The Last Son, la recensione

In questi anni il genere western sta subendo un mutamento, non dissimile da quanto accaduto nei primi anni ’70. Questo succede solitamente quando il pubblico cambia e con lui l’industria di Hollywood: l’epoca classica del western, quella di John Ford e John Wayne, per intenderci, tramontò quando Sergio Leone riscrisse le coordinate del western, dopo di che – esauritosi il filone all’italiana – le produzioni americane tornarono alla riscossa con una contaminazione tra classico e post-moderno, partorendo storie violente e nichiliste, spudoratamente figlie dell’exploitation, che guardavano proprio alla lezione italiana. In maniera non dissimile, dopo una timida rinascita negli anni ’90 e primi del 2000 con western neo-classici paradossalmente figli della rivoluzione degli anni ’60 (Balla coi lupi, Gli spietati, Terra di confine, etc.), arriva Quentin Tarantino con il suo bagaglio exploitativo che porta nuovamente attenzione sul genere nella sua variante più violenta e da b-movie. Per questo motivo oggi il western è completamente schizofrenico, sembra ripudiare i canoni classici cibandosene e risputandoli con una nuova veste fatta di sangue e polvere. Titoli come Bone Tomahawk, La proposta, The Salvation, Brimstone ci dicono proprio questo e The Last Son di Tim Sutton lo conferma.

Un capo indiano profetizza a Isaac LeMay che la sua vita avrà fine per mano di uno dei suoi figli. Isaac, che è sempre stato un poco di buono e donnaiolo, ha figli sparsi ovunque e per scongiurare l’avverarsi di questa profezia si impone di fare una strage della sua discendenza. Pistola in fondina, ripercorre il Nevada alla ricerca dei suoi figli per ucciderli, non importa se sono ragazzi e bambini. Dopo aver ucciso il figlio che ha avuto dalla prostituta Anna, Isaac scopre che quel ragazzo ha un fratello gemello, Cal, che agisce come fuorilegge e ha rubato un mitragliatore in dotazione all’esercito, così si mette sulle sue tracce. Ma anche le forze dell’ordine cercano Cal e il Maggiore Solomon sfrutta proprio le doti da segugio del parricida per arrivare al criminale.

Tim Sutton, che ha in curriculum dei thriller minimalisti e fortemente autoriali come Dark Knight e Funny Face, si affida a una voce narrante per mettere subito in chiaro l’antefatto e render nota allo spettatore la terribile missione di Isaac: poche parole, un concept accattivante. Qui sta la potenza di The Last Son che utilizza gli stilemi del genere western per raccontare una storia atipica e fatalista che sembra trovare nella tragedia greca il suo più diretto collegamento narrativo.

Padri che sacrificano i figli per odine di un disegno soprannaturale, un richiamo fortemente biblico che trova l’andamento epico e gravoso delle opere di Euripide ma la messa in scena del cinema violento degli anni ’70.

Sam Worthington è un credibilissimo Isaac LeMay, barba e capelli lunghi, pelle bruciata dal sole e dal freddo, pochissime parole e sguardo crudele, un padre carnefice e spietato che non si fa scrupoli ad uccidere i propri figli (almeno non sempre), un gran bel personaggio che ha una scissione caratteriale, dedicando la sua vita al “male”, dopo essere stato protagonista del massacro dei Cheyenne per conto del governo. Da quel momento in lui è come se qualcosa si fosse rotto, attirandosi una maledizione che lo condurrà alla tomba. In maniera speculare si muove Cal, interpretato dal musicista Colson Baker, in arte Machine Gun Kelly, figlio dedito a delinquere, con le mani sporche di sangue e un morboso desiderio nei confronti della madre prostituta, interpretata da una sempre generosa Heather Graham.

Meno in focus il personaggio interpretato da Thomas Jane, militare dell’Unione, legato sentimentalmente alla prostituta Anna e con un passato tra i Nativi d’America, alla ricerca di Cal e, perché no, anche di Isaac.

Con un ritmo sostenuto ma una narrazione avvincente, Sutton conduce un western molto originale che vuole chiaramente distanziarsi dalla tradizione. La storia, infatti, non sembra appartenere a questo genere ma pare quasi materiale adatto a una graphic novel di Frank Miller e si fregia di una consistente componente di violenza grafica, condita da una amoralità generale che ne traccia i confini.

Nel complesso, al netto di qualche difetto nella scansione degli eventi – dopo la prima mezz’ora, la storia ha un arresto e sembra quasi aver esaurito le idee – The Last Son sa farsi ricordare e risulta un anomalo e gradevole western non essenzialmente indirizzato ai fan del western.

The Last Son è disponibile in DVD e Blu-ray dal 18 maggio 2022 distribuito da Blue Swan Entertainment.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Avvincente grazie a una storia originale e atipica per un film western.
  • Sam Worthington molto bravo.
  • Ritmo fin troppo sostenuto.
  • Gli eventi sembrano consumarsi tutti nel primo atto del film.
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