L’uomo invisibile, la recensione

The Invisible Man

Tre le tante paure presenti nell’animo umano, una delle più comuni e ataviche è quella dell’ignoto, il terrore della minaccia invisibile che può colpirci da un momento all’altro senza poter essere evitata, un po’ come sta accadendo in questo nefasto periodo segnato dal subdolo pericolo del “coronavirus” che sta sconvolgendo le nostre vite. Una sensazione di impotenza che non poteva lasciare indifferenti il mondo della letteratura e del cinema horror che fin dalle origini, assieme alle figure iconiche e folkloristiche di vampiri, fantasmi, streghe e lupi mannari, ha dato vita a tutta una serie di prodotti incentrati sul tema dell’invisibilità. Prendendo come canovaccio il romanzo di fine Ottocento L’uomo invisibile di H.G. Wells, sono state molte le versioni cinematografiche che raccontano di smanie di potere e orrore legati al tema dell’invisibilità, tra cui citiamo il classico della Universal Pictures diretto da James Whale nel 1933 e quella datata 2000 di Paul Verhoeven, che hanno giocato anche sul tema ricorrente dello scienziato pazzo che sfida Dio per sovvertire le leggi della natura e della vita.

Una tematica affascinante e sempre attuale, dunque, dalla quale attinge anche BlumHouse che con uno dei suoi uomini più fedeli e produttivi, Leigh Whannell, propone in questo 2020 maledetto caratterizzato, come detto, dalla diffusione di un virus mortale (a proposito di temi molti cari al cinema horror!) una versione moderna de L’uomo invisibile. Il lavoro del regista e sceneggiatore australiano, tuttavia, si discosta dalla massa dei prodotti medi targati Jason Blum e sorprende in senso positivo in quanto riprende soltanto il mito di cui sopra per adattarlo ad una riflessione profonda e accorata sulla violenza sulle donne, e su come uno stalker può rovinare la vita della sua vittima e dei suoi cari, sia dal punto di vista fisico che soprattutto psicologico. Il tutto condito da una regia decisa e dinamica e un lavoro di scrittura che ben descrive la drammaticità di tale situazione e offre la possibilità di denunciare una delle piaghe della nostra società, senza però prendere posizioni nette esposte con toni banali e stereotipati.

The Invisible Man

Afflitta e distrutta moralmente da una relazione che l’ha ormai resa succube e svuotata della sua personalità e libertà, Cecila decide di fuggire di notte dall’abitazione in cui vive con Adrian, un imprenditore nel campo ottico tanto brillante quanto capace di manipolare le menti altrui. La donna ritrova a fatica la giusta serenità grazie all’aiuto della sorella e di un amico di vecchia data e, soprattutto, grazie alla notizia della morte del suo ex compagno… ma il passato è sempre pronto a bussare alla porta di Cecila! Adrian, infatti, torna a manifestarsi dapprima attraverso una ricca eredità e poi inizia a tormentare la donna con episodi ed eventi misteriosi ed inquietanti. È tutto reale o questi episodi nascono dalla mente traumatizzata della donna? E soprattutto, quale piano malefico celano?

Cresciuto all’ombra di uno degli uomini simbolo della Blumhouse, James Wan, il cui sodalizio artistico risale fin dai tempi della saga di Saw ed è proseguito con gli episodi di Insidious, Whannell ha intrapreso in questi ultimi anni un percorso da regista che lo ha visto maturare film dopo film con uno stile personale e indipendente da quello del suo “maestro”. Si perché se con il modesto Insidious 3: l’inizio lo sceneggiatore di Saw si adagiava sui binari di un classico horror commerciale, e con il brillante Upgrade esplorava con più originalità i territori dello sci-fi, con L’uomo invisibile realizza la sua opera migliore, senza dubbio la più completa e profonda dal punto di vista visivo e dei contenuti.

The Invisible Man

Tale risultato viene raggiunto, innanzitutto, grazie ad un notevole lavoro in fase di scrittura, con un plot solido in cui i singoli pezzi del puzzle concorrono a creare una storia dura nei toni e che ben trasmette lo stato di angoscia in cui piomba la protagonista. Proprio l’attenzione con cui è tratteggiata quest’ultima rappresenta il vero fiore all’occhiello del film in quanto la psicologia di Cecilia si evolve, si sgretola con l’andare avanti delle torture inflitte e sprofonda in un baratro di follia che ad un certo punto crea quasi il dubbio se tutto ciò che lei sente e vede sia vero o soltanto frutto della sua immaginazione. Uno stato di disorientamento acuito dalla grandissima prova di Elisabeth Moss, la cui mimica facciale e intensità contribuiscono nel dar peso al suo personaggio, facendo si che una buona metà del film gravi proprio sulla sua performance; così lo spettatore arriva con facilità a immedesimarsi con la protagonista e a perdere anch’egli ogni riferimento logico e appiglio mentale. Convincono anche i personaggi minori, ben più di semplici pedine, bensì figure chiave nello svolgimento della storia.

Da evidenziare anche la regia attenta dell’autore australiano e la sua bravura nel gestire la tensione attraverso scene che incutono timore e spavento, senza però adagiarsi sui classici stilemi del genere tanto cari alla sua “casa madre”; anzi spesso ricorre all’utilizzo ponderato di effetti visivi e sonori davvero inquietanti.

L'uomo invisibile

L’unica nota negativa de L’uomo invisibile proviene da una parte finale che sfocia nel b-movie, cosa che se da un lato farà contenti gli appassionati del genere ed evidenzia le buone doti di Whannell nelle scene d’azione, dall’altro stona con l’approccio intimista e da thriller psicologico del resto del film.

Al netto di tutto ciò, L’uomo invisibile si impone come uno dei migliori titoli thriller/horror dell’ultimo periodo e conferma Whannell come uno dei registi più promettenti del momento.

L’uomo invisibile è disponibile da venerdì 27 marzo in esclusiva VOD sulla piattaforma Chili Cinema.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Sceneggiatura solida che ben dipinge la drammaticità della storia.
  • Personaggi ben scritti e tratteggiati con attenzione.
  • La straordinaria interpretazione di Elisabeth Moss.
  • Una parte finale che scade un po’ troppo nel b- movie.
  • Una durata leggermente eccessiva.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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