Insidious 3: L’inizio, la recensione

Iniziata nel 2010, con il magnifico film a basso budget dello specialista James Wan, la saga di Insidious si è immediatamente imposta nell’immaginario orrorifico cinematografico portando nelle tasche dei produttori Jason Blum e Oren Peli (quelli di Paranormal Activity, per intenderci) dei bei soldoni che hanno confermato la tendenza vincente di produrre horror a basso costo. L’altrettanto ottimo successo dell’altrettanto buono Oltre i confini del male: Insidious 2 ha spinto Blum e Peli a mettere in cantiere un numero tre e, come del resto era annunciato nell’epilogo del capitolo due, Insidious 3: L’inizio cambia storia e personaggi.

Ma oltre all’assenza degli attori Patrick Wilson e Rose Byrne, è rimasto fuori anche il regista James Wan,  impegnato sul travagliato set di Fast & Furious 7; così si è deciso di andare (di poco) indietro nel tempo per raccontare una vicenda che si ambientasse prima del film del 2010. Espediente che permettesse così di recuperare un volto caro ai fan della saga, il personaggio dell’ormai defunta medium Elise Rainier. Per la regia, invece, è stato assoldato l’esordiente Leigh Whannell, già sceneggiatore e interprete dei primi due film, nonché collaboratore di Wan fin dai tempi di Saw – L’enigmista. Il regista malese, invece, è rimasto in veste di produttore e i più attenti potranno anche riconoscerlo sullo schermo, visto che compare in un cammeo.

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Questa la cronistoria che ha portato a Insidious 3: L’inizio, un horror che non riesce a soddisfare in pieno la voglia di brivido dell’appassionato, e pur risultando gradevole come prodotto a se stante, mostra un distacco qualitativo notevole in confronto ai due capitoli che l’hanno preceduto.

La storia è quella della giovane Quinn Brenner, orfana di madre che sente la genitrice parlarle nel buio della sua cameretta. Convinta che la defunta voglia dirle qualche cosa, Quinn decide di rivolgersi alla medium Elise Rainier, che tentando di mettersi in contratto con la donna morta, fa invece si che uno spirito maligno si aggrappi all’anima dell’adolescente. Per la giovane sarà l’inizio di un vero incubo.

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Insidious 3: L’inizio comincia come un film di fantasmi simile a molti altri, sia per situazioni che per atmosfere, anche se c’è da dire che le scene di tensione funzionano benissimo con momenti di suspense architettati con grande senso del ritmo e una perfetta gestione delle inquadrature che mostra una notevole conoscenza di Whannell della materia. Anche l’idea di non riproporre una struttura uguale a quella dei due film precedenti è, in un certo senso, un pregio, così come la scelta di creare una nuova minaccia che non sia ne il demone con il volto rosso del primo film, ne la Sposa in Nero del secondo (anche se entrambi compaiono brevemente). Il villain stavolta ha l’aspetto di un degente dell’ospedale, con tanto di respiro affannoso e maschera per l’ossigeno perennemente in volto; la sua immagine è meno efficace soprattutto della precedente Sposa in Nero, ma ha comunque una sufficiente portata orrorifica.

Quello in cui Insidious 3 non funziona, fino a renderlo un prodotto marginale e non troppo riuscito, è il momento in cui si ricorda di essere parte di una saga e cerca di uniformarsi ai due precedenti. Nella sua seconda parte entrano in scena i ghostbusters Tucker e Specs, Elise diventa centrale e continuano i viaggi nell’Altrove, la dimensione dei morti caratteristica della saga. Le bellissime e inquietanti scenografie dell’aldilà viste nei primi due Insidious cedono il passo a un ambiente fin troppo spoglio e squallido che suggerisce un ancor più marcato low budget e anche la fantasia che sta dietro il look degli abitanti dell’Altrove appare notevolmente ridimensionata. Come se non bastasse, la sequenza nell’Altrove è frettolosa e in un paio di occasioni finisce nel risultare trash, con l’anziana Elise che si fa improbabile action woman contro i fantasmi.

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Brava la giovane Stefanie Scott, che presto rivedremo tra le protagoniste di Jem e le Holograms, nel ruolo della vittima protagonista, così come si conferma professionale la rediviva Lin Shaye nei panni della medium, che qui conosce per la prima volta i futuri soci Specs e Tucker, ancora interpretati dai simpatici Leigh Whannell e Angus Sampson.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Le scene di spavento funzionano benissimo.
  • La giovane protagonista è brava.
  • Per essere un prodotto tirato su in fretta, ha una portata più che dignitosa.
  • La seconda parte è troppo frettolosa e vistosamente dettata dalla necessità di legarsi al franchise.
  • In alcuni momenti scade nel trash involontario.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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