Il quinto potere, la recensione

Daniel Domscheit-Berg, dopo un intenso scambio di e-mail, incontra finalmente Julian Assange, un giovane australiano fondatore del sito di informazione Wikileaks. Da questo incontro nasce l’idea di trasformare Wikileaks in un centro informativo che va oltre ogni mezzo stampa, con l’intenzione di pubblicare ogni tipo di documento “classificato” a cui si possa arrivare, mettendo così alla berlina informazioni riservate. Una serie di segreti clamorosi e di caratura internazionale finiscono in rete fino ai resoconti che riguardano il coinvolgimento delle truppe statunitensi in Afghanistan. Da questo momento Wikileaks diventa un nemico di Stato e Julian Assange finisce in cima alla lista delle persone ricercate, il che fornisce anche un’occasione per il crollo dell’organizzazione Wikileaks che porta a momenti di tensione tra i due gestori Berg e Assange.

C’è stato un periodo a cavallo tra il 2010 e il 2011 in cui Julian Assange era diventato uno dei nomi più ricorrenti sulle notizie di cronaca internazionale. La sua creatura, Wikileaks, aveva cambiato in maniera radicale il concetto di giornalismo e di segretezza dando vita al più clamoroso caso di fuga di notizie riservate della storia dell’informazione giornalistica e allo stesso tempo, lo stesso Assange si poneva di fronte alla legge degli Stati Uniti come ricercato per reato di spionaggio. Una vicenda tanto complessa e affascinante da diventare ben presto argomento portante di saggi e convegni, soprattutto riguardanti il mondo della comunicazione digitale.

Ora Bill Condon, regista degli ultimi due capitoli della saga di Twilight, porta sul grande schermo questa vicenda ispirandosi al libro di Daniel Berg Inside Wikileaks e Wikileaks: la battaglia di Julian Assange contro il segreto di stato, dei giornalisti del Guardian David Leigh e Luke Harding. Ma se vi state chiedendo come sia possibile trasformare in film questi documenti e soprattutto trasformali in un film “canonico”… beh, deve essere lo stesso annoso dilemma che probabilmente si è presentato allo sceneggiatore Josh Singer. Perché scrivere un film come Il quinto potere deve essere l’incubo più grande di qualsiasi sceneggiatore, più buio e senza uscita di quello che si presentò a David Cronenberg quando si trovò davanti il foglio bianco su cui iniziare a scrivere la riduzione da Il pasto nudo di Burroughs.

Benedict Cumberbatch e Daniel Bruhl con il resto della squadra di WikiLeaks

Benedict Cumberbatch e Daniel Bruhl con il resto della squadra di WikiLeaks

La vicenda è fin troppo teorica, radicata su concetti complessi e sviluppata su più livelli interattivi che magari avrebbero trovato maggior complicità con il linguaggio del documentario piuttosto che con quello di un film di fiction. E infatti Il quanto potere, pur avvalendosi di un’estetica impeccabile con fotografia accattivante e montaggio ritmato, si presenta come un prodotto estremamente freddo, mai capace di coinvolgere lo spettatore e indeciso se seguire la strada della verità o abbandonarsi a un trattamento romanzato dei fatti. Dal canto suo Josh Singer, già sceneggiatore dei serial Fringe e Lie to Me, è fin troppo abile nel tratteggiare i due personaggi protagonisti che comunque sono interpretati con grande professionalità da Daniel Bruhl (Berg) e Benedict Cumberbatch (Assange), solo che il rapporto tra i due appare fin da subito squilibrato in favore di Berg (e visto che il film è tratto dal suo libro, può anche starci), mostrandoci Assange quasi al pari di un villain da fumetto. La stranezza fisica (i capelli bianchi) e comportamentale (il vizio di mentire, sempre e comunque) legano Assange paradossalmente a un personaggio poco realistico e quando sentiamo le sue spiegazioni sul perché della sua chioma bianca, sempre diverse e fantasiose, non possiamo che ripensare al sorriso del Joker de Il cavaliere oscuro.

Questi dettagli, uniti alla trovata visivamente accattivante degli uffici vintage per raffigurare l’immaginario lavoro di creazione e archiviazione dei leaks, va però a cozzare con la tempra da storia vera che sta insistentemente dietro il film e non fa altro che rimarcare la difficoltà che immancabilmente c’è stata dietro l’adattamento cinematografico di quei testi.

Alla fine Il quinto potere è troppo frettoloso nel volerci raccontare una storia molto complessa, qui semplificata al punto tale da tralasciare troppe informazioni importanti e con la conseguenza che spesso il racconto è confuso e difficile da seguire. Condon si è chiaramente voluto rifare a The Social Network di David Fincher non solo per l’argomento legato a un fenomeno del web e alle grandi personalità che ci sono dietro ma anche nel voler mettere al centro della narrazione la storia di una collaborazione tra due persone che si trasforma prima in amicizia (Berg rischia di distruggere la sua storia d’amore per star dietro ad Assange) e poi è destinata a trasformarsi in scontro e rottura.

Un cinema di approfondimento che si trasforma in cinema della superficialità, destinato all’oblio non appena lo spettatore mette piede fuori dalla sala.

Roberto Giacomelli

 

PRO CONTRO
  • Bravi i due attori protagonisti.
  • Film tecnicamente impeccabile con buona fotografia e ottimo montaggio.
  • Poco coinvolgente e a tratti confuso a causa della semplificazione della storia.
  • Personaggi a volte macchiettistici per apparire credibili.

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Il quinto potere, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

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