La casa di famiglia, la recensione
Nonostante il successo ormai evidente agli occhi di tutti di altri generi come il thriller e i gangster movie, il cinema italiano continua imperterrito a puntare sulla commedia, come dimostrano i numeri relativi alla produzione e distribuzione di film di questo tipo e la tendenza a far esordire giovani registi ancora affascinati da questo genere. L’ultimo nome in ordine di tempo è quello di Augusto Fornari il quale, dopo una lunga attività di attore e autore teatrale, fa il suo esordio alla regia con La casa di famiglia. Un battesimo bagnato in maniera sufficiente grazie ad una commedia che stenta a prendere quota e ritmo, ma che in fin dei conti si rivela riuscita, divertente e caratterizzata da un buon lavoro sui personaggi e su una storia che sa strappare più di qualche risata sana e divertita, nonostante difetti evidenti e fisiologici dati dall’inesperienza di Fornari.
Un risultato soddisfacente raggiunto anche grazie alla felice scelta di un cast che vede al suo interno Lino Guanciale, Stefano Fresi, Libero De Rienzo, Matilde Gioli, Luigi Diberti e Toni Fornari.
Alex è un eterno Peter Pan irresponsabile e dagli atteggiamenti leggeri; Giacinto un uomo d’affari serio e senza affetti; Oreste un musicista che ha rinunciato al suo lavoro da direttore d’orchestra per seguire il suo sogno di comporre un’opera tuta sua; Fanny, infine, è una donna fragile che non si è mai più ripresa dall’abbandono del suo fidanzato. Quattro persone molto diverse accomunate, però, dal fatto di essere fratelli e di aver venduto la casa di famiglia mentre il loro padre, Sergio, era in coma ormai da cinque anni. Quando l’uomo tuttavia si risveglia, i quattro sono costretti a fare i salti mortali per nascondere all’uomo l’amara verità.
Il grande punto di forza de La casa di famiglia, dunque, risiede nell’ottimo lavoro che viene fatto sui personaggi e il tratteggiamento delle loro psicologie ed evoluzione. Ognuno di loro ha un ruolo ben preciso all’interno della storia, conosce un percorso di crescita e cambiamento coerente e ben delineato e, soprattutto, riesce a esprimere una carica comica che sfocia in gag divertenti e mai sopra le righe. Quest’ultime, poi, riescono bene anche grazie ad una sceneggiatura caratterizzata da dialoghi ben calibrati, sagaci e intrisi di un’ironia che, seppur spiccia e telefonata in alcuni casi, risulta comunque efficace e funzionale.
Grande merito, come detto, va anche ascritto a un cast di attori che sanno dare il giusto peso scenico ai personaggi, tra tante conferme come Lino Guanciale, Libero De Rienzo e Stefano Fresi e la grande sorpresa rappresentata da Tino Fornari, fratello del regista, che veste i panni di un personaggio all’apparenza marginale, ma che si impone sempre più con il passare dei minuti divenendo un personaggio chiave della storia.
Niente di memorabile e i difetti ci sono, sia chiaro, ma La casa di famiglia è senza dubbio un esordio interessante e un biglietto da visita per un regista che ancora può migliorare tanto dal punto di vista più strettamente stilistico.
Vincenzo de Divitiis
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