Cattivi Vicini, la recensione
È innegabile quanto l’inserimento del termine “Cattivi” nella traduzione italiana di Cattivi Vicini aggiunga al titolo del nuovo film diretto da Nicholas Stoller un ingrediente commerciale non indifferente ma, non avendone comunque rivoluzionato il senso, poche volte come questa la fedele trasposizione linguistica avrebbe aggiunto significato al titolo stesso. “Vicini” è sì un termine per indicare il rapporto tra residenti di abitazioni confinanti, ma in un’accezione più figurativa ecco che acquista un significato di somiglianza.
Vicini di casa e molto simili sono Mac Radner (Seth Rogen) e Teddy Sanders (Zac Efron). Mac è un giovane uomo neo-papà che va al lavoro ogni giorno per riuscire a mantenere la sua famiglia. Teddy è il presidente di una confraternita studentesca dedita a party e divertimento sfrenato di ogni genere. Dopo essersi trasferito insieme alla compagna Kelly (Rose Byrne) e la loro bambina, Mac riceve una sgradita sorpresa. La casa di fianco alla loro è stata scelta come base per la sgangherata confraternita guidata da Teddy. Il risultato è facilmente intuibile, feste con musica a tutto volume e tragiche notti insonni per i poveri neo-genitori. Conscio del fatto di non poter continuare in quel modo, Mac, dopo aver tentato con gentili richieste di acquietare il baccano, capisce che per risolvere la faccenda c’è bisogno di passare al pugno duro.
Come fanno dunque due individui all’apparenza così diversi tra loro ad essere considerati simili? Per due ragioni tanto semplici quanto naturali che, almeno al principio della pellicola, portano a un avvicinamento tra i due. Mac (e con lui Kelly) come neo-papà è “costretto” a prendersi cura della bambina per non farle mancar nulla, ma allo stesso tempo prova una forte invidia verso tutti gli studenti che vede sfilare nel suo giardino dediti a party sregolati di ogni genere. Teddy, dal canto suo, è molto affezionato ai ragazzi della confraternita e, se in un primo momento potrebbe sembrare il solito menefreghista a cui importa solo di se stesso, in diversi momenti dimostra la sua affezione al gruppo che protegge da leader come un vero e proprio padre spirituale. La forza che li spinge a perseverare nella loro battaglia è prima di tutto il dovere nei confronti del loro gruppo famigliare, che sia di sangue o meno.
Il tutto però servito ovviamente in salsa comica stile Seth Rogen.
Nonostante l’attore americano non figuri in questo caso né come sceneggiatore né come regista, lo stile comico che si porta dietro è forse ancor più presente grazie al suo coinvolgimento nella produzione. Non manca dunque la carrellata di situazioni volgari e grottesche a cui ci ha ormai abituato. Tra falli di gomma, funghetti allucinogeni, riferimenti sessuali più o meno espliciti e riferimenti cinematografici da nerd, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Il suo non è un padre che sente il bisogno di tornare ragazzo per partecipare a feste da sballo, ma è Seth Rogen che come suo solito si ubriaca e assume sostanze stupefacenti mentre cerca di interpretare un giovane padre. Per la maggior parte del film non riesce per nulla a far scomparire barbetta e occhiali dietro Mac, rimanendo superficialmente prigioniero di se stesso. La sua fortuna è quella di essere affiancato da una Rose Byrne in piena forma che, con i suoi perfetti scatti da neo-mamma, riesce a tenere insieme e a galla la coppia. Ma se da una parte troviamo un Seth Rogen che rischia pericolosamente di contrarre il morbo di Adam Sandler (ovvero del comico che continua a ripetere sempre se stesso, solo in ruoli leggermente diversi), spostandoci nella casa a fianco la musica, oltre che alzarsi di volume, cambia.
La confraternita è infatti guidata dal casting migliore dell’intero film. Zac Efron e Dave Franco con i loro fisici scolpiti e gli addominali che “puntano direttamente ai loro uccelli”, sembrano creati apposta per dar vita alla coppia più solida di tutta la pellicola. Certo i ruoli non così distanti dalla realtà non hanno di certo aumentato la difficoltà dell’immersione nei personaggi, sta di fatto che nonostante il tono non proprio shakespeariano dell’opera, il rapporto tra i due personaggi matura e si evolve (nei limiti concessi da una sceneggiatura di questo tipo). I due, fin dall’inizio, danno la loro amicizia per scontata, ma tutto sarà messo alla prova da un evento improvviso solo in parte di loro responsabilità. Ma più di tutto, in un film dal carattere prevalentemente frivolo, a stupire è l’equilibrio e la credibilità che i due attori riescono a trovare tra scene balorde e momenti di rara riflessione. Per noi diventa quasi ovvio vederli fabbricare falli di gomma per finanziare la loro confraternita e, qualche minuto dopo, discutere sul vero passato e l’importanza di quest’ultima. Quel necessario equilibrio che manca ai dirimpettai neo-genitori, assorbiti dall’esuberanza della parte maschile.
In definitiva, dunque, ci troviamo di fronte a una sorta di sfida alcolica di ballo simile a quella che vede protagonisti Rogen e Efron all’interno della confraternita. A turni alterni, scanditi da un buon ritmo che mai perde d’intensità, le due fazioni cercano di prevalere l’una sull’altra. Da una parte giovani universitari festaioli con un occhio proiettato sul futuro e dall’altra neo-genitori con una forte nostalgia per i tempi andati, così simili da incontrarsi a metà strada ma abbastanza diversi per diventare davvero cattivi gli uni con gli altri.
Matteo Pioppi
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