47 metri: Great White, la recensione

Il sempre fertile filone del thriller acquatico a base di minacce faunistiche si arricchisce di anno in anno con incubi in alto mare che stanno facendo riscoprire ai produttori la voglia di affrontare seriamente questo sottogenere. Molti dei più recenti successi arrivano curiosamente dall’Australia e se pochi mesi fa sono hanno fatto capolino i sequel (solo nominali) Black Water: Abyss e 47 metri: Uncaged, che portavano in scena rispettivamente coccodrilli e squali albini, adesso è la volta dei grandi squali bianchi che popolano l’Oceano Pacifico in 47 metri: Great White.

A dispetto del titolo italiano (quello internazionale è solamente Great White), il film in uscita al cinema il 30 settembre con Adler Entertainment non ha alcun legame con il dittico di Johannes Roberts 47 metri, se non la presenza di alcuni nomi nella produzione esecutiva. Infatti, l’opera prima di Martin Wilson non si ambienta a 47 metri di profondità, come i due film di Roberts, ma sulla superficie dell’acqua, quasi interamente a bordo di un canotto di salvataggio.

47 metri great white

Charlie gestisce insieme alla compagna Kaz la Pearl Air, un’attività di noleggio aereo per turisti vogliosi di un’avventura esotica. Gli affari non vanno molto bene, quindi la prenotazione di Michelle e Joji per un weekend romantico su un’isoletta in mezzo all’Oceano Pacifico si trasforma per la coppia in un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. Giunti sul posto, trovano il cadavere spiaggiato di un ragazzo, morto a causa dell’attacco di uno squalo e, dal relitto della barca che si trova lì vicino, capiscono che con lui c’era un’altra persona. Charlie è intenzionato a cercare l’eventuale superstite, ma l’idrovolante su cui tutto il gruppo viaggia viene affondato da un enorme squalo bianco e l’unico modo per sopravvivere è affidarsi a un gommone di salvataggio. Ma le acque sono infestate dai famelici “grandi bianchi” che non tarderanno a dar filo da torcere ai naufraghi.

47 metri great white

L’introduzione di Great White, che ci mostra proprio l’attacco alla coppia che poi sarà ritrovata dai turisti, non lascia troppo ben sperare per approssimazione nella gestione della tensione e fin troppo pudore nel mostrare la deflagrante azione di uno squalo bianco. Purtroppo il lungometraggio d’esordio di Martin Wilson si mantiene su standard di mediocrità qualitativa per tutta la prima metà, durante la quale vengono presentati i poco interessanti personaggi e i risvolti della loro intimità. Caratterizzato da una fotografia televisiva e dialoghi monotoni, Great White appare subito come il tipico prodotto direct-to-video che ci mette troppo a ingranare “sprecando” minutaggio su questioni di cui allo spettatore di questi film interessa poco o nulla. Fortunatamente, però, quando finalmente il film entra nel vivo lo fa con brio e senso dello spettacolo.

47 metri great white

Dopo il primo attacco dello squalo, la situazione cambia drasticamente e si tinge di suspense e drammaticità. Il concept, da questo momento in poi, ricorda il buon survival acquatico The Reef (2010) e i pochi metri di spazio su cui si ambienta il film diventano occasione per far nascere inevitabili contrasti interni al gruppo che sfociano in situazioni ad alta tensione. Su tutti, però, aleggiano le ombre minacciose dei grandi squali bianchi ben mostrate da riprese aeree che ne sottolineano la costante presenza e che cadenzano i loro attacchi per fornire al film un’adeguata scansione da body-count. Il meglio, però, Great White lo offre nell’atto finale, quello della resistenza, dello scontro diretto uomo-squalo, che si tinge di spettacolarità (un po’ sull’orma degli atti finali di 47 metri: Uncaged e Black Water: Abyss, appunto) e porta in scena degli ottimi squali animatronici come sempre più di rado si vede nei film moderni.

great white

Nel complesso, dunque, 47 metri: Great White riesce a raggiungere la sufficienza solo grazie a una seconda parte movimentata e spettacolare ma pecca in molte altre soluzioni, estetiche e narrative. Il classico shark-movie più adatto a una visione casalinga estiva che cinematografica autunnale.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Squali ben realizzati.
  • Ultimo atto teso e spettacolare.
  • Esteticamente ha poco appeal.
  • Personaggi caratterizzati in maniera fin troppo basica.
  • Ci mette troppo a entrare nel vivo.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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