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La signora dello zoo di Varsavia, la recensione
Diretto da Niki Caro, regista e sceneggiatrice neozelandese, La signora dello zoo di Varsavia racconta la vera storia di Antonina Zabinski, eroina della Seconda Guerra Mondiale. Siamo nel 1939 in Polonia, patria di Antonia e del marito, il dottor Jan Zabinski. Innamorati e devoti l’uno all’altra, si occupano insieme dello lo zoo di Varsavia che attraversa un felice momento, di grande affluenza e riconoscimento, sia da parte della popolazione locale che a livello internazionale.
Renegades – Commando d’assalto, la recensione
Ah, il buon cinema avventuroso di una volta… quando i buoni erano buoni, i cattivi spregevoli, la storia d’amore faceva capolino tra una sparatoria e un inseguimento e trionfavano i buoni sentimenti, sempre e comunque. Renegades – Commando d’assalto punta proprio a quell’idea di cinema di genere d’antan che negli anni è andato a perdersi, a causa di un pubblico più smaliziato che ha trovato nella contaminazione dei caratteri dei personaggi e nella grandiosità dell’azione e degli effetti speciali un nuovo gusto per lo spettacolo di genere. Eppure il tenace Luc Besson, reduce dal non esaltante (in termini di botteghino) Valerian e la città dei mille pianeti, sogna di ridare corpo a quel cinema lì, almeno idealmente, e così scrive e produce un action-bellico dal sapore avventuroso che ricorda proprio il cinema di una volta.
Leatherface, la recensione
Arriva un momento in ogni grande saga horror in cui le idee finiscono. È una questione fisiologica: dopo 5, 6, 7 film, ci si comincia ad arrampicare sugli specchi. Qualcuno sceglie di far scontrare i villains rappresentativi del franchise con improbabili nemesi o tra di loro, qualcun altro si abbandona all’inevitabile remake e poi c’è chi esplora le origini con immancabili prequel. A quest’ultima soluzione ci sono passati un po’ tutti, da Freddy Krueger con sprazzi nel sesto film a Michael Myers nella versione di Halloween firmata da Rob Zombie, fino a Pinhead e i suoi cenobiti con frammenti di passato nel terzo e quarto film della saga di Hellraiser. All’appello mancano giusto due “mostri”, Jason di Venerdì 13, di cui però il passato lo conosciamo bene fin dal primo film attraverso flashback e racconti, e Leatherface di Non aprite quella porta, la cui storia è sempre stata un po’ fumosa a causa di un caotico andirivieni all’interno della saga, dove tra reboot, remake e sequel “traditori” si è riscritta di continuo la mitologia e l’albero genealogico.
Autopsy, la recensione
Il genere horror va a periodi, ormai lo abbiamo appurato. Un sali-scendi con momenti fiorenti in cui vengono prodotti film di un certo peso destinati a incidere la storia del cinema, alternati ad altri in cui sembra che questo magnifico genere stia stagnando in attesa di morire definitivamente. L’attuale periodo è proprio quello di stasi che mette in depressione qualsiasi horrorofilo, rappresentato da rare uscite cinematografiche e, in generale, di qualità abbastanza modesta. È per questo che l’uscita di un film come Autopsy, che in originale titola The Autopsy of Jane Doe, ci rende particolarmente euforici, perché abbiamo a che fare con un Signor horror, uno dei quei piccoli grandi film che sappiamo segnerà in qualche modo il genere.
Autobahn – Fuori controllo, la recensione
Il cinema action, in questi ultimi anni, sta subendo un processo di trasformazione che lo sta trasfigurando in un genere aperto a molte contaminazioni. L’industria cinematografica sta sperimentando e tra le acrobazie d’autore di Mad Max: Fury Road, i furiosi e violentissimi combattimenti di The Raid e le ipercinetiche follie in POV di Hardcore!, stiamo assistendo davvero a una riqualificazione del genere. Questa tendenza è data anche dalla nascita di nuove vere icone dell’action che si stanno affermando a livello mondiale come è accaduto in passato a nomi come Jackie Chan, Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Jean-Claude Van Damme… infatti oggi i vari Dwayne Johnson, Vin Diesel, Jason Statham, Donnie Yen e Tony Jaa riescono a rinverdire lo star-system action con una tale forza da non far rimpiangere gli amati precursori. Non è un caso se i più grandi successi in termini di botteghino di questi ultimi anni sono rappresentati dai vari capitoli della saga Fast & Furious, che sta perseguendo l’intento di assemblare una “famiglia” composta proprio dalle succitate icone dell’azione cinematografica internazionale.
E poi c’è Autobahn – Fuori controllo.
Rock Dog, la recensione
Ispirato a Tibetan Rock Dog, una graphic novel di Zheng Jun, Rock Dog è la storia di Bodi, un mastino tibetano che vive in un piccolissimo villaggio abitato per lo più da pecore, la cui stupidità è disarmante. L’arduo compito di proteggerle dal branco di lupi, scagnozzi non tanto svegli dell’ “extralarge” boss Linnux, è affidato a Khampa, padre di Bodi. L’addestramento del figlio, quale suo successore, non produce i frutti sperati, in quanto Bodi è più attratto dalla musica che dalle arti marziali. Sarà grazie all’ascolto di una radiolina caduta dal cielo, come si trattasse di un segno divino, che Bodi deciderà di lasciare il villaggio per seguire il suo sogno verso Rock and Roll Park ed incontrare la famosissima rock star Angus Scattergood, gatto solitario ed inizialmente senza scrupoli. Nonostante l’atteggiamento contrariato del padre, Bodi intraprende il viaggio verso la realizzazione del suo sogno e la scoperta del fuoco interiore.
Lolo – Giù le mani da mia madre, la recensione
Complesso di Edipo all’ennesima potenza in salsa comica francese, così si potrebbe definire l’ultima pellicola da regista (e sceneggiatrice, insieme a Eugénie Grandval, oltre che interprete) di Julie Delpy, la Celine che insieme a Ethan Hawke ha dato vita alla trilogia dell’amore di Richard Linklater. Presentato in anteprima mondiale al festival di Venezia lo scorso anno e passato successivamente anche a Toronto, Lolo – Giù le mani da mia madre è una commedia brillante che trova i suoi muscoli e il suo cuore nel racconto leggero di diversi stili di vita rivoltati e messi a confronto gli uni con gli altri.
Codice 999, la recensione
Con una lunga gavetta nel campo dei videoclip per artisti del calibro di Depeche Mode, Placebo e Nick Cave, John Hillcoat si è fatto notare nel panorama cinematografico nel 2005 con il western La proposta, a cui hanno fatto seguito il post-apocalittico The Road, tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy, e il crime con Tom Hardy e Jessica Chastain Lawless. Un gioiello dietro l’altro, una carriera qualitativamente invidiabile, che ora si arricchisce di un crime-movie da standing-ovation: Codice 999.