Hammamet, la recensione

Vent’anni fa moriva uno dei leader più influenti e discussi della politica italiana del Novecento. Un uomo capace di finire ogni giorno sulla prima pagina di tutti i giornali ma che oggi nessuno vuole più ricordare. Un “elemento” scomodo – per la Nostra Storia – che forse sarebbe bene dimenticare. È Bettino Craxi (all’anagrafe Benedetto Craxi), Presidente del Consiglio dei ministri dal 1983 al 1987 nonché Segretario del Partito Socialista Italiano. Per alcuni, ancora oggi, è un uomo da ricordare come precursore della modernizzazione del Paese e della politica italiana mentre per altri resta solamente uno dei protagonisti delle indagini di Tangentopoli così come tra i responsabili della fine della Prima Repubblica. A seguito dell’inchiesta Mani Pulite, Bettino Craxi abbandona l’Italia e si rifugia ad Hammamet, in Tunisia, e ci resta fino all’ultimo dei suoi giorni mentre in Italia continuano inarrestabili i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. L’opinione pubblica ancora una volta è contrastante: per molti un latitante, per altri un esiliato.

«Non potete chiamarmi assassino. Potete uccidermi, questo si, avete il diritto di farlo. Ma non avete il diritto di giudicarmi.»

(Walter E. Kurtz, Apocalypse Now)

Non è facile parlare di Hammamet, il nuovo film co-scritto e diretto da Gianni Amelio a tre anni di distanza dal successo (più di critica che di pubblico) ottenuto con La tenerezza.

Non è facile parlarne perché Hammamet è un film difficile, che pone al centro del racconto un Personaggio ancor più difficile che viene sviscerato facendo appello ad una narrazione altresì complessa – anomala, potremmo dire – che per alcuni aspetti ridefinisce il linguaggio del “biopic” come siamo soliti conoscerlo, soprattutto in Italia.

Il film si apre a Milano, siamo alla fine degli anni ottanta e nel bel mezzo di un congresso del PSI destinato a confermare ancora una volta il carisma e la potenza politica di Craxi. Un uomo che ormai è faro indiscusso del partito così come del Paese ma che, con sorpresa, riceve la visita del fedele ma ora preoccupatissimo Vincenzo Balzamo (Giuseppe Cederna) che sembra volerlo mettere in guardia su ciò che sta per accadere. Un prologo che si esaurisce in pochissimi minuti per far si che la narrazione possa compiere un’ellissi temporale e catapultare lo spettatore di una decina d’anni in avanti, a “disastro” avvenuto. Craxi è invecchiato drasticamente, l’immagine che ci giunge ora non è più quella del leader sicuro e potente bensì di uomo stanco e affaticato (dal respiro costantemente affannato e pronto a sorreggersi con un bastone). Non più sostenuto da fragorosi applausi da comizio ma avvolto da un silenzio inquietante e da un vento perenne che accarezza la sua villa ad Hammamet: la sua dimora, la sua “prigione”.

È evidente sin da subito che ad Amelio non interessa minimamente raccontare la vita politica di Bettino Craxi, così come non intende prendete una posizione sull’uomo ancor prima del personaggio pubblico, il suo racconto si “ferma” a debita distanza per osservare gli ultimi momenti di un uomo fuggito/scacciato dal suo Paese e costretto a ricominciare altrove. Una latitanza? Un esilio? Non importa! Sappiamo quel che vediamo, ossia un uomo espatriato dalla sua terra e con un’incommensurabile paura di far ritorno a casa.

Il Bettino Craxi che Amelio ci racconta è un uomo difficile, irascibile e dall’indole dittatoriale, ma anziano e stanco, tormentato dai mali (un diabete che sta lì lì per fargli perdere una gamba) e per nulla pentito di ciò che ha fatto. Accudito da moglie e figlia, il Craxi di Hammamet è solo un “vecchio” che pur avendo perso tutto e tutti non vuole suscitare nessun sentimento di pena e si ostina a portare avanti la sua visione dei fatti (e dalla vita, potremmo dire) trovando come nuovo “alleato politico” solo il nipotino al quale si impegna a tramandare ideali di Patria e potere. Ma dietro una “maschera” (che forse maschera non è) di supponenza e ostilità, si nasconde anche un uomo debole e infantile, incapace di comunicare i suoi veri sentimenti e pronto ad inseguire – allo stesso modo di un bambino – quel piacere effimero qui rappresentato dai “proibitissimi” dolci o piatti di pasta, tanto desiderati quanto dannosi per la sua salute.

