Jungle Cruise, la recensione

I film possono essere ispirati a storie vere, videogiochi, spessissimo romanzi/racconti e fumetti, giochi da tavola, perfino celebri dipinti… poi qualche volta capita che un film sia ispirato a una giostra. Cioè, proprio un’attrazione specifica di uno specifico luna park! Su quest’ultima particolare categoria si sono specializzati i Walt Disney Studios che potendo usufruire della più grande e famosa catena di parchi tematici al mondo, Disneyland appunto, di tanto in tanto si gettando in progetti cinematografici alquanto singolari. A volte il successo è stato incredibile, come per La maledizione della Prima Luna – Pirati dei Caraibi (2003) che ha dato origine a una vera e propria saga milionaria, più spesso questa foga si è trasformata in flop commerciali, come accaduto con La casa dei fantasmi (2003) interpretato da Eddie Murphy, Tomorrowland – Il mondo di domani (2015) con George Clooney o il misconosciuto Fantasmi da prima pagina – Tower of Terror (1997) con una giovane Kristen Dunst. Ora la Disney ci riprova con Jungle Cruise, più ambiziosa che mai e determinata a replicare il successo di Piarti dei Caraibi, un blockbuster fanta-avventuroso che si ispira all’omonima attrazione presente nei parchi di Orlando, Tokyo e Hong Kong.

Siamo agli inizi del XX secolo a Londra e la dottoressa Lily Houghton riesce ad entrare in possesso, in una casa d’aste, della chiave utile a individuare la locazione precisa di un leggendario albero che, si dice, possa produrre petali che hanno facoltà miracolose. In compagnia del fratello McGregor e inseguita dal Principe Joachim, determinato aristocratico tedesco che vuole trovare l’albero, la donna si mette in viaggio verso la giungla amazzonica. Giunti sul posto, Lily e McGregor assoldano il capitano Frank Wolff per risalire il fiume con il suo battello fino al luogo segreto, ma dovranno vedersela, oltre che con il Principe Joachim e l’ambiente inospitale, anche con un’antica maledizione che aleggia su quei luoghi.

Prendete La Mummia, quello del 1999 di Stephen Sommers, mescolatelo a Pirati dei Caraibi, aggiungete un pochino di Tomb Raider a caso, un pizzico di immancabile Indiana Jones (che poi è il soffritto alla base di ogni ricetta di questo tipo) e avrete pronto e servito Jungle Cruise.

La pietanza preparata con la consueta professionalità da Jaume Collet-Serra, passato alla Disney dopo gli ottimi horror La maschera di cera, Orphan e Paradise Beach e il fruttuoso sodalizio con Liam Neeson (Unknow – Senza identità, Non-Stop, Run All Night, L’uomo sul treno), ha quel sapore ben bilanciato tra tradizione e innovazione. Da una parte si strizza l’occhio alla Hollywood classica, quella del cinema avventuroso con Errol Flynn e dei film fantastici effettati da Harryhausen, dall’altra c’è il sontuoso contributo delle più moderne tecnologie digitali e le coreografie action mirabolanti. Jungle Cruise trova quel compromesso tra intrattenimento moderno per famiglie e spirito classico, quel compromesso che era venuto a mancare nei sequel di Pirati dei Caraibi, ad esempio.

La sceneggiatura di Glenn Ficarra e John Requa si adagia sui canoni del cinema avventuroso lavorando molto sui personaggi positivi e sulle dinamiche tra di loro ponendo al centro della storia una ragazza intraprendente e determinata, assolutamente fuori dagli standard dell’epoca, che porta i pantaloni (creando scandalo o sorpresa) e ha la mente aperta alle commistioni tra scienza e magia. Il suo inter si incontra/scontra con quello dell’eroe, che ha l’indole guascona e truffaldina ma il cuore grande e un passato che lo tormenta. C’è spazio anche per il fratello imbranato di lei, lamentoso, con la puzza sotto al naso, ma capace di tirare fuori gli attributi quando la situazione lo richiede.

Le dinamiche tra personaggi e la scrittura degli stessi, come si diceva, ricordano davvero tanto i protagonisti di La Mummia che, a loro volta, rielaboravano in chiave moderna alcuni archetipi del genere avventuroso, ma gli interpreti di Jungle Cruise riescono comunque a donare quella personalità necessaria a fare la differenza. Dwayne Johnson in particolare è perfetto nel ruolo del rude capitano del battello, forte e scontroso ma anche simpatico al momento giusto e protettivo, così come funziona Emily Blunt nel ruolo della donna di scienza pronta a cacciarsi nei guai. Anche Jack Whitehall di Bad Education e Good Omens si lega discretamente al ruolo del fratello imbranato, anche se il suo personaggio, inserito chiaramente per far da spalla comica, è fin troppo presente da non giustificare la sua accessorietà narrativa. Jesse Plemons gigioneggia nel ruolo del villain, aristocratico tedesco spietatissimo, così come sembra divertirsi molto tra eccessi caricaturali Paul Giamatti nel piccolo ruolo dello strozzino che tiene in pugno Frank per dei debiti accumulati negli anni.

Insomma, Jungle Cruise è il classico lavoro su commissione ben eseguito, la componente soprannaturale si integra molto bene, meglio di operazioni analoghe, ma c’è un eccesivo utilizzo di CGI, come spesso accade nei prodotti Disney live action, che tende a far sembrare tutto finto, anche le cose reali e questo un po’ penalizza il film di Collet-Serra che, a parte questo, ha altrimenti un impianto visivo molto ricercato, ricchissimo di elementi scenografici e con una fotografia dal sapore vintage.

Jungle Cruise arriva al cinema dal 28 luglio 2021 e dal 30 sarà disponibile anche su Disney+ con il classico sovrapprezzo dell’accesso VIP.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Una buona sintesi tra classico e moderno.
  • Il cast funziona, in particolare Dwayne Johnson.
  • Personaggi e situazioni sono riprese, spesso con troppa somiglianza, da altri film dello stesso genere.
  • Troppa CGI, anche quando non serve.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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