47 metri: Uncaged, la recensione
Il thriller/horror acquatico a base di squali killer e, più in generale, di animali assassini ha avuto un periodo molto fiorente a ridosso tra la seconda metà degli anni ’70 e la prima degli anni ’80, quando il successo internazionale del capolavoro di Steven Spielberg Lo squalo portò alla ribalta questo filone con la conseguente nascita di piccoli grandi cult. Poi, come sappiamo, le “acque si sono calmate” e salvo rari buoni esempi nel corso degli anni ’90 (Blu Profondo, Deep Rising, Anaconda), il filone è stato preda di noiosi film tv, squallidi direct-to-video, fino alla deriva alimentata da improbabili e demenziali ripoff nati, ad esempio, in casa The Asylum più per intenti goliardici che per “esigenze artistiche”.
Eppure, come abbiamo avuto modo di constatare saltuariamente, qualcosa di tanto in tanto si muove sotto la superfice dell’acqua, qualcosa che ci fa assaporare di nuovo il buon cinema dell’orrore acquatico di una volta. Così tra i famelici alligatori di Alexandre Aja con Crawl, lo squalo tignoso che cerca di mangiarsi Blake Lively in Paradise Beach – Dentro l’incubo, e la claustrofobica avventura nella gabbia anti-squali di 47 metri, un po’ di vero terrore acquatico negli ultimi anni lo abbiamo vissuto sul grande schermo. Ora, a distanza di tre anni dal primo film, che fu un inaspettato successo commerciale, arriva proprio il sequel di 47 metri, che porta ancora una volta una volta la firma del talentuoso regista inglese Johannes Roberts.
Ma 47 metri: Uncaged è un sequel solo nominale perché con il film del 2017 condivide solamente l’ambientazione acquatica, il senso di claustrofobia crescente (che stavolta segue una diversa accezione) e la presenza di enormi squali bianchi pronti a far la pelle alle incaute protagoniste.
Come anticipa lo stesso titolo, stavolta non ci sono gabbie tra le prede e i predatori e tutto si svolge con un senso del pericolo e una dose adrenalina davvero notevole.
Mia, Sasha, Alexa e Nicole sono quattro adolescenti che vivono in Messico, sulle coste dello Yucatan. Qui il padre di Mia e Sasha ha da poco scoperto un complesso di grotte sottomarine che portano a una città Maya perfettamente conservata e sta lavorando con il suo team per creare un accesso al sito archeologico per gli studiosi di un’università americana. Le quattro ragazze, invogliate proprio da Sasha, decidono di avventurarsi alla ricerca delle rovine Maya senza dir nulla ai genitori, ma dovranno vedersela con un banco di enormi squali bianchi che sono nati e cresciuti nel complesso di grotte e per questo sono completamente ciechi, ma non meno pericolosi!
Abbandonando quello spirito minimalista del primo riuscitissimo film, che si rifaceva chiaramente alle suggestioni claustrofobiche e angoscianti del buon Open Water di Chris Kentis, Johannes Roberts decide di seguire una strada più mainstream per 47 metri: Uncaged e immerge le sue giovani protagoniste in un’avventura acquatica ricca di azione, brividi a buon mercato, colpi di scena e… mostri marini! Questo sequel, infatti, segue molto più del predecessore le logiche del cinema di genere (horror) costruendo un manualetto del terrore che funziona a meraviglia.
In pratica, il film scritto da Ernest Riera e dallo stesso Roberts si struttura come un classico horror che mette i protagonisti faccia a faccia con un mostro in un luogo circoscritto da cui è complicato fuggire e, nello specifico, ambientando l’azione in un affascinante complesso di grotte subacquee, torna alla mente il capolavoro di Neil Marshall The Descent – Discesa nelle tenebre, solo che qui al posto degli umanoidi cannibali ci sono degli squali albini dalle dimensioni e la ferocia spropositate. Gettate le basi per un horror con i fiocchi, 47 metri: Uncaged si sviluppa come il più classico del survival movie che, dalla seconda metà in poi, segue le ovvie logiche del body-count per sfociare in un climax finale sorprendente per come riesce a resettare l’azione e immergere lo spettatore in un nuovo film nel film.
Appurato che 47 metri: Uncaged è molto efficace nel gestire il ritmo e la tensione, dal momento che Johannes Roberts è ormai un esperto nel genere (The Other Side of the Door, The Strangers: Prey at Night, Storage 24), c’è da dire che funziona discretamente bene anche il giovane cast capeggiato dalla brava Marie-Sophie Nélisse, che ricordiamo per Storia di una ladra di libri, e Corinne Foxx, nota soprattutto per essere la figlia di Jamie Foxx. Ma c’è un’altra figlia d’arte nel cast, Sistine Stallone, figlia minore di Sylvester, modella e qui al suo esordio come attrice. In un ruolo di rilievo anche John Corbett, ricca carriera ma noto ai più per aver interpretato il protagonista maschile nella commedia Il mio grasso grosso matrimonio greco.
Se siete esigenti cinefili schiavi del cinema glamour più mainstream probabilmente odierete 47 metri: Uncaged e forse potrebbe deludervi anche se vi aspettate un survival movie minimalista come il primo capitolo, ma se sapete apprezzare il b-movie acquatico che non ha nessuna pretesa di verosimiglianza, questo film è un must see del filone.
47 metri: Uncaged, nonostante fosse stato destinato da Adler Entertainment all’uscita al cinema, è stato dirottato in VOD ed è disponibile dal 24 luglio sulle principali piattaforme.
Roberto Giacomelli
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