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Il signore delle formiche: disponibile in blu-ray il film di Gianni Amelio

Lo scorso settembre, in occasione della 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (dove il film era in concorso ufficiale), si è parlato moltissimo de Il signore delle formiche. Ancor prima di affrontare la sala, infatti, l’ultima fatica di Gianni Amelio era finita sulla bocca di tutti per l’improbabile lite avvenuta proprio durante la conferenza stampa veneziana tra un giornalista italiano e lo stesso Amelio. Uno scontro verbale piuttosto acceso che, almeno durante le giornate del festival, ha fatto parlare di sé ancor più dello stesso film. Uscito in sala poco dopo la sua prima veneziana, Il signore delle formiche ha trovato il suo riscatto abbracciando un’accoglienza di pubblico decisamente calorosa. Da qualche giorno, Il signore delle formiche è disponibile in blu-ray grazie ai canali distributivi di Eagle Pictures.

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Venezia79. Il Signore delle formiche, la recensione del film di Gianni Amelio

Il Signore delle formiche verrà etichettato come il film del caso Braibanti ma è di più. È una grandissima storia d’amore tra un uomo e un ragazzo. Una storia autobiografica; molto autobiografica“. Queste sono le precise parole pronunciate, con emozione, dal regista Gianni Amelio durante la conferenza stampa di presentazione del suo ultimo film alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia. Ed è un film di cui, siamo sicuri, si parlerà a lungo per mille motivi.

Siamo a metà degli anni Sessanta. Nella civile Europa esistevano paesi, come l’Inghilterra, in cui l’omosessualità era ancora un reato penale mentre in Italia era considerata “solo” una malattia da curare con metodi brutali come l’elettroshock. La società evitava con cura di pronunciare anche la parola “omosessuale” perchè ritenuta talmente scandalosa da dover essere cancellata completamente dal parlato comune. 

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America Latina e Ai confini del male: il nuovo thriller made in Italy da vedere in blu-ray

Come possiamo constatare ormai quasi quotidianamente, il nuovo cinema italiano sembra essersi svegliato da quel lungo torpore che lo ha visto imprigionato, per più di trent’anni, esclusivamente in futili commedie o drammoni esistenziali dal retrogusto sociale. Il genere sembra tornare con prepotenza nelle mire dei giovani autori che iniziano a dominare le scene e ne sono un esempio al fulmicotone anche questi due titoli di cui vi parliamo: America Latina e Ai confini del male. Da una parte il tanto chiacchierato film dei Fratelli D’Innocenzo, dall’altra la nuova opera di Vincenzo Alfieri. Oltre ad essere accomunati dall’appellativo di “opera terza”, entrambi i film vanno a scavare nelle profondità più distorte e melmose della psiche umana. Due drammi capaci di spingersi così tanto nell’oscurità da divenire riflesso del nuovo cinema thriller Made in Italy. I due film sono da poco disponibili in home video, su supporto fisico blu-ray disc, grazie a Vision Distribution e ai canali distributivi CG Entertainment.

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Favolacce: il secondo film dei fratelli D’Innocenzo in una nuova edizione bluray

Durante la scorsa edizione della Mostra del Cinema di Venezia, oltre al blockbuster firmato da Gabriele Mainetti, oltre al biopic di Mario Martone e oltre alla fatica di natura autobiografica firmata da Paolo Sorrentino, c’era un altro attesissimo titolo tutto italiano che si stava facendo attendere con impazienza: America Latina. Un titolo indubbiamente atteso, un film destinato a confermare o smentire il talento di due giovanissimi autori nostrani – i fratelli gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo – emersi dal buio nel 2018 con il crime movie La terra dell’abbastanza e subito abili ad imporsi sul mercato grazie ad un cinema capace di raccontare la realtà da una prospettiva decisamente nuova. Ora che il loro terzo film, America Latina, è finalmente in sala, noi abbiamo deciso di parlarvi del bluray disc della loro opera precedente, il tanto discusso Favolacce, rieditato di recente in alta definizione da CG Entertainment.

