La tenerezza, la recensione

C’è un balcone condiviso che unisce due appartamenti, una chiave, un lucchetto, un elegante palazzo nel centro di Napoli. E un sorprendente intreccio di vite e sentimenti.

Lorenzo (Renato Carpentieri) un tempo era un famoso avvocato. Ora è solo, caduto in disgrazia, solo più per scelta che altro, testardo nel negare anche una qualsiasi minima possibilità di affetto ai suoi due figli. Dei quali, uno risponde ignorandolo, l’altra (Giovanna Mezzogiorno) altrettanto testardamente oppone al mutismo del padre un amore tenace ma apparentemente senza sbocchi. Solo il nipotino Francesco, che Lorenzo sottrae sistematicamente alla scuola per somministrargli pillole della sua personalissima educazione, sembra fare breccia nell’inerzia del suo apatico vivere quotidiano. Almeno fino al giorno in cui Michela (Micaela Ramazzotti) e suo marito Fabio (Elio Germano), girovaghi di professione, genitori di due bambini, i nuovi vicini di casa, fanno ingresso nella sua vita. È in particolare Michela, con la sua vitalità prorompente, a scardinare le regole del gioco di Lorenzo fino al giorno in cui qualcosa di inaspettato accade.

La Tenerezza è il (molto) libero adattamento del romanzo di Lorenzo Marone La tentazione di essere felici. Insisto sulla libertà estrema dell’adattamento perché questa viene direttamente confermata dall’autore del film, il maestro Gianni Amelio. Che conferma a sé stesso e al pubblico la qualità di eccellente regista d’attori, oltre che di notevole “assemblatore” di cast, se mi si passa l’orrenda espressione.

La dolcezza ingenua e vitalistica di Micaela Ramazzotti, la sobrietà dei toni di Giovanna Mezzogiorno che nasconde verità profonde e sentite, Elio Germano e la sua fragilità ambigua e nervosa, una fugace ma potente apparizione di Greta Scacchi. Un gioco di voci, esperienze, fragilità e silenzi che si raccoglie attorno a un cuore pulsante che è quello di un sontuoso e magnetico Renato Carpentieri. Nel poster del film il suo Lorenzo è una sagoma piccolina sul fondo dell’immagine. Sullo schermo, un gigante; un’incarnazione di rabbia, delusione, disincanto, rimpianto e appunto, tenerezza, offerta con dedizione assoluta alla causa e intensità d’accenti dall’attore napoletano, che ritrova Gianni Amelio a 27 anni da Porte Aperte. Un ricongiungimento tardivo a giudicare dai risultati, ora speriamo solo di non dover attendere altrettanto per la terza collaborazione.

Fa da sfondo al racconto una Napoli sontuosa nella sua bellezza struggente, malata e malinconica, servita dalla fotografia dell’ottimo Luca Bigazzi. Ci sono i bassi, i grandi attici, il mare, l’incongrua modernità della cittadella giudiziaria. C’è la gente, la solitudine, le impalcature, il sole, la pioggia, il rumore. È un film su, di, e intorno a Napoli, della quale il suo protagonista si fa doppio, immagine allo specchio. Un’intercambiabilità di sfondo e personaggio che rasenta la simbiosi.

Gianni Amelio fa de La Tenerezza un dramma potente e spiazzante, un gioco di equilibrismi fra padri e figli, figli e padri che cercano, qualche volta vanamente, l’esatta misura di sentimenti che oscillano, sbattuti fra un estremo e l’altro, fra un parossismo e l’altro, e non riescono ad intrecciarsi nella maniera giusta. È un film sul tempo e sul rimpianto, sulla possibilità di riannodare i fili del passato e di riappropiarsi di una felicità che si credeva smarrita per sempre. Un film sull’amore, e sulla mancanza d’amore.  Forse proprio la tenerezza, così aliena ad un mondo veloce e imprevedibile, fatta di piccoli gesti, determinata e quasi intangibile, è la giusta chiave.

Questa è l’idea, per quanto La Tenerezza non proponga, Dio ce ne scampi, tesi preconfezionate. Forse qualche preziosismo letterario di troppo nei dialoghi, una certa rigidità nella caratterizzazione dei personaggi che restano a volte a metà strada fra la verità della vita e le logiche della parola scritta. Ma si tratta di appunti in fondo secondari in un quadro che si può definire riuscito.

Francesco Costantini

PRO CONTRO
  • La breve ma molto efficace apparizione di Greta Scacchi.
  • Il modo di rappresentare un certo tipo di vicenda, che monopolizza la cronaca e a cui siamo oggi tutti assuefatti, restituito con dignità e assenza di pulsioni sensazionalistiche e morbose.
  • Il tono è un po’ austero. Il film non è facilissimo, emotivamente. A dispetto del cast, trovare il suo pubblico non sarà cosa semplice per questo film.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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