TIR, la recensione

Stando ai più importanti festival cinematografici italiani (Venezia e Roma), nel 2013 si è riscontrato un curioso dato, ovvero l’entusiasmo diffuso per il documentario o il presunto tale. Sia al Festival di Venezia che a quello di Roma hanno vinto due film che hanno fatto del linguaggio documentaristico il loro tratto distintivo, che si trattasse di storie vere o realizzate appositamente per il film ma con precisi intenti documentativi. Se di Sacro GRA di Gianfranco Rosi si è parlato in abbondanza in merito alla sua vittoria alla Biennale, anche con un certo gratuito accanimento critico, abbiamo ora l’occasione di scrivere di TIR di Alberto Fasulo, vincitore del Marc’Aurelio d’oro come miglior lungometraggio all’ottavo Festival Internazionale del Film di Roma.

Se Sacro GRA partiva dalla realtà costruendo con curiosa abilità un film che paradossalmente sembrava fiction, con persone improvvisatesi attori nel ruolo di se stessi, in TIR accade l’esatto contrario. Fasulo recluta un attore professionista, Branko Zavrsan di No Man’s Land, e gli fa interpretare un camionista, con il risultato che tutto appare così reale e vero da confondere il film per un documentario in piena regola.

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Cinque anni di lavoro durante i quali il regista ha chiesto al suo attore di prendere realmente la patente da camionista e lo ha fatto assumere a tempo determinato in una ditta italiana di autotrasporti. TIR rinuncia quasi totalmente a un impianto narrativo classico articolandosi come un documentario sulla dura vita di un camionista. Dunque i disagi che questa professione comporta, come il cibo cucinato nelle piazzole di sosta con fornelletti da campeggio, le docce fugaci sul marciapiede e i sonni consumati nella cuccetta sul retro del veicolo. Il tutto intervallato dalle lunghe telefonate di Branko alla moglie e al figlio in Croazia, dalle quali carpiamo dettagli sulla sua vita, dal lavoro da insegnante abbandonato perché troppo poco retribuito, alla frustrazione sua e di sua moglie per i lunghi periodi passati a distanza con rancori e gelosie. Inoltre frammenti di vita lavorativa, con le richieste di straordinario da parte del datore di lavoro e le proteste di alcuni colleghi che organizzano sit-in in autostrada.

La macchina da presa di Fasulo sta sul corpo dell’attore in maniera maniacale, riprese strette, molti piani fissi, a tal punto che a tratti ci si dimentica quasi di essere in un cinema a guardare un film, distratti da questo linguaggio sporco e diretto che ci trasporta direttamente sul sedile passeggero del camion guidato da Branko.

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Se da una parte l’intento sperimentale di Fasulo è apprezzabile e si può dire senz’altro riuscito il suo tentativo di fondere con originalità e caparbia fiction e documentario, dall’altra è anche vero che TIR è un film davvero pesante, a tratti quasi estenuante. Novanta minuti difficili da reggere con costante interessamento, durante i quali la monotona vita di Branko non riesce a (e non può) catturare l’attenzione dello spettatore. Le lunghe conversazioni tra il protagonista e il suo collega Maki – interpretato dal vero camionista Marijan Sestak – o le ancor più lunghe chiacchierate al telefono con sua moglie, male illuminate e con inquadratura fissa, metterebbero a dura prova la pazienza di chiunque.

A fine visione si ha la sensazione di aver assistito dal buco della serratura alla vita poco interessante di un uomo qualunque e un leggero senso di aver perso tempo balenerà nella mente dello spettatore. La tesi di Fasulo, profondamente anti-commerciale e anti-cinematografica, ben si adatta per un lavoro accademico o per un reportage televisivo, ma proposto su grande schermo a un pubblico cinematografico ha il fiato cortissimo.

Concettualmente interessante ma fattivamente poco fruibile.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Ha il pregio di risultare riuscito nel voler trattare con stile documentaristico un episodio di fiction.
  • Manca il ritmo e un impianto narrativo sufficientemente forte.
  • Durata eccessiva per quel che si voleva raccontare.
  • Troppo poco vicino alla dimensione del classico spettatore cinematografico.
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Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
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