Wonder Woman 1984, la recensione

Wonder Woman 1984 è il punto d’arresto del genere cinecomic, la prima vera dimostrazione concreta che un filone così strutturato, complesso e fortunato dopo vent’anni di successi, universi condivisi prima inimmaginabili e oltre dieci anni di produzioni milionarie ininterrotte comincia davvero a mostrare il fianco.

Stavolta non si tratta di problemi produttivi e divergenze creative, come accaduto in Justice League o Suicide Squad, ma un limite strutturale radicato nell’anima di un progetto che non ha mordente, ha il fiato cortissimo nonostante la durata mastodontica di 151 minuti, e delle pretese iniziali che non trovano il giusto quadramento nell’opera finale.

È quasi ironico, con dati qualitativi alla mano, constatare che proprio Wonder Woman 1984 sia stato il primo cinecomic degli universi condivisi a subire un trattamento distributivo “di svantaggio”, causa covid, con l’uscita in sala saltata in molti Paesi (Italia compresa) in favore del TVOD. Proprio il film sequel di uno dei più grandi successi DCEU che avrebbe dovuto e potuto portare il discorso sull’universo femminile DC Comics a un livello successivo. Purtroppo, invece, Wonder Woman 1984 fallisce su tutta la linea e, nonostante la regista e sceneggiatrice Patty Jenkins abbia più volte ribadito di aver avuto completa libertà creativa da parte di Warner Bros., il film sembra un mostro di Frankenstein frutto di molteplici scritture, troppe visioni differenti chiamate in causa e un infelice assemblaggio finale.

wonder woman 1984

Un prologo ambientato nel passato sull’isola di Themyscira ci mostra una Diana Prince bambina impegnata in una competizione sportiva in onore della leggendaria Amazzone Asteria. Diana è l’unica in giovane età e sembra cavarsela alla grande se una caduta da cavallo non la ponesse in una situazione di svantaggio che lei cercherà di colmare con l’imbroglio. Ma l’insegnamento morale di Antiope è dietro l’angolo e Diana imparerà che solo con la verità e l’onestà si guadagnano reali vittorie.

Balzo in avanti di molti anni e dagli anni ’40 in cui avevamo lasciato la nostra eroina nel primo film ora la ritroviamo nel 1984, a Washington, impiegata nella sezione archeologica dello Smithsonian Institution. Tra le sue colleghe c’è una nuova arrivata, l’introversa e insicura geologa, gemmologa e cripto-zoologa Barbara Ann Minerva, che si trova a catalogare una serie di reperti confiscati dall’FBI in seguito a una rapina prontamente sventata dalla misteriosa eroina che si fa chiamare Wonder Woman. Tra i reperti c’è anche una strana gemma munita di una iscrizione latina che promette ai suoi possessori di poter avverare qualsiasi desiderio. Nel frattempo, il magnate del settore petrolifero Maximilian Lord, celebre volto della pubblicità televisiva e a un passo dalla bancarotta, durante una visita allo Smithsonian nota la “pietra dei sogni” e pensa che quell’antica reliquia possa salvarlo dal fallimento, così tenta di sedurre Barbara Minerva per impossessarsene. Gli eventi prenderanno una piega decisamente inaspettata che coinvolgerà il destino del mondo intero.

wonder woman 1984

Wonder Woman 1984 ha una struttura narrativa molto classica per un cinecomic, in parte legata alla semplicità della tradizione fumettistica antecedente alla rivoluzione anni 80, e molto focalizzata sui villains, come è giusto che sia considerando che non si tratta più di una origin-story dell’eroe; ma allo stesso tempo notiamo una gestione dei tempi narrativi completamente schizofrenica. Considerando le due ore e mezza di durata, la storia si prende i suoi tempi concentrando la prima ora a presentare i personaggi, ma c’è un problema macroscopico con la caratterizzane degli stessi: paradossalmente Diana è costantemente ai margini, manca di approfondimento e la sua caratterizzazione è tutta in funzione del ritrovato amore per Steve Trevor; di conseguenza, la Jenkins e i co-sceneggiatori Geoff Johns e David Callaham, puntano molto su Barbara Minerva e, soprattutto, su Max Lord, che è il main-villan del film. Però entrambi, che sono stati completamente stravolti in confronto alla controparte fumettistica, arrivano allo spettatore molto tardi come minacce e se la trasformazione di Max Lord è progressiva e coerente con la sua personalità megalomane di chiarissima ispirazione trumpiana, Minerva, che ha il volto di Kristen Wiig in modalità Selina Kyle burtoniana, non ha una costruzione credibile e quando diventa Cheetah negli ultimissimi minuti del film (tra l’altro con un look davvero niente male!) ci si rende conto che, nonostante la durata mastodontica, non siano risusciti a gestire al meglio il personaggio, completamente adombrato dallo yes-man con smanie di potere interpretato con indubbia efficacia dall’onnipresente Pedro Pascal.

wonder woman 1984

Ma l’errore più grande è che Wonder Woman 1984 entra nel vivo della storia dopo un’ottantina di minuti, troppo tardi, prima dei quali non è chiaro neanche quale sia il vero focus del film e, dopo una parte centrale molto concitata e narrativamente impegnativa, finisce con una serie di eventi anticlimatici che affossano nel moralismo spicciolo una storia troppo grossa e ricca di pretese che cozzano con l’essenzialità, la semplicità e la leggerezza inizialmente intese.

Dunque, quello che sconforta di più in Wonder Woman 1984 è la gestione narrativa del film, si percepisce una scrittura contraddittoria, squilibrata, un enorme “vorrei ma non posso” che compromette il ritmo e la credibilità complessiva di quello che stiamo guardando. A questo, unite anche una ingiustificata mediocrità nella messa in scena che si traduce in effetti visivi sotto lo standard (ma anche il primo Wonder Woman aveva lo stesso problema), una fotografia smarmellata che nell’intenzione di “omaggiare” gli anni ’80 dona un fastidioso effetto fluo a tutto il film. Anche la solitamente apprezzabile Gal Gadot qui appare preoccupantemente sotto tono, evidentemente scoraggiata da un personaggio che in questo film non ha alcun margine di crescita e di approfondimento vero.

wonder woman 1984

Non dimentichiamo che, proprio come accadeva nel primo film, le scene d’azione sono mal distribuite all’interno del film, coreografate in maniera approssimativa e con una gestione dello spazio spesso molto goffa, a conferma che l’action non è affatto il territorio di Patty Jenkins.

Tra i molti progetti “critici” all’interno del DC Extended Universe a deludere maggiormente è proprio un film sulla carta armonioso e sereno come Wonder Woman 1984, ulteriore dimostrazione che nonostante la scelta di un’attrice giusta, un look adeguato, una “cazzimma” musicale d’accompagnamento, non siano ancora riusciti a rendere giustizia al personaggio creato da William Moulton Marston e Harry G. Peters nel 1941, vera fondamentale icona pop del femminismo.

Non skippate sui titoli di coda perché a metà credits c’è una scena bonus che farà felici i fan della Wonder Woman televisiva.

Wonder Woman 1984 è disponibile dal 12 febbraio 2021 distribuito da Warner Bros. Italia sulle principali piattaforme TVOD.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Pedro Pascal e Kristen Wiig confermano di essere attori versatili e di grande carisma.
  • Una cattiva gestione dei tempi narrativi.
  • È lungo e noioso.
  • Viene a mancare un vero focus tematico.
  • Scene d’azione brutte e senza personalità.
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