Natale all’improvviso, la recensione

Gli americani sono avanti su ogni cosa, perfino sui cinepanettoni. Natale all’improvviso, firmato dalla regista Jessie Nelson (Mi chiamo Sam, Nemiche Amiche), preferisce uscire a metà novembre per evitare la guerra natalizia al cinema ma risulta comunque un disastro al box-office americano, e non crediamo che sia colpa solo dell’eccessivo anticipo dei tempi.

Il film è esattamente tutto quello che ci si aspetta da una commedia americana sotto l’albero: cast all star, un cane adorabile, tanta neve, una fotografia ed una scenografia che sembrano usciti da un’agenzia turistica. La narrazione ricalca le scelte dei film corali di Gary Marshall come Appuntamento con l’amore e Capodanno a New York: i personaggi della famiglia Cooper sono sparsi un po’ ovunque ma alla fine si ritrovano tutti alla stessa tavola imbandita per la vigilia di Natale.

Charlotte (Diane Keaton) vuole un ultimo perfetto Natale per tutta la sua famiglia, anche a costo di mentire a tutti coloro che ama: un matrimonio che sta per finire, una sorella in crisi di mezza età e figli sconclusionati popolano il Natale in casa Cooper. I personaggi sono ben presentati, più o meno tutti hanno i giusti tempi e motivazioni ma mancano sostanzialmente di originalità: vedendo il film pensiamo che potrebbero tranquillamente essere personaggi di un film di Natale di dieci anni fa.

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La famiglia Cooper risulta tenera ma sostanzialmente molto poco attuale. La nostra preferita è stata la sorella con i complessi d’inferiorità interpretata da Marisa Tomei , Olivia Wilde è quanto mai canonica (e siamo buoni), la coppia, seppur brava, formata da Diane Keaton e John Goodman non emoziona mai veramente e non riusciamo proprio a capire il personaggio di Amanda Seyfried. Inoltre, ogni volta che la sceneggiatura prova ad andare un po’ oltre la commedia standard i risultati sono sempre instabili: nessun personaggio rimane coerente con se stesso e cambia idea ogni cinque minuti, in una frase potremmo dire che è un film di personaggi bipolari.

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Natale all’improvviso desidera essere in qualche modo profondo: si vede dalla scelte stilistiche, dai tempi dei dialoghi ed anche dalle parti comiche. Per fortuna non c’è traccia delle gag volgari che popolano il nostro cinema natalizio, ma si decide di ridere molto poco e non troppo bene. Jessie Nelson voleva dirigere più di una commedia ma il risultato non è stato degno del proposito.

La scelta narrativa che più abbiamo apprezzato, anche nella sua semplicità, è stata quella di raccontare i natali passati dei vari protagonisti (vedi Dickens): flashback di pochi istanti che riescono a farci immedesimare meglio con il tripudio di personaggi e mostrare che i ricordi legati alle festività, belli o brutti che siano, sono difficili da dimenticare.

“Natale è quel momento dell’anno in cui si dovrebbe provare gioia e conforto e invece tutti entrano nel panico. Come se si potesse programmare la felicità”: questa frase era un ottimo punto da cui partire ma, non riuscendo a tirare le fila dei vari discorsi (e personaggi), ci si riduce ad un falsissimo “vogliamoci bene sempre e comunque”. Tutti si amano senza un se e senza un ma. Il problema non è l’happy ending onnipresente (saremo delle cattive persone a non volere il lieto fine almeno a Natale) ma la poca volontà di rendere la narrazione in qualche modo verosimile.

Un Natale molto prevedibile e canonico ma non per questo fastidioso o mal confezionato. I fan dei film corali e dei buoni (e facili) sentimenti lo troveranno più che piacevole ma se cercate qualcosa di innovativo per queste festività non troverete pane per i vostri denti.

Matteo Illiano

PRO CONTRO
  • L’idea di raccontare i Natali passati per comprendere quello presente è stata un’idea semplice ma vincente.
  • Il personaggio di Marisa Tomei appare il più riuscito della pellicola. Cane escluso naturalmente.
  • I personaggi da manuale rendono la narrazione estremamente prevedibile.
  • Le situazioni raccontate possono appartenere anche ad un Natale di 10 anni fa; si sente la mancanza di situazioni legate al vissuto contemporaneo.
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