Peaky Blinders: il crime pop-chiccoso della BBC

Era il 2014 quando la BBC presentò Peaky Blinders, la miniserie da sei episodi di un’ora ciascuno scritta da Steven Knight (Taboo, Allied: Un’ombra nascosta) e diretta dal fior fiore dei registi inglesi dell’ultima generazione  (Colm McCarthy, Tim Mielantis, David Caffrey, Anthony Byrne, Otto Bathurst, Tom Harper); probabilmente nessuno si sarebbe aspettato che questo show, partito come prodotto televisivo abbastanza targettizzato, dal taglio “serioso” e la durata inferiore a una qualsiasi trilogia cinematografica, avrebbe ottenuto un consenso di pubblico così vasto da far acquisire i diritti delle successive stagioni a Netflix.

La critica è divisa nel decidere se il merito di questo successo sia da ricercare nell’impeccabile accuratezza tecnica o nella sceneggiatura, che ci ha regalato dei personaggi indimenticabili.

La storia comincia nella Birmingham del 1919: nei pub affollati dai reduci di guerra e dagli operai appena usciti dalle grigissime fabbriche di carbone, che si giocano i pochi soldi che hanno guadagnato scommettendo sulle corse dei cavalli.

Peaky Blinders

Thomas (Cillian Murphy), Arthur (Paul Anderson) e John Shelby (Joe Cole) sono tre fratelli reduci della Grande Guerra che gestiscono una bisca clandestina nel retro di un pub del quartiere di Small Heath; orfani di madre e con un fratello più piccolo da crescere, il giovane Finn, sono aiutati dalla zia Polly (Helen McCrory), la sorella del padre che li ha abbandonati.

Il secondogenito Thomas gestisce tutti gli affari, poiché il fratello maggiore, Arthur, soffre di una grave forma di disturbo post traumatico da stress a seguito del rientro dal fronte; nella prima stagione i fratelli cercheranno di fare nuovi affari con le corse di cavalli gestite da Billy Kimber (Charlie Creed-Miles) e al tempo stesso non farsi arrestare dal nuovo ispettore di polizia, Chester Campbell (Sam Neill), capace di tutto pur di assicurare i criminali alla giustizia.

Peaky Blinders

Nel corso delle cinque stagioni disponibili su Netflix vedremo i Peaky Blinders – così chiamati per via delle lamette che nascondono nei cappelli e che usano come armi in caso di necessità – tentare una pericolosa scalata al successo che li vedrà coinvolti con pesci sempre più grossi, sia della malavita organizzata che della politica, in un climax di intrighi, strategie e azione da lasciare col fiato sospeso.

Sarebbe quasi blasfemo sorvolare sull’accuratezza tecnica della scenografia e della fotografia: i quartieri piovosi, a ridosso dei canali della Birmingham di primo Novecento, sono avvolti in una costante luce pallida che illumina di malinconia i volti degli stanchi avventori dei pub, in un turbinio di colori spenti ma variegati; ogni location è “riempita” da oggetti d’epoca che incorniciano le titaniche personalità dei protagonisti primari e secondari, addobbati da costumi che potrebbero ispirare le prossime collezioni autunno-inverno dei migliori stilisti.

Peaky Blinders

Nonostante la professionalità della direzione artistica occorre comunque ammettere che il merito di tutto va alla scelta degli interpreti e soprattutto delle guest stars che hanno creato una narrazione veramente character driven: lo spettatore non riesce a levare gli occhi di dosso a Tom Shelby né quando mette in atto i suoi diabolici piani né quando sorseggia il suo whisky in una stanza desolata.  Cillian Murphy e i suoi tratti eterei sono sembrati sin da subito una scelta azzeccata per la produzione ma è stato il suo talento recitativo a dare fascino al personaggio tanto tormentato quanto ponderato come quello Thomas Shelby: nella sua quasi titanica ascesa al potere vi è la tipica e intaccabile solitudine dei grandi personaggi; come un Capitano Achab non esita a passare sopra ai sentimenti dei suoi stessi parenti pur di mettere in atto le sue azzardate strategie.

Peaky Blinders

Grazie a un narrazione molto verosimile, vedremo comunque che i demoni interiori di Tom si faranno sentire sempre più, sino all’ultima scena cliffangher della quinta stagione; la sua grandezza di sofoclea memoria risalta anche grazie alle nevrotiche interpretazioni dei gangster di cui si circonda, primo fra tutti il fratello Arthur, di cui Paul Anderson ci dà un’introspezione struggente, e il baldanzoso John, con un Joe Cole che sembra veramente forgiato dal ghetto.

Ma le ciliegine su questa torta di stili narrativi dalla glassa gangster e il retrogusto romance sono le guest stars che in ogni stagione presentano dei villain iconici: nella quarta vediamo brillare Adrien Brody come gangster italoamericano fascinoso e spietato ma il pubblico si è affezionato maggiormente all’Alfie Solomon logorroico e spregiudicato di Tom Hardy, pilastro dell’intreccio delle sottotrame comiche e stranamente non nominato per nessun Emmy.

Peaky Blinders

In attesa della sesta stagione, si consiglia un binge watching professionale per coloro che ancora non hanno scoperto questo gioiello mainstream.

Ilaria Condemi de Felice

VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.