Tolo Tolo, la recensione

Sognatore impenitente, Checco vive a Spinazzola, nel cuore della Puglia, rifiuta il reddito di cittadinanza e apre un sushi bar che, tempo un mese, chiude per fallimento. Inseguito dai creditori e dal fisco, Checco fugge in Africa e si reinventa come cameriere in un resort di lusso. Qui incontra Oumar, appassionato di cinema neorealista che sogna invece di andare in Italia e sfondare come regista, ma nel paesino dove i due vivono scoppia la guerra e Checco, insieme a Oumar, si vede costretto ad abbandonare l’Africa da clandestino verso l’Europa… purché non sia l’Italia, dove la burocrazia lo attende a braccia aperte ma le ex mogli e gli ingrati parenti lo ripudiano.

Fa quasi strano a pensarci, ma Checco Zalone ha interpretato il film che ha disintegrato ogni record d’incasso nel cinema italiano, Quo vado?, che nel 2016 portò a casa a fine corsa oltre 65 milioni di euro. Il dato paradossale, però, è che Zalone con quel film superò se stesso per ben due volte! Perché prima di Quo vado? il maggior incasso per un film italiano era sempre suo con Sole a catinelle (52 milioni di euro) e ancora prima Che bella giornata (43 milioni di euro), che distanziava La vita è bella di Roberto Benigni di ben 12 milioni di euro. Insomma, l’uomo dei record, la gallina dalle uova d’oro che la Taodue di Pietro Valsecchi si tiene ben stretto.

Checco Zalone

È comprensibile, dunque, che in prossimità dell’uscita di Tolo Tolo ci sia un certo fermento che ha nondimeno coinvolto un dibattito politico generato addirittura da un videoclip promozionale, Immigrato, rilasciato strategicamente da Taodue e Medusa Film appena due settimane prima l’uscita del film. Un promo musicale che, nonostante il lapalissiano intento satirico, è stato tacciato di razzismo da sedicenti intellettuali privi di senso dell’umorismo e capacità di decodifica del testo, da analfabeti funzionali da social e, addirittura, difeso a spada tratta da destrosi e nientepopodimeno che da Matteo Salvini in persona che ha apostrofato, ironicamente, una proposta da senatore al comico pugliese. Un paradosso, dato che Tolo Tolo, come era facile aspettarsi, è l’esatto contrario di ciò che polemiche gli hanno additato.

Checco Zalone

Da un soggetto di Paolo Virzì, co-autore anche della sceneggiatura insieme allo stesso Checco Zalone (all’anagrafe Luca Medici), Tolo Tolo si prefigge il non facile compito di sensibilizzare lo spettatore medio dei film di Checco Zalone alla questione immigrati, raccontando la difficoltà che molte persone dell’Africa devono affrontare quotidianamente e i motivi che li spingono a lasciare il loro paese in cerca di accoglienza. Ma Tolo Tolo mostra anche la sensibilità e la cultura di alcuni migranti, la drammatica odissea che li porta in Europa e il fatto che a loro non interessa troppo la meta quanto la possibilità di un futuro. Per raccontare questa umanità si prende il punto di vista di un uomo mediocre, italiano, che si reputa sognatore invece è solo un poveraccio che ha fatto dell’arte di arrangiarsi il suo unico credo. L’italiano che non pensa alle conseguenze dei propri gesti, che pone attenzione all’abito firmato ma poi non ha i soldi per pagare i suoi debiti e che, nonostante sia un in fondo in fondo di buon cuore, nei momenti di massima pressione tira fuori il fascismo che è insito in ogni italiano, come si trattasse di una malattia pronta a scatenarsi sotto stress.

checco zalone

Tolo Tolo ne ha di idee, quelle tipiche dell’umorismo (quasi) politicamente scorretto di Checco Zalone, il problema è che in questo caso si cerca sempre di sottolineare il buon messaggio, come se si trattasse di una lunga e ben confezionata pubblicità progresso: lì per lì incuriosisce, ma alla lunga stanca. Infatti, il maggior limite di Tolo Tolo è che non fa ridere, semmai sorridere di tanto in tanto. Ma lo spettatore che ha premiato Sole a catinelle e Quo vado? forse si aspetta un paio d’ore di risate di pancia, di intrattenimento liberatorio e tutto ciò nel nuovo film di Checco Zalone rimane inespresso, come anestetizzato.

Forse la mano di Virzì si nota più del dovuto e sicuramente l’intento nobile di Tolo Tolo si lascia apprezzare per la sua schiettezza, per la voglia di far ragionare l’italiano ignorante che sta sempre lì a puntare il dito contro realtà che non conosce. Però è anche vero che c’è incertezza nel risultato finale, un film sgangherato dal punto di vista narrativo, dal ritmo altalenante e con soluzioni tecniche abbastanza discutibili (l’utilizzo dilettantesco del green screen, la chiusura con un visivamente immondo scenario a cartone animato e canzoncina stile Zecchino d’oro).

checco zalone

Checco Zalone segna anche il suo esordio alla regia e, in confronto ai precedenti film firmati da Gennaro Nunziante, si nota una inedita ricercatezza, una cura per l’inquadratura estranea fino ad ora all’estetica da tv movie dei film con Checco Zalone. Un’ambizione supportata forse anche da una maggiore ricchezza di budget (si aggira attorno ai 20 milioni di euro, una cifra mostruosa per un film italiano!) e location dall’indubbio fascino scenografico.

Come porsi, dunque, nei confronti di Tolo Tolo? Il quinto film con Checco Zalone cerca un compromesso tra significato e significante, a volte lo trova, per lo più no. Ci troviamo, quindi, davanti a un film che racconta una storia che hanno già raccontato nei mesi passati altre commedie italiane – Contromano di e con Antonio Albanese, Scappo a casa di Enrico Lando con Aldo Baglio – ma si affida all’appeal di un mattatore come Checco Zalone. Artisticamente il film non esiste, così come quelli che lo hanno preceduto, ma in aggiunta c’è un intento semi-pedagogico che cannibalizza il senso del divertimento tout court.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • L’intento nobile di far capire al popolo bue che alcune dinamiche non sono proprio come emergono dai proclami di alcuni leader politici.
  • A livello registico c’è un notevole passo avanti in confronto ai film di Nunziante… ma il budget potrebbe aver contribuito.
  • Non è detto che al popolo bue il messaggio arrivi proprio come è stato pensato.
  • A livello comico c’è un passo indietro e il film è il meno divertente tra quelli di Checco Zalone.
  • La storia raccontata è fin troppo simile a quella di Scappo a casa e Contromano, usciti nei cinema pochi mesi fa.
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