) è una diciasettenne schiva e introversa; dopo il misterioso suicidio del padre, la sua vita ha preso una brutta piega: vive con il fratellino Liam (Aidan Wojtak-Hissong) e una madre stanca che fa i doppi turni al lavoro, la sua unica amica è Dina (Sofia Bryant) ma quando questa si fidanza con Bradley (Richard Ellis), il quaterback della scuola, il loro rapporto si incrina e Sidney si ritroverà a stringere amicizia col suo bizzarro vicino di casa Stanley (Wyatt Oleff).
Dal momento in cui le cose nella sua vita cominciano a incrinarsi, Sidney nota di avere dei poteri telecinetici che si scatenano quando è sotto pressione, precisamente sotto forma di vere e proprie esplosioni di energia; Stanley è involontariamente testimone di uno di questi e decide dunque di aiutare la ragazza, mentre nell’ombra un misterioso individuo incappucciato li tiene d’occhio.
Come si può dedurre dalle premesse, la trama presentava una serie infinita di potenzialità ma il tutto è stato annacquato in sette episodi da venti minuti ciascuno per poi finire con un cliffhanger clamoroso; si è capito che si voleva fare un prologo ben strutturato in modo dare la migliore caratterizzazione psicologica alla protagonista e forse renderla più attraente per il pubblico giovane a cui è riferito ma si sono sbagliati i tempi e i ritmi della narrazione, che in certe parti è interrotta da digressioni che non portano ad alcun arricchimento.
Rimanendo sulle noti dolenti, non possiamo non citare la recitazione imbalsamata di Sophia Lillis (Sharp Objects, Nancy Drew e il passaggio segreto, IT), che se non avesse dato una prova credibile del suo talento recitativo con IT, avrebbe potuto compromettersi la carriera: la sua fisionomia dai tratti sottili e la carnagione pallida le viene in soccorso nelle scene di sconcerto e sofferenza interiore di cui la serie è piena e cercano di mettere una pezza laddove la sua mimica facciale lascia a desiderare. Rispetto a lei vengono invece esaltati gli altri comprimari come Stanley e le sue fragilità, esaltate dal bravo Oleff (Guardiani della Galassia, IT) e le credibili facce sconcertate di Sofia Bryant (The Good Wife, Blue Bloods, The Code).
La sceneggiatura delle prime due puntate è abbastanza coinvolgente, la voce narrante di Sidney riesce a introdurre il lettore nella bolla depressiva in cui è chiusa la protagonista a mano a mano che gli eventi prendono piede l’abulia della ragazza, interrotta da attacchi di malumore, diventa sempre più irrealistica mentre il personaggio di Stanley, nella sua eccentricità, riesce a mostrare un’elaborazione delle emozioni più umana, tanto da rubare la scena alla protagonista e diventare fondamentale tenere viva l’attenzione dello spettatore sulla misteriosa origine di questi poteri.
Occorre anche evidenziare che i problemi quotidiani di questi teenagers riescano a catturare più dei vari misteri sparpagliati nella trama: non mancano delle vere e proprie citazioni al cinema di genere come Breakfast Club, IT ( la scelta degli interpreti non è casuale) o gli stessi Stranger Things (ragazzini nerd che sono esperti di para-normale) e The End of the F***ing World; a quest’ultimo fa riferimento il tipo di atmosfera nichilista e vagamente inquietante che aleggia nei corridoi delle scuole e nelle solitarie strade tra le case dei protagonisti.
I déjà-vù abbondano quindi nella scenografia: gli spazi chiusi come le case disordinate, le mense traboccanti, i negozi coloratissimi sembrano restringersi addosso ai protagonisti, nella stessa misura in cui i vicoli bui vicino alla fermata del treno e la sala da bowling fanno sorgere il dubbio che ci sia qualcuno che scruta i personaggi.
Il messaggio di fondo è comunque gestito bene: l’irruenza dei poteri di Sidney è una grande metafora della tempesta interiore che c’è nei cuori di tutti gli adolescenti con disagi familiari la cui paura di essere incompresi non li spinge a chiedere aiuto ma a complicare le cose. La protagonista deve dunque fare un percorso interiore, per il bene di tutti, per calmare i propri demoni interiori; in questo non è sempre facilitata da chi le sta attorno ma forse si vedranno sviluppi migliori nella seconda stagione.
Quindi si potrebbe dare una chance a questa prima stagione-prologo e vedere quali sorprese attendono i protagonisti.
Ilaria Condemi de Felice
Bravissima cone sempre Ilaria…incisiva e attenta.
brava ,chiara e lineare nell’analisi dei personaggi,della loro anima e della filosofia che guida la vicenda.complimenti