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America Latina, la recensione

I fratelli trentenni Fabio e Damiano D’Innocenzo continuano a decostruire le periferie laziali alla ricerca del torbido che si annida nelle famiglie italiane, nel marcio che cresce nell’animo umano senza distinzione di classe, età, sesso e credo politico. Dopo il fulminante esordio noir de La terra dell’abbastanza (2018), ambientato nel quartiere periferico di Roma East Ponte di Nona, il pluripremiato Favolacce (2020), che faceva sua la periferia romana dei quartieri residenziali, si passa all’Agro Pontino di America Latina, opera numero tre che si avvicina sicuramente più alle atmosfere del loro precedente film per svilupparsi, però, in territori diametralmente opposti.

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Favolacce, la recensione

Una voce narrante, che ha il timbro grave e inconfondibilmente romano di Max Tortora, ci informa a inizio film che “Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata”. Un ghirigori di parole che esplicano con un fare apparentemente enigmatico la matrice narrativa realistica ma non reale dell’opera seconda dei fratelli D’Innocenzo, Favolacce. Un film che potremmo facilmente identificare come “favola nera”, visto che il titolo stesso vorrebbe suggerirlo, ma con un ancoraggio nella realtà quotidiana molto forte, da cui ne carpisce le sfumature più inquietanti, subdole e cattive.

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Volevo nascondermi, la recensione

Sarò il più onesto possibile nell’introduzione di questa recensione confessando che il primo pensiero dopo che mi è stata assegnata è stato: “che palle”.

Storie biografiche di pittori/artisti/musicisti dannati non rientrano esattamente nei generi che più prediligo e troppo spesso tendono a creare una fastidiosa patina di mitologia intorno alla figura narrata.

Non è questo invece il trattamento che Giorgio Diritti riserva al suo Antonio Ligabue mettendo in scena in Volevo nascondermi la cruda e sofferta vita del pittore senza fronzoli e medaglie ritraendo la travagliata esistenza di un’artista scomodo e fastidiosamente repellente nell’aspetto e nelle maniere.

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RomaFF14. L’uomo senza gravità

In sala solo per tre giorni, 21, 22 e 23 ottobre e su Netflix dal 1° novembre, c’è L’uomo senza gravità di Marco Bonfanti con protagonisti Elio Germano, Michela Cescon, Elena Cotta e Silvia D’amico.

Presentato in preapertura alla 14^ edizione della Festa del Cinema di Roma, L’uomo senza gravità è una bella favola, metaforica ed efficace.

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Troppa grazia, la recensione

Lucia è una ragazza più o meno come tante, con una storia più o meno come tante, una vita di disagi simile a tante altre vite, ma con una peculiarità: Lucia vede la Madonna. Non solo la vede: ci parla, ci litiga e se le danno di santa ragione!

Lucia (Alba Rohrwacher) è una geometra pignola, specializzata in rilevamenti catastali. Mentre nel suo lavoro, precario, tenta di essere il più precisa possibile, la vita le sfugge completamente di mano. Si ritrova a vivere con una figlia avuta a 18 anni da un amore passeggero e ha appena chiuso una relazione con Arturo (Elio Germano). Nel caos, approfittando della vulnerabilità della nostra geometra, il sindaco del paese, Paolo (Giuseppe Battiston), le affida il compito di effettuare un rilevamento su un terreno dove un imprenditore vuole costruire un impero di cemento, una sorta di polo culturale/centro commerciale.

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Io sono Tempesta, la recensione

Numa Tempesta (Marco Giallini) è un carismatico e cinico finanziere che, condannato per evasione fiscale, si ritrova a scontare la sua pena: un anno di servizi sociali in un centro di accoglienza. Lì conoscerà non soltanto il giovane Bruno (Elio Germano) e suo figlio, ma anche un variegato gruppo di senzatetto pronto a sorprenderlo e non in positivo…

Io sono Tempesta, ultima fatica di Daniele Luchetti, è la storia della caduta di uno scellerato riccone senza scrupoli, uno speculatore perennemente attorniato da escort e loschi burocrati. Una personalità non così distante da quelle di cui troppo spesso ascoltiamo le beghe nei notiziari, non credete?

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