Snowden, la recensione

Si sta sviluppando una tendenza al cinema che sembra non portare nulla di buono al macro-genere dei biopic, ovvero raccontare le vite di quei personaggi che hanno creato dibattito a livello di costume o cronaca ma che sono assolutamente inadeguati ad essere portati sul grande schermo. Si tratta di personaggi pubblici per scelta o per “errore” che hanno una vita ordinaria, noiosa – potremmo dire da spettatori – e particolarmente anti-cinematografica, su cui, però, si ostinano a far film. È successo due volte con Steve Jobs, una volta con Julian Assange e una volta con Mark Zuckerberg e forse proprio nel film di David Fincher possiamo trovare l’innesco della miccia. Ma se The Social Network aveva una costruzione narrativa avvincente e riusciva a trasformare una persona in un personaggio, andando quindi incontro alle esigenze cinematografiche, così come, tra i molti difetti, Steve Jobs di Danny Boyle aveva “stile”, tutto il resto è fuffa. Ed è proprio in quella amalgama che si inserisce l’ultimo film di Oliver Stone, Snowden, selezionato in concorso all’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma e incentrato sulla figura “scomoda” di Edward Snowden.

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Il film, anche co-sceneggiato da Stone insieme a Kieran Fitzgerald, si sviluppa dai libri The Snowden Files di Luke Harding e Time of the Octopus di Anatoly Kucherena e porta avanti un discorso atto a celebrare l’immagine dell’ex tecnico informatico della CIA come se si trattasse di un (super)eroe. Il film prende l’argomento molto alla larga, mostrandoci un giovane e antipaticissimo Ed Snowden alle prese con l’addestramento militare, che da buon nerd smanettone tutto anime e computer non riesce a portare a termine con successo. Ma il suo talento viene notato dai “piani alti” e questo ragazzetto magrolino e occhialuto realizza il suo personale ‘american dream’ cominciando a lavorare per la CIA. Contemporaneamente, il film segue la vita privata di Snowden e il suo rapporto con la studentessa Lindsay, conosciuta – ovviamente – su internet e di cui si innamora. Poi quello che tutti sappiamo, con la scoperta di segreti riguardanti il traffico di informazioni private da parte del governo degli Stati Uniti e la decisione di Snowden di craccare i server dell’Intelligence e rendere pubblico il fatto, facendo scoppiare un “caso” di interesse internazionale.

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Come si diceva, alcuni argomenti e alcune “vite celebri” sono altamente anti-cinematografici e la scelta di raccontarli per immagini ha bisogno di un lavoro di adattamento scrupoloso che non può limitarsi alla semplice proposizione dei fatti perché, inevitabilmente, si rischia di fare un lavoro piatto e noioso. Snowden è questo: un film che racconta il noto, ciò che aggiunge (la storia d’amore) è banale e goffo, non ha ritmo e non riesce a rendere il protagonista emozionalmente vicino allo spettatore. Quest’ultimo dato è particolarmente significativo perché Snowden ha un intento celebrativo talmente marcato e ampiamente carico di retorica che, come minimo, avrebbe dovuto proporre un’immagine del protagonista accattivante. Invece l’Ed Snowden, interpretato con il consueto buon mestiere dal bravo Jospeh Gordon-Levitt, risulta antipatico e difficilmente capace di creare empatia con lo spettatore. La sua costruzione ricorda molto quella dello Zuckerberg di Fincher, solo che in quel caso si trattava di un film super-partes e sottilmente critico, in questo decisamente no.

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Oliver Stone, che non realizza un film capace di lasciare il segno da almeno un ventennio, qui non è troppo riconoscibile e se alcuni dettagli atti a raccontare la situazione politica del suo Paese in quei tempi ci rimanda al vero Stone, tutto il resto sa quasi di filmetto su commissione diretto con la mano sinistra. Anche la scelta di portare sullo schermo il vero Edward Snowden, attualmente rifugiato in Russia, non sembra una scelta cinematograficamente azzeccata, capace di accentuare quella distanza dallo spettatore proprio nelle fasi finali.

Peccato, Snowden sarebbe potuto essere un bel documentario, invece è solo un brutto film.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La solita impeccabile interpretazione di Joseph Gordon-Levitt.
  • Piatto e noioso nel suo proporre una vicenda poco cinematografica senza un adeguato adattamento filmico.
  • Eccessivamente retorico.
  • Le poche soluzioni cinematografiche sono incredibilmente banali.
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Snowden, la recensione, 4.0 out of 10 based on 1 rating

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