The Boys: l’altra faccia dei supereroi

Il decennio che sta per concludersi lo ricorderemo senz’altro come il dominio cinematografico dei supereroi. Sdoganati già nei primi anni del terzo millennio con opere seminali come Spider-Man di Sam Raimi e X-Men di Bryan Singer ma portati al successo globale dalla titanica opera dei Marvel Studios definita Marvel Cinematic Universe, il cinecomic è oggi routine e i super-eroi di matrice fumettistica popolano quotidianamente i grandi così come i piccoli schermi. Non sono poche, infatti, anche le serie televisive che si ispirano al mondo degli eroi di carta, dall’ormai dispersiva opera targata The CW e definita Arrowverse all’ormai defunta impresa di Netflix di adattare con successo eroi minori della Marvel, fino alla piattaforma streaming DC Comics chiamata DC Universe. Un ambiente saturo tanto quanto quello cinematografico che oggi si arricchisce di un nuovo validissimo elemento, The Boys!

Nato sulla carta nel 2006 dalla fantasia di Garth Ennis e le matite di Darick Robertson, The Boys è una serie a fumetti che ha inizialmente avuto benedizione di DC Comics, che ne ha pubblicato i primi volumi tramite la divisione Wildstorm, finchè la casa che ha dato i natali a Batman e Superman ha ceduto la “patata bollente” alla Dynamite Entertainment. Perché? Basta leggere le prime avventure di Billy Butcher e i suoi “ragazzi” per farsene un’idea: una serie scorretta fino al midollo, con violenza estrema, sesso e comportamenti così deplorevoli da rischiare di infangare il nome di tutto rispetto DC.

The Boys

I supereroi scorretti, violenti e cinici di Ennis sono ora le star di una delle serie Amazon Prime più viste di sempre (e già in produzione con una seconda stagione), sviluppata da Eric Kripke di Supernatural e capace di carpire tutta la dissacrante carica satirica del fumetto originale.

Secondo Ennis, i supereroi sono delle “merde”. In fin dei conti, se un essere umano fosse investito da un superpotere che lo facesse diventare una star internazionale non è forse probabilissimo che il suo ego crescerebbe all’inverosimile fino a smanie di onnipotenza? Perché un essere deve aspirare a 10 se può avere 100? I Super di The Boys sono la parte più gretta e meschina dell’umanità, coperta però di capacità incredibili che li equiparano a dèi. Per questo tra di loro prolifera la droga che li acceca e li rende furie assassine, oppure la libido che li spinge a ricattare per avere favori sessuali sfruttando la loro influenza sociale, o ancora la semplice sete di onnipotenza che li porta ai gesti più folli. Ma tutto questo accade all’insaputa dei più, del popolo bue, che li idolatra come beniamini e corre al cinema per guardare il loro nuovo film (interpretato proprio dai “veri” supereroi, non da attori!) e acquistare qualsiasi prodotto brandizzato con i loro volti e i loro marchi.

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È business, nient’altro che business e la multinazionale Vought, che gestisce l’immagine del più importante gruppo di supereroi del pianeta, i Sette, lo sa bene, anche se questo significa insabbiare di continuo le malefatte dei beniamini dell’umanità.

Il punto di vista che la serie adotta è quello dei “buoni” ovviamente. Un duplice punto di vista, che già nel primo episodio pone le basi per le tematiche che poi saranno sviluppate nel corso degli 8 episodi della prima stagione. Si tratta di Hughie, giovane commesso in un negozio di elettronica che vede letteralmente spappolata sotto i suoi occhi la sua fidanzata per colpa di A-Train, membro dei Sette dotato di super-velocità. Anne January, detta Starlight, invece è l’ultimo membro entrato a far parte dei Sette; dotata della capacità di emettere una forte luce e cresciuta nel mito dei Super grazie all’entusiasmo di una madre che ha sempre incoraggiato le sue ambizioni, il suo primo impatto con la Vaught non è dei migliori, visto che è oggetto delle molestie sessuali di Abisso, secondo al tavolo dei Sette.

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Hughie e Starlight sono i buoni, vittime per lo più, che ovviamente subiscono una trasformazione nel corso degli episodi, in alcuni casi anche piuttosto netta, soprattutto il “piccolo” Hughie che ha il volto da ragazzo qualunque di Jack Quaid. Nel momento in cui nella vita di Hughie entrano i Boys capitanati da Billy Butcher (un Karl Urban efficacissimo), tutto cambia e l’esistenza piatta e sottomessa del ragazzo si arricchisce di azione iperviolenta.

Chi sono i Boys? Nella serie (per il momento) sono rappresentati da Billy Butcher, appunto, Francy (Tomer Kapon), Marvin (Laz Alonzo) e Kimiko (Karen Fukuhara), un gruppo di indomiti scavezza-collo forse coinvolti dai servizi segreti, che hanno un motivo personale per odiare i Super e dar loro la caccia per mostrare al mondo il loro vero volto corrotto.

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Giusto Starlight, interpretata da Erin Moriarty di Jessica Jones, è l’eccezione che conferma la regola: legata a Hughie ma comunque presa di mira dai Boys, è l’ago della bilancia della serie tv, ricoperta di maggior spessore in confronto alla controparte fumettistica nonché efficace escamotage per far emergere le tematiche di sopraffazione ed emancipazione femminile ai tempi del me too.

Come era facile aspettarsi, il personaggio più magnetico della serie è un cattivo, anzi IL cattivo… il cosiddetto Patriota, leader dei Sette interpretato da Anthony Starr, una sorta di Superman capace di volare, dotato di superforza, sguardo laser e vista a raggi X che oltre ad avere una morbosa ossessione per Madelyn Stillwell (Elizabeth Shue, sempre bellissima), ai vertici della Vaught, è il supereroe più amato dai cittadini, nonché unico senza quella inevitabile macchia impugnabile dai Boys. Eppure, Patriota non si impegna molto a nascondere i suoi misfatti, abbagliato dalle sue smanie di potere che lo rendono di fatto un essere superiore: insomma, gli basterebbe uno schiocco di dita per mettere l’umanità ai suoi piedi!

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Una varietà di personaggi, per lo più ben scritti, che danno a The Boys quello slancio utile a differenziare questa serie dai numerosi prodotti a tema. C’è una visione differente dell’individuo dotato di superpoteri ma non è The Umbrella Academy, c’è uno spettro pessimista sull’umanità e sulle istituzioni ma non è Watchmen. The Boys riesce a differenziarsi giocando con un’ironia acidissima, un cinismo teso al limite e un’aura satirica sulla società dei consumi e dello star system che gli da quello slancio sociologico capace di fare la differenza.

E poi si tratta di una serie che non si fa troppi problemi nel mostrare: c’è violenza che spesso e volentieri sfocia nello splatter (non come il fumetto, ma quasi), ci sono situazioni volgari, c’è sesso quanto basta e i personaggi riescono sempre e comunque a fare la cosa sbagliata. Non è un caso se dietro l’operazione, in veste di ideatori al fianco di Kripke, ci siano Seth Rogen e Evan Goldberg, già menti dietro (e, nel caso di Rogen, anche davanti) a progetti come Facciamola finita, The Interview e Sausage Party.

Con The Boys abbiamo, dunque, una voce fuori dal coro in un mondo dominato dai supereroi, un’operazione pop dall’appeal altissimo, ben confezionata e già in odore di diventare cult.

Roberto Giacomelli

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