La Befana vien di notte, la recensione

Sul finire degli anni ’80 è nato il progetto “Ciak Junior”, iniziativa promossa dal Gruppo Alcuni che si propone di insegnare ai giovani studenti tutte le fasi della produzione audiovisiva, dalla scrittura alla produzione vera e propria di cortometraggi, realizzati da ragazzini per ragazzini. Chi, come me, ha superato da almeno un lustro i 30 anni, ricorderà che questi corti venivano proposti su Canale 5 la domenica mattina (è probabile che ci siano ancora nel palinsesto Mediaset visto che l’iniziativa è ancora viva, non ho indagato) e si trattava di prodotti modesti ma apprezzabili soprattutto per il nobile scopo che si prefiggevano. Ora nei cinema arriva un film per ragazzi, interamente italiano, che si intitola La Befana vien di notte: non c’entra nulla con Ciak Junior e il Gruppo Alcuni, sia ben chiaro, ma a guardarlo torna immediatamente alla mente quel tipo di prodotti pedagogici e poco più che amatoriali che Canale 5 mandava in onda per scopi puramente promozionali.  

Salutato dai cinefili cresciuti con il buon cinema italiano di genere come il ritorno a un prodotto cinematografico per il grande Michele Soavi, da troppo tempo impantanato in poco utili fiction, La Befana vien di notte è uno di quei progetti che dalle premesse fa sfregare le mani dall’entusiasmo. Oltre alla già citata regia, abbiamo coinvolti nomi di tutto rispetto: l’ottimo sceneggiatore Nicola Guaglianone, che in questi ultimi anni ha firmato autentici gioielli di script come Lo chiamavano Jeeg Robot, Indivisibili e Il viaggio di Adele, due interpreti di grande talento come Paola Cortellesi e Stefano Fresi e, non da meno, l’esplorazione di un genere – il fantasy per ragazzi – poco frequentato dal cinema italiano, soprattutto non con le ingenti somme che caratterizzano questa produzione.

Però dietro l’angolo è in agguato un gigantesco MA.

Nonostante le appetitose premesse, La Befana vien di notte si rivela un’enorme delusione sotto praticamente ogni punto di vista, avvicinando questo costoso fantasy proprio a quei prodottini-ini-ini realizzati ingenuamente da ragazzi per la fruizione esclusiva di un pubblico under 10.

Durante il giorno, Paola è una maestra molto amata dai suoi alunni, ma di notte, da ormai cinquecento anni, si trasforma nella Befana e si prepara tutto l’anno per la notte del 6 gennaio, quando deve fare il giro delle case per portare doni ai bambini buoni e carbone a quelli stronzi. Ma la già complessa esistenza di Paola/Befana, che con difficoltà deve tener celata la sua vera identità, è messa ulteriormente a dura prova dal suo giurato nemico, Mr. Johnny, un giocattolaio che per vendetta vuole toglierla di mezzo e sostituirsi a lei. Quando Mr. Johnny riesce a individuare la Befana e la fa rapire, un gruppetto di suoi alunni che assistono al crimine si prefigge l’obiettivo di andare a salvarla.

Se su due piedi la cosa che più si fa apprezzare di questo film è proprio la regia di Soavi, perché attenta a un’estetica molto coerente con gli obiettivi del film e perfino coraggiosa in inquadrature ricercate ed eccessi dark, con il passare dei minuti ci si rende conto che di magnifici film come Deliria, La Setta e Arrivederci amore ciao o capolavori come Dellamorte Dellamore in La Befana vien di notte non c’è davvero nulla. Ovviamente parliamo di prodotti infinitamente differenti, realizzati in epoche diverse e per pubblici che non collimano, ma si nota proprio un distacco da shooter in La Befana vien di notte, soprattutto quando c’è da far sul serio, c’è da portare in scena l’azione. Ed è facile da comprendere, vista la sciatteria generale di una storia pensata male raccontata peggio in cui lo sguardo di chi la racconta è quanto di più distante da quello di chi dovrebbe poi andare al cinema a guardarla.

Innanzitutto, è sbagliato pensare al genere fantasy con unico target di riferimento i bambini, escludendo di netto tutta l’importantissima fascia adolescenziale e post-adolescenziale, per non parlare dei genitori che poi quei bambini dovrebbero accompagnarli al cinema e, non da ultimi, gli adulti attirati da questo genere a prescindere. Invece La Befana vien di notte è proprio un film che parla ai bambini, ma lo fa in modo sbagliato, tralasciando completamente i tempi attuali. Nel linguaggio, nelle trovate narrative, nell’iconografia, il film di Soavi sembra rivolgersi ai bambini dei primi anni ’90 che sono molto differenti dei bambini di oggi, con il risultato che questo film rischia non solo di non piacere a nessuno, ma di non trovare proprio un target a cui rivolgersi.

C’è molta ingenuità nella scrittura, con dialoghi fuori da ogni realtà, dove i bambini si esprimono come lo farebbero in un romanzo di Edmondo De Amicis, si guarda alla società multietnica inserendo tra i giovani protagonisti un asiatico e una bambina di colore e si denuncia il bullismo mostrando un bulletto che chiama il protagonista “cacca secca”… come se i bambini di oggi, con smartphone a palla che urla una melodia trap, davvero minacciassero i più deboli chiamandoli “cacca secca”. Sob!

Il costante tono da commedia che ben si confà ai due attori scelti per i ruoli (adulti) principali si amalgama malissimo con l’avventura stile Goonies a cui il film aspira, dando l’impressione di guardare due film fusi un uno che non dialogano tra loro. Per questo motivo, anche gli attori ne escono sconfitti con una Paola Cortellesi, potenzialmente perfetta, costantemente sottotono e uno Stefano Fresi talmente in over-acting da risultare fastidioso.

Poco importa se qua e là ci siano buoni effetti visivi (a parte lo scontro finale, su un orrido green screen) perché La Befana vien di notte è un prodotto fuori tempo massimo e fuori da qualsiasi logica produttiva, un noioso film per bambini degli anni ’90 che proposto oggi, mentre nelle sale ci sono opere di grande impatto come Spider-Man: Un nuovo universo e Bumblebee, davvero non ha senso di esistere.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • In alcuni frangenti la mano di Michele Soavi è ispirata.
  • È un film vecchio nelle idee e nella narrazione.
  • Gli attori non funzionano e, in alcuni casi, palesemente non ci credono.
  • L’ultimo atto del film è davvero brutto.
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