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La Fratellanza, la recensione

Il cinema carcerario è un filone praticato da majors e realtà più indipendenti con cadenza periodica, a testimonianza che riesce a risultare sempre di tendenza senza la necessità di cavalcare essenzialmente nessuna tendenza. In questi ultimi mesi, poi, grazie al successo di critica di pubblico della miniserie di HBO The Night Of, questo genere ha guadagnato popolarità anche sul piccolo schermo, consacrandolo su un’audience ancora più vasta. In questo panorama, senz’altro positivo per il prison-movie, va ad inserirsi La Fratellanza, solido dramma carcerario (ma non solo) che riesce a fornire una visione originale sul genere.
Amityville – Il risveglio, la recensione

Quella della “casa più infestata” degli Stati Uniti è una storia che va avanti dai primi anni ’70, quando la villetta sita al 112 di Ocean Avenue ad Amityville, sulla costa meridionale di Long Island, fu tristemente nota alle cronache per il delittuoso fatto che costò la vita a ben sei persone. Un’intera famiglia, i De Feo, sterminata dal figlio maggiore Ronnie, poi condannato a sei ergastoli ma sempre dichiaratosi spinto all’omicidio da una presenza maligna che gli ha sussurrato di farlo. La realtà spesso supera la fantasia e la terribile storia dei De Feo fu solo il primo tassello di un caso mediatico che raggiunse ogni dove, perché i successivi proprietarie della villetta in stile coloniale di Ocean Avenue, i Lutz, sono stati testimoni di uno dei più celebri casi al mondo di infestazione spiritica. Da quel momento la casa di Amityville è diventata un’icona del paranormale, attirando l’interesse di medium, esperti di paranormale e demonologi, come i celeri coniugi Warrern, oggi famosi grazie ai film di James Wan The Conjuring.
2:22 – Il destino è già scritto, la recensione

Looper, Predestination, Triangle, Source Code, Edge of Tomorrow, Prima di domani… Cosa hanno in comune tutti questi titoli che viaggiano sui binari della fantascienza? La tematica del “loop temporale”, che mai come in questi ultimi anni sembra essere stato eletto a macro-filone dello sci-fi cinematografico da piccole e grandi produzioni internazionali. Al folto gruppo di cui sopra sono elencati solo alcuni titoli, si va ad aggiungere 2:22 – Il destino è già scritto un – relativamente – piccolo film che parte dalla tematica del loop temporale per spostarsi progressivamente in altri lidi della fantascienza spirituale. Che detto così potrebbe far pensare a un qualche cosa di innovativo e profondo, ma non siamo dalle parti di Donnie Darko e Cloud Atlas, proprio no, invece 2:22 – Il destino è già scritto raffazzona suggestioni da altri generi senza riuscire a creare un reale fil rouge coerente e appassionante.
Bleed – Più forte del destino, la recensione

È curioso come il cinema sportivo sia quasi esclusivamente rappresentato da storie che raccontano il mondo della boxe. Dopo il successo mondiale del capolavoro Rocky (1976), hanno cominciato a proliferare film incentrati sul mondo della pugilistica e ispirati a storie più o meno vere. Da Toro Scatenato (1980) ad Alì (2001), Million Dollar Baby (2004) e Hurricane (1999), fino ad arrivare ai più recenti The Fighter (2010) e Southpaw – L’ultima sfida (2015), tutti film che raccontano la boxe come metafora della vita e della difficoltà di farsi strada in un mondo competitivo e incentrato sul mito dell’immagine. Un filone fiorente e appassionate a cui oggi si aggiunge Bleed – Più forte del destino, diretto da Ben Younger, regista di 1 km da Wall Strett, e prodotto da Martin Scorsese.
La marcia dei pinguini – Il richiamo, la recensione

Siamo nel cuore dell’Antartide, una terra arida e inospitale dove però ha luogo uno degli ecosistemi più affascinanti al mondo. In queste terre ghiacciate, oggi messe a serio rischio dai cambiamenti climatici, vive un esemplare di rara bellezza: il Pinguino Imperatore. La vita del pinguino non è per nulla semplice ed ogni anno è sottoposta ad una serie di sfide continue per sopravvivere e, soprattutto, per far sopravvivere la propria prole. Partendo dal “punto di vista” di un pinguino appena nato, il documentario focalizza l’attenzione su quel misterioso “richiamo” che, sin dai primi mesi di vita, spinge il giovane pinguino ad intraprendere un lungo e arduo viaggio fino a raggiungere l’oceano.
Shut In, la recensione

Oggi conosciamo la EuropaCorp di Luc Besson soprattutto per i film d’azione di gran successo internazionale che ha prodotto, dalla saga di Taken a quella di Transporter, passando per 3 Days to Kill e Colombiana, ma oggi la casa di produzione francese sembra volersi aprire anche al genere horror e in co-produzione con Canal+ Canada finanzia Shut In. La formula è la medesima degli action su citati: storia semplice, rispetto massimo per i cliché del genere e un attore di talento sulle cui spalle far gravare l’intero film.
A spasso con Bob, la recensione

James Bowen, ventisette anni, non ha un lavoro e nemmeno una famiglia su cui contare. In lotta contro la tossicodipendenza, James vive alla giornate per le strade di Londra e raccoglie qualche moneta suonando la sua chitarra davanti Covent Garden o nelle stazioni della metropolitana. Una sera, approfittando di una finestra semiaperta, un gatto rosso e particolarmente docile entra nell’alloggio popolare di James. Il ragazzo decide di tenerlo con se solo per una sera ma da quel momento in poi, James si rende conto che il gatto non ha alcuna intenzione di separarsi da lui. È l’inizio di una singolare amicizia senza confine e destinata a modificare la vita di entrambi.
Skiptrace – Missione Hong Kong, la recensione

Vogliamo bene a Jackie Chan, uno dei massimi esponenti del cinema action “dal vero”, però l’artista cinese negli ultimi anni non ne sta imbroccando una e Skiptrace – Missione Hong Kong è solo l’ennesima conferma di un cortocircuito qualitativo che sta interessando la sua carriera.
Diretto dal veterano di action-movie a stelle strisce Renny Harlin, che tra i vari film ha firmato Die Hard 2 – 58 minuti per morire (1990), Cliffhanger (1993) e Blu Profondo (1999), Skiptrace vanta, oltre al mitico Jackie Chan, anche la presenza di Johnny Knoxville, ovvero colui che ha contribuito a trasformare Jackass in un fenomeno di costume. La direzione di un maestro dell’azione e la convergenza di due star che hanno fatto delle botte da orbi una missione di vita faceva sperare per il meglio, invece Skiptrace risulta una scialbissima commedia d’azione con un cast male amalgamato, una trama insulsa, una pochezza d’azione che sorprende e una regia piatta che, ahinoi, conferma il trend discendente degli ultimi lavori di Harlin (12 Rounds; Hercules – La leggenda ha inizio).