Lolo – Giù le mani da mia madre, la recensione
Complesso di Edipo all’ennesima potenza in salsa comica francese, così si potrebbe definire l’ultima pellicola da regista (e sceneggiatrice, insieme a Eugénie Grandval, oltre che interprete) di Julie Delpy, la Celine che insieme a Ethan Hawke ha dato vita alla trilogia dell’amore di Richard Linklater. Presentato in anteprima mondiale al festival di Venezia lo scorso anno e passato successivamente anche a Toronto, Lolo – Giù le mani da mia madre è una commedia brillante che trova i suoi muscoli e il suo cuore nel racconto leggero di diversi stili di vita rivoltati e messi a confronto gli uni con gli altri.
Violette, quarantacinquenne affermata manager di moda parigina, durante una vacanza nel sud-ovest della Francia (Biarritz) conosce Jean-René, un tecnico informatico bancario con l’hobby della pesca. I due si incontrano, si piacciono e lui la segue nella capitale francese per continuare a vivere la loro adulta e irruenta storia d’amore. Nonostante la diversa estrazione sociale tra i due sembrerebbe andare tutto a gonfie vele, se non fosse per il figlio di lei attaccato alla madre in maniera non del tutto sana e razionale.
Due uomini, due generazioni opposte, due modi di vivere la vita. Da una parte Jean-René (Dany Boon) il quarantenne tecnico informatico che, nonostante la sua occupazione possa far pensar l’opposto, è pieno di iniziativa e non si tira indietro di fronte a nuove esperienze. Dall’altra Eloi (chiamato dalla madre ancora con il nomignolo da fanciullo Lolo) artista spocchioso e beffardo con un complesso di Edipo grande quanto il suo ego (interpretato da Vincent Lacoste). La pellicola, che molto prende in prestito dal ritmo delle commedie americane e in particolare dal genere slapstick, trova il suo motore nell’incontro/scontro tra queste due figure maschili, con un rovesciamento dei ruoli rispetto all’età dei personaggi che rende tutto ancora più coinvolgente. Se da una parte il quarantenne Jean-René si ritrova ad essere il fidanzatino adolescente di turno, dall’altra Lolo (19 anni) si atteggia per un’età che non ha ostentando una maturità ancora da raggiungere, guidato da una profonda insicurezza e una morbosa gelosia nei confronti della madre. Senza contare la differenza d’estrazione sociale, quella tra città e provincia, che per diversi aspetti sta alla base del conflitto.
Differenza che, se tra le due figure maschili rappresenta il motore del film, tra Violette e Jean-René invece si trasforma pian piano nel vero e proprio cuore della storia. Attraverso luoghi comuni e discorsi sessuali tra amiche abbastanza espliciti, è proprio questa distanza sociale che li fa incontrare e interessarsi l’uno all’altra in maniera quasi adolescenziale. Esclusi i bastoni tra le ruote orchestrati dal figlio e alcuni piccoli tentennamenti, la naturalezza con cui i due si buttano in questa nuova relazione è una boccata d’aria che va a braccetto con il tono leggero (ma non per questo banale o privo di interesse) della pellicola. Con un vestito comprato per l’occasione e un bacio sulla scaletta del treno, una corsa al pronto soccorso e un pranzo galante in mensa, sono loro il cuore leggero e pulsante che muove le corde dello spettatore e spinge fin da subito a tifare per quel finale lieto in cui non si manca di ricordare che, nonostante tutte le diversità che ci possano separare, le nostre vite non saranno mai così dissimili da quelle altrui.
Una menzione finale meritano i vivaci titoli di testa in cui un animato principino Lolo balla e si atteggia sotto le note di “Music to Watch Girls” di Andy Williams, e i tanto divertenti quanto sessualmente espliciti dialoghi accennati prima tra Violette e l’amica Ariane (Karin Viard), che spaziano allegramente e con genuina amicizia tra un cunnilingus e i problemi dell’età che inesorabilmente avanza.
Matteo Pioppi
PRO | CONTRO |
La leggerezza mai banale del tono fa scivolare via la visione in maniera piacevole e coinvolgente, anche grazie a due attori protagonisti (Boon e Delpy) davvero in grande sintonia tra loro. | Anche se tenuto insieme da uno script fresco e brillante, il film potrebbe essere percepito come un semplice susseguirsi di situazioni comiche affiancate l’una all’altra. |
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