La mia banda suona il pop, la recensione
Tony, Lucky, Micky e Jerry sono i Popcorn… o meglio erano i Popcorn, una band in voga nei primi anni ’80 capace di scalare ogni classifica con la hit Semplicemente complicata, singolo estratto dall’album di grande successo Frantumami di baci. Oggi il quartetto non esiste più, i Popcorn si sono sciolti da oltre 30 anni e ogni singolo membro della band conduce una vita ordinaria, come l’ex ribelle Lucky che è un visibilmente invecchiato ferramenta con moglie “mignotta” che lo cornifica, o da fallito, come il bassista Jerry che si guadagna da vivere facendo l’artista di strada. Poi c’è chi il successo ancora lo brama, come il frontman Tony che si alterna tra squallidi reality show ed esibizioni durante battesimi e matrimoni, e la ex reginetta del gruppo Micky, alcolizzata persa, che conduce un programma di cucina su una tv locale. Ma per i quattro si presenta l’occasione di tornare sul palco a suonare ancora una volta: un concerto, unica data a San Pietroburgo, voluta da un milionario con la fissa per gli anni ’80. A tentare la “missione impossibile” della reunion ci prova Franco, storico manager dei Popcorn… ma il concerto è solo una copertura per un furto milionario!
Il revival anni ’80 non è essenzialmente una peculiarità made in USA ma contagia anche la commedia popolare italiana col tentativo di fare il colpaccio puntando a ciò che più di ogni altra cosa rende riconoscibile un’epoca: la musica. Dalle menti di Fausto Brizzi (regista e sceneggiatore) e di Marco Martani, Edoardo Falcone e Alessandro Bardani (sceneggiatori) nasce così l’idea di rievocare il decennio più trend del momento portando in scena una band musicale inventata ma altamente credibile, i Popcorn. Ma il team di autori non si accontenta e pur tenendo la commedia come gran tavolata dell’opera, condisce il tutto con sprazzi di thriller con una consistente sottotrama heist-movie che sconfina nell’action. Un progetto promettente e ambizioso sulla carta che dà vita a un film discontinuo e frettoloso, che diverte in molte occasioni ma lascia anche un profondo sentore di occasione mancata.
La forza di La mia banda suona il pop è senza dubbio il cast, assemblato con intelligenza pescando tra le glorie della commedia italiana, a volte con scelte ovvie e vincenti, come Christian De Sica e Diego Abatantuono, ma anche meno scontate come Paolo Rossi o la rediviva Natasha Stefanenko. Nel suo complesso il cast funziona (ai già citati si aggiungono Massimo Ghini e Angela Finocchiaro), risulta affiatato nel dar vita a un gruppetto di mentecatti che si odiano ma devono trovare la forza di collaborare per un obiettivo comune. Dinamiche risapute, a tratti anche logore, ma il tratteggio dei personaggi è frizzante e gli interpreti ci mettono la consueta professionalità che ci aspetteremmo da loro. Ovviamente nell’ottica dell’effetto comico è Christian De Sica a innescare con più frequenza la risata, grazie a un ritrovato spirito volgare che si sposa a meraviglia con il suo personaggio, una star della musica decaduta schiava di un eccessivo egocentrismo, cinico, codardo ed egoista. Insomma, un personaggio perfetto per il Christian De Sica dei bei vecchi tempi.
Però La mia banda suona il pop, a conti fatti, è un filmetto.
La sceneggiatura, scritta a otto mani, parte da un’ottima premessa per impantanarsi poi in una improbabile trama crime che si banalizza progressivamente a causa di una regia particolarmente goffa e un montaggio che fatica a dare un senso d’insieme a quello che stiamo guardando. Si vede che a Brizzi questa dimensione della commedia un po’ becera sta stretta, è evidente che vorrebbe fare altro e lo urla contaminando il film con elementi appartenenti ad altri generi, rincorrendo il modello narrativo americano, riempiendo il film di riferimenti alla cultura pop con cui lui stesso è cresciuto e che gli è tanto cara. Ma il film non ci riesce, lancia la lenza ma non riesce mai a tirar su il pesce pescato e così rimedia alla figuraccia con una parolaccia liberatoria piazzata al momento giusto per innescare la risata.
Per questo dicevo che La mia banda suona il pop è un filmetto: ambisce al grande pubblico ma risulta la classica commediola provinciale da prime time televisivo, penalizzata da una conclusione troppo frettolosa che sembra quasi improvvisata.
Una lancia va spezzata in favore delle musiche originali e del tentativo di creare dal nulla una pop-band, assolutamente credibile per look e per assortimento dei membri, con quel tu-turu-turu che vi echeggerà nella testa per giorni.
Roberto Giacomelli
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