Hammamet è la descrizione dell’ultima fase di vita di un uomo difficile…non necessariamente di Bettino Craxi. E qui, infatti, l’arma a doppio taglio impugnata da Amelio. Pur inseguendo la realtà in modo così maniacale (ore di trucco per portare l’attore ad una somiglianza spaventosa, quasi un clone del vero Craxi; la villa in cui Amelio ambienta il film è la vera villa a Hammamet in cui ha vissuto Craxi) il film non dichiara mai apertamente che quello in scena è Craxi. Il suo nome non viene mai rivelato – si parla di “Caso C.” e ci si appella a lui sempre come “Presidente” – e i tanti elementi di contorno sono interamente frutto di fantasia. La vera figlia di Craxi, Stefania Craxi, nel film diventa Anita (per sottolineare ancor di più la suggestione che Bettino nutriva nei confronti di Garibaldi) e mai viene fatto un riferimento preciso alla sfera politica del periodo così come alla sua vita privata.

Quello in scena è Bettino Craxi, questo lo sappiamo bene ed è sotto gli occhi di tutti (basta la sola somiglianza), ma niente e nessuno ce lo rivela apertamente. Forse una mossa furba, sicuramente azzeccata, ma per qualcuno potrebbe essere un elemento di fastidio, di indecisione, di inconcludenza. Se ci si approccia ad Hammamet con la speranza di vedere un vero biopic sul leader del PSI non si può che rimanere brutalmente delusi, perché il film non ricostruisce nulla di veramente biografico così come non racconta la storia dell’ex Presidente del Consiglio. Ergo, se si entra in sala senza conoscere i fatti che hanno accompagnato l’ascesa e la disfatta di Bettino Craxi si uscirà dalla sala con le stesse identiche lacune, perché Amelio non si preoccupa in alcun modo di colmarle.

Un film per chi conosce già i fatti? Si e no. Un film per chi non ha la più pallida idea di chi sia stato Craxi? Si e no. Un film indeciso? No.

Hammamet, come detto, è un faro acceso sugli ultimi giorni di vita di un uomo che nella vita è sempre stato accentratore e che non si sottrae al suo essere nemmeno quando ormai è tutto perduto. Un uomo risoluto, conscio dei suoi meriti e fiero dei suoi sbagli; un uomo che si è posto al vertice di una piramide e da quel vertice non intende andarsene, anche al costo di imporre la sua leadership in un microcosmo sospeso nel tempo e nello spazio in cui gli unici adepti possibili sono i familiari. Il Bettino Craxi di Gianni Amelio, dunque, è una sorta di anomalo Generale Kurtz di Apocalypse Now, un Generale/Criminale rifugiatosi in un modo lontano in cui le sue regole e la sua visione possono continuare ad esistere ignare e indifferenti da quella che è la voce della magistratura e dell’opinione pubblica.

Ma il vero motivo per cui Hammamet merita di essere visto è per l’incredibile lavoro svolto sul trucco: Andrea Leanza, a capo del reparto prosthetic make-up designer, compie un lavoro ineccepibile così da portare davvero Pierfrancesco Favino ad essere Bettino Craxi e non solo ad interpretarlo. Così come, al di là del meraviglioso lavoro di trucco, bisogna riconoscere a Favino la capacità di aver fatto rivivere sul grande schermo, a vent’anni dalla sua morte, il Segretario del PSI grazie ad un lavoro maniacale anche nelle movenze, nella gestualità e nel tono di voce.

Unico grande peccato, vista la magnificenza di Favino in quello che probabilmente è per ora il suo ruolo della vita, è la presenza di un cast di supporto davvero poco felice che, ad eccezione di alcuni nomi impiegati in piccolissimi ruoli come il già citato Cederna ma anche Claudia Gerini, Omero Antonutti e Renato Carpentieri, si arricchisce di volti più o meno giovani dalle discutibili doti attoriali fra i quali è d’obbligo citare il giovane Luca Filippi a cui viene affidato un personaggio rilevante ma la cui interpretazione lascia davvero molto a desiderare.

Malgrado la capacità attoriale di qualcuno e un finale, forse tirato un po’ troppo per le lunghe e abbellito da alcune note onirico/surreali che potevano essere evitate, Hammamet è un film anomalo per il nostro Paese e che merita senza dubbio d’essere visto. Un’opera sicuramente imperfetta, come lo era senz’altro il suo Protagonista, che riesce nel complesso compito di raccontare un politico “difficile” senza prendere posizioni di alcun tipo.

Già questo non è poco.

Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
Un biopic coraggioso che sovverte le regole stesse del biopic per muoversi in una direzione piuttosto originale.

La descrizione di un Bettino Craxi esente da qualunque critica o giudizio.

Pierfrancesco Favino è eccezionale.

Un lavoro di prosthetic make-up senza precedenti per il nostro cinema.

La recitazione di alcuni attori, Luca Filippi su tutti.

L’eccessivo surrealismo dell’epilogo fa perdere di potenza alla narrazione.

Un biopic che sceglie di non raccontare nulla: potrebbe dar fastidio a qualcuno.

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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