Dragon Trainer 2, la recensione
Il panorama statunitense legato al cinema d’animazione, quello che al botteghino conta su grandi numeri, è terreno di sfida di poche realtà cinematografiche. La Disney Pixar, ovviamente, la Blue Sky di L’Era Glaciale e Rio e la DreamWorks. Tralasciando volutamente realtà minori e ancora emergenti, anche se di grande qualità, come la Laika di ParaNorman e Coraline, o più parche nell’offrici prodotti, ad esempio la Sony di Piovono Polpette e Hotel Transylvania, ci possiamo concentrare sulla DreamWorks che forse è quella che si è posta con più tenacia in un’ipotetica sfida contro il colosso Disney.
Nata sotto l’egida di Steven Spielberg negli anni ’90, la DreamWorks si è specializzata in cinema d’animazione inanellando una serie di film affascinanti e atipici come Galline in fuga e Z la formica, finché è arrivato il grande successo con Shrek. Da quel momento, la DreamWorks ha scoperto il potenziale di un cinema d’animazione alternativo ma con una formula di successo e ai seguiti del film con l’orco verde si sono aggiunti altri prodotti trita-botteghino: Madagascar, Kung Fu Panda, Mostri contro alieni e Dragon Trainer.
E siamo giunti al punto focale dell’analisi: Dragon Trainer, appunto.
Tra i film d’animazione più belli, originali e toccanti degli ultimi dieci anni, Dragon Trainer arrivava nel 2010 prendendo spunto dalla serie di libri per ragazzi di Cressida Cowell How to Train Your Dragon. A portarlo sul grande schermo ci hanno pensato Chris Sanders e Dean DeBlois, il primo con passato da sceneggiatore per la Disney in classici come La bella e la bestia, Aladdin, Il Re Leone e Mulan, il secondo suo discepolo e regista di Lilo & Stitch.
Ora, a quattro anni di distanza dal capostipite, arriva Dragon Trainer 2, che perde Sanders dalla regia e dalla sceneggiatura (però rimane come supervisore di produzione) ed è affidato completamente nella mani di DeBlois.
Pur non bissando qualitativamente quel gioiellino di Dragon Trainer, questo sequel è un coerente e ottimamente realizzato proseguo che mostra come sia importante, per questo tipo di prodotti, una visione d’insieme legata a un medesimo team realizzativo.
Il film ci racconta come, qualche anno dopo l’avventura del primo film, Berk sia ormai un luogo dove vichinghi e draghi possano vivere in armonia e agire in sinergia. Tra giochi che ricordano non poco il Quidditch di harrypotteriana memoria (solo che ci sono pecore al posto del boccino d’oro) e legami d’affetto tra umani e draghi, il giovane Hiccup è ormai salutato dai suoi concittadini come un ragazzo saggio e in gamba, pronto a succedere suo padre al comando di Berk. Ma Hiccup e i suoi amici si imbattono in un gruppo di cacciatori di draghi al servizio di Drago Bludvist, un vichingo rinnegato che sta mettendo insieme un esercito di mostri alati per prendere il dominio della zona. Come se non bastasse, fa la sua comparsa anche un misterioso cavaliere capace di ammaestrare i draghi: ulteriore minaccia o nuovo alleato?
Presentato in anteprima internazionale al Festival di Cannes, Dragon Trainer 2 è il naturale proseguo del suo predecessore, perseguendo gli stessi obiettivi e cavalcando le medesime tematiche del film del 2010. Si parla di amicizia, dunque, e di diversità, ma soprattutto dell’accettazione del diverso e della sua assimilazione al gruppo. In questo caso la distanza tra uomini e draghi è stata colmata e l’obiettivo è riuscire a tenere l’armonia contro un avversario comune che mostra di avere un’influenza quasi soprannaturale sui rettili, minacciando, quindi, di sfaldare quell’unione e capovolgendone le sorti. Allo stesso tempo, in questo sequel è introdotto con maggior pregnanza l’argomento “famiglia”, con importanti rivelazioni e maggiori responsabilità che vanno a gravare sulle spalle di Hiccup.
Insomma, si nota un gran bel lavoro a livello di scrittura, che porta a uno stadio successivo tutti i personaggi principali, anche se è impossibile non notare che qualche cosa, nell’interazione tra gli stessi, non quadra a dovere. E infatti, se indaghiamo, scopriremo che la prima versione della sceneggiatura di Dean DeBlois era sostanzialmente differente ed è stata “aggiustata” dietro precisa richiesta della produzione per rendere più morbido il rapporto tra alcuni personaggi. Sicuramente è stato fatto comunque un buon lavoro, ma arrivando alla fine del film e conoscendo cosa è cambiato in confronto al precedente script, si comprende come stavolta la DreamWorks abbia spinto verso la standardizzazione del suo prodotto. Se, infatti, Dragon Trainer 2 ha un difetto, soprattutto paragonato al suo predecessore, è la sua convenzionalità, l’essere maggiormente asservito a quell’ottica hollywoodiana per famiglie, con contorni “bene-male” più netti e riconoscibili.
Però c’è da dire che, così come accadeva per l’altro film, anche questo sequel si distingue per essere ben più adulto e per adulti della maggior parte dei film d’animazione americani, con scene di grande impatto emotivo, scelte narrative meno convenzionali del solito, e un piccola dose di cattiveria che lo rende un prodotto diverso.
A livello visivo Dragon Trainer 2 è davvero stupefacente, con una bellissima grafica, un accattivante design dei personaggi e un’ottima scelta nei colori. Anche il 3D fa il su lavoro egregiamente e riesce a conferire una maggiore spettacolarità a tutte le scene d’azione.
Seppur la “magia” del numero uno non è stata ripetuta in toto, Dragon Trainer 2 è un prodotto di gran qualità. E il numero tre è già in lavorazione!
Roberto Giacomelli